Schede di Patrizia Allegra da:
M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Murex Editore, Marsala 1993.
P. Allegra, scheda n. 1, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 95. 1. CROCE ASTILE |
Argento sbalzato e cesellato cm 60×45 Iscrizioni: ANNO DOMINI INCARNACIONI MCCCLXXXVI DE MESIS SECTEMBRIS DECIMA INDICIONI FACTA IN SALEMI PER MANUM MEI MAGISTRO IOHANNES DE CIONIS AURIFEX POLLINO CASTRO CALLERI Johannes de Cioni, 1386 Provenienza: Salemi, Chiesa Madre.
L’opera è realizzata in lamina d’argento finemente sbalzata e cesellata su anima lignea. La croce astile, che giunge priva del recto, dove doveva essere la figura del Crocifisso, presenta nel verso in un riquadro centrale San Nicolò di Bari incoronato da angeli e nei capicroce gli evangelisti in figura intera (manca quello del capocroce destro) accompagnati dai loro simboli, raffigurati nell’atto di scrivere i loro vangeli e recanti cartigli con i loro nomi: S. IO…, S. Marco, S. Luca. Sono andati totalmente perduti gli smalti che la ornavano. L’opera è ricordata dal Di Marzo (I Gagini…, 1883, p. 605 della rist. del 1880) che a proposito dell’argentiere nota che “sebbene colà venga denominato siccome orefice in Cagliari, non è imputabile che sia stato in vece toscano di origine, siccome non meno sembra risulti dal cognome che dal bellissimo stile dei suoi lavori”. Della stessa opinione è Maria Accascina (L’oreficeria…, 1974, pp. 127-128) che nota “qualità disegnativa e ritmi lineari di schietta derivazione toscana, tanto da far pensare se questo bravo orefice Giovanni dei Cioni non sia stato per qualche vincolo congiunto a quell’Andrea dei Cioni, figlio di orafi e orafo egli stesso, di notevole importanza nel gruppo toscano”. L’opera dovette fungere da prototipo a quella attribuita a Giovanni di Spagna (V. Abbate, scheda n. 2, in Le arti…, 1981, pp. 47-48-49) dello stesso Museo Diocesano di Mazara (cfr. scheda n. 2).
Bibliografia: G. Di Marzo, 1880-83, p. 605 della rist. del 1880. M. Accascina, 1974, pp. 127-128. G. Bresc Bautier, 1979, p. 113. V. Abbate, 1981, n. 2, pp. 47-48-49. |
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P. Allegra, scheda n. 2, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 95.
2. CROCE ASTILE |
Argento e argento dorato sbalzato, cesellato e con parti fuse cm 64×49 Giovanni di Spagna (attr.) Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
La croce è ricordata nell’inventario della visita del vescovo Castelli del 1696-97 (Biblioteca Comunale di Mazara del Vallo, Archivio storico amm., fondo Maccagnone inv. n. 42203); è pure menzionata in quello del De Ciocchis (Sacrae Regiae…, 1741, p. 403): “Una croce grande d’argento lavorato con lavori di argento indorato con il Cristo di argento e le armi di Monsignor Rosa coll’anima di legno”. Anche il canonico G.B. Quinci (La Cattedrale…, 1916, p. 16) ricorda che il vescovo donò “alla Cattedrale una gran croce d’argento”, e nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi) risulta “posta sopra un candeliere grande d’argento” (cfr. scheda n. 29). Ѐ certamente una delle opere più significative del tesoro e in generale “dell’oreficeria siciliana del 1400” come nota Vincenzo Abbate (scheda n. 2 in Le arti…, 1981, pp. 47-49). La croce è realizzata su una struttura in legno rivestita da lamine d’argento lavorate a sbalzo e cesello. L’opera è ornata da foglie di cardo stilizzate che si estendono anche sotto il corpo del Cristo con un effetto di chiaroscuro prezioso ed elegante. In tal modo “viene portato al grado estremo della raffinatezza formale il rigido modulo compositivo delle croci astili medievali a medaglioni mediani e terminali il cui esempio immediatamente precedente è costituito dalla croce trecentesca della Chiesa Madre di Salemi, opera di Giovanni Cione (1386), alla quale sicuramente dovette guardare al momento dell’ordinazione il committente” (V. Abbate, ibidem). Questi è stato identificato in Giovanni IV La Rosa (1415-1448) “da Caltagirone, Ministro Provinciale dei Frati Minori in Sicilia, maestro in Sacra Teologia” (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 67) e discendente da nobilissima famiglia trasferitasi da Caltagirone a Marsala, eletto da Ferdinando Re di Castiglia e consacrato da Gregorio XII (R. Pirri, Sicilia…, ed. 1733, con aggiunte di A. Mongitore, p. 868). La croce presenta nel recto al centro il Cristo Crocifisso e alle estremità dei bracci in alto il pellicano, in basso il teschio, la Vergine a sinistra e San Giovanni a destra. Sulla parte terminale del lobo in basso è lo stemma del Vescovo La Rosa, costituito da una stella ed una rosa divise da una banda. Nel verso sono al centro il Cristo benedicente in maestà e nei capicroce i simboli degli evangelisti. La croce nel XVII secolo fu poggiata su un candeliere in argento, marchiato in diverse parti con lo stemma Trapani DVI, GPC 95 FI (vedi scheda n. 29). L’Accascina ritiene la croce del tipo delle cruces fiordalisades che ebbero lunghissima vita in Spagna e l’attribuisce a Giovanni di Spagna arginterius civis Panormi (M. Accascina, L’oreficeria…, 1974, pp. 142-143 e 458), già ricordato dal Di Marzo (La Pittura…, 1899, p. 314), e documentato tra il 1433 e il 1465. Si tratta di uno degli argentieri spagnoli attivi in Sicilia come Pietro di Spagna di cui rimangono nell’Abbazia di San Martino delle Scale una croce reliquiaria, pure di tipologia spagnola e il reliquiario architettonico della Sacra Spina (M.C. Di Natale, schede II, 5 e II, 6 in Ori…, 1989, p. 181).
Bibliografia: J.A. De Ciocchis, 1741, p. 403. G.B. Quinci, 1916, p. 16. M. Accascina, 1931, pp. 1074-1081. M. Accascina, 1934, p. 30. R. Delogu, 1937, tav. IX. A. Marshall Johnson, 1944, p. 19. M. Accascina, 1970, pp. 52-59. M. Accascina, 1974, pp. 142-143 e 458. V. Scuderi, 1978, pp. 113-114. V. Abbate, 1981, n. 2, pp, 47-48-49. M.C. Di Natale, 1989, pp. 134-136. M.C. Di Natale, 1992. |
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P. Allegra, scheda n. 4, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 96. 4. CROCE ASTILE |
Argento sbalzato, cesellato e con parti fuse cm 28×23,5 Argentiere siciliano della fine del XV secolo Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
La croce si presenta lavorata nel recto e nel verso. Ѐ tutta ornata da una ricca decorazione fitomorfa in entrambi i lati. Sotto la figura del Cristo Crocifisso è il simbolico teschio di Adamo, sopra la scritta INRI. Alle estremità sono quattro formelle polilobate raffiguranti nel recto il pellicano in alto, la Vergine e San Giovanni ai lati, manca la figura della formella in basso ove possibilmente doveva trovare posto la Maddalena. Nel verso gli ornati vegetali incisi si fanno più fitti evidenziando il motivo decorativo delle foglie e del fiore di cardo tanto diffuso nel XV secolo. Sono presenti cinque formelle: quella centrale rappresenta l’Agnus Dei, quelle delle estremità le quattro figure degli evangelisti con accanto i rispettivi simboli. La figura simbolica dell’Agnus Dei era da tempo diffusa nel verso delle croci astili d’argento come quella dell’inizio del XIV secolo della Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis di Palermo (cfr. M.C. Di Natale, 1992). Varianti iconografiche del verso delle croci astili sono le figure della Vergine con il Bambino, come nella croce di Pietro di Spagna dell’abbazia di San Martino delle Scale (cfr. M.C. Di Natale, scheda n. II, 5, in Ori…, 1989, p. 181), il Cristo con maestà, come nella croce attribuita a Giovanni di Spagna dello stesso Museo (cfr. scheda n. 2) e poi infine il Cristo Risorto, che subentrerà alle precedenti, come nella croce del Tesoro della Cattedrale di Piazza Armerina (cfr. M.C. Di Natale, scheda n. II, 4, in Ori…, 1983, p. 280). Lo stato di conservazione dell’opera è discreto, anche se mancano una formella e alcuni dei pomelli lungo il bordo. Questi ultimi elementi decorativi sono tipici delle croci astili dell’Italia centrale. La croce, opera di un argentiere siciliano della fine del XV secolo, si presenta come una rielaborazione ormai tardo-quattrocentesca dei modelli spagnoleggianti in auge nel pieno del secolo. Si notino ad esempio le figure di angeli ignudi e terminanti in elementi fitomorfi che saranno molto diffusi nel periodo manierista e le testine di cherubini alate, che diverranno una delle caratteristiche del periodo barocco.
Bibliografia: M.C. Di Natale, 1992. |
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P. Allegra, scheda n. 5, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 97. 5. RELIQUIARIO DI S. ZENONE E S. TOMMASO CANTAURIENSE |
Argento sbalzato e cesellato cm 53×18 Marchio di Messina (croce entro scudo coronato e a sinistra M e a destra S) Iscrizioni: S. ZENONIS ET SOCIORUM, sul medaglione della teca; IACOPO LOMELLINO EPC., sul medaglione del nodo. Argentiere messinese degli anni 1562-71 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
II reliquiario è ricordato nell’inventario della visita del vescovo Castelli del 1696-97 (Biblioteca Comunale di Mazara del Vallo, Archivio storico amm., fondo Maccagnone inv. n. 42203) e nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi) dove è descritto come: “un vaso d’argento fatto a modo di calice con piede gisillato e coperchio in parte dorato coll’arma interna di rame, nel quale vi è la reliquia di S. Zenone e S. Tommaso di Cantoaria”. La teca di forma cilindrica è ornata con elementi fitomorfi e termina con una figuretta a tutto tondo che rappresenta il Salvator Mundi. La base rotonda ripete i motivi decorativi della teca, mentre il fusto è costituito da un nodo ovoidale ornato da baccelli. Il reliquiario è un dono del vescovo Giacomo Lomellino del Campo, come risulta dall’iscrizione citata. L’opera è quindi ascrivibile al decennio del suo vescovado, 1562-1571 (A. Rizzo Marino, La Cattedrale..,1980,pp. 22 e 71). Il marchio di Messina del reliquiario può essere messo in relazione con la “naturalizzazione” messinese del vescovo ( A. Rizzo Marino, ibidem). Ѐ inoltre da segnalare che a Messina “fino a tutto il secolo XVI la marchiatura consiste in un solo marchio con lo stemma” della città (M. Accascina, I marchi…, 1976, p. 95).
Bibliografia: M. Accascina, 1976, p. 95. A. Rizzo Marino, 1980, pp. 22 e 71. |
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P. Allegra, scheda n. 6, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 97. 6. RELIQUIARIO A BUSTO DI SANT’ALBERTO |
Argento sbalzato e cesellato cm 15×15 Iscrizione nella base (davanti): + SANCTI ALBERTI CARMELITAE +, (retro): PM B R 1577 Argentiere siciliano del 1577 Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di Santa Veneranda
II reliquiario a busto rappresenta Sant’Alberto con lo sguardo rivolto verso l’alto. Tra il collo e il petto è posta la teca contenente le reliquie. L’incisione sul retro permette di datare con certezza l’opera al 1577. Da una segnalazione gentilmente fornita da Mons. Bellissima si apprende che il reliquiario è dono del Padre Maestro Bartolomeo Ragusa nel 1577 alla chiesa di Santa Veneranda. Le lettere PM B R potrebbero indicare le iniziali del suddetto padre. Non si è in grado di stabilire se l’argentiere che la realizzò fosse trapanese o palermitano. Nel 1577 infatti non era ancora in vigore a Trapani la legge sulla “bollatura delle opere, che ebbe inizio dopo l’approvazione dello statuto in data 11 aprile 1612” (M. Accascina, I marchi…, 1976, p. 188) della costituitasi corporazione degli argentieri (M. Serraino, Storia…, 1976, p. 114) e “tanto l’argento quanto l’oro dovevano essere bullati dal console con lo stemma di Trapani” (M. Accascina, I marchi…, 1976, p. 188). Si ricorda che nel 1577, vescovo di Mazara del Vallo era Antonio Lombardo (1573-1579), marsalese (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 71) e che il culto di Sant’Alberto era particolarmente sentito a Trapani, città di cui il Santo è patrono, e in genere nella provincia. Ѐ dunque probabile che l’opera sia dovuta ad un argentiere trapanese, in quanto il marchio della maestranza degli orafi e degli argentieri di Palermo in quel periodo era già in uso, anche se non costantemente. Stilisticamente l’opera si colloca in ambito tardo-rinascimentale.
INEDITA |
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P. Allegra, scheda n. 10, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 98. 10. ALZATA |
Argento sbalzato cesellato e inciso Ø cm 24 Marchio di Palermo (aquila a volo basso e lettere RUP) e PV AS Argentieri palermitani dell’inizio del XVII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
II piatto ha forma circolare ed in centro reca inciso uno stemma vuoto ma circondato da fregi fitomorfi ed angeli a mezzo busto che terminano con elementi vegetali di gusto tardo-manierista. Poggia su una base anch’essa circolare. Sul bordo del piatto è il marchio di Palermo con aquila a volo basso ed ai lati le lettere PV e AS, che indicherebbero le iniziali degli argentieri che crearono l’opera, purtroppo non identificabili. Si tratta di una pregevole alzata ancora legata al decoro manierista di argentieri palermitani dell’inizio del XVII secolo.
INEDITA |
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P. Allegra, scheda n. 11, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 99. 11. ALZATA |
Argento sbalzato cesellato e inciso Ø cm 25 Marchio di Palermo (aquila a volo basso e lettere RUP) e PS PPF Argentieri palermitani dell’inizio del XVII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera ha una base cilindrica e reca elementi decorativi caratterizzati da fregi fitomorfi incisi sul piatto. Sul bordo del piatto si trova il marchio di Palermo con aquila a volo basso e lettere PS e PPF indicanti gli argentieri, ma purtroppo non identificabili. L’alzata presenta ancora elementi di gusto manierista nella raffinata eleganza delle linee serpentine del decoro.
INEDITA |
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P. Allegra, scheda n. 13, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 99. 13. COPPIA DI PIATTI |
Argento inciso Ø cm 42 Marchio di Palermo (aquila a volo basso e lettere RUP) e FRC IL Stemma recante la seguente iscrizione: CONGREGATIO SACERDOTV CATHEDRALIS MAZARIENSIS / ECCLESIAE 1624 console Francesco Rivelo Argentiere palermitano del 1624 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
I piatti, con decorazioni di gusto manierista, hanno forma rotonda e al centro recano un cerchio rilevato contenente uno stemma inciso con l’iscrizione su citata. Sono decorati finemente con incisioni, ai lati dello stemma, da due figure femminili terminanti in tralci fitomorfi e, al di sopra, una conchiglia tra volute di gusto manierista. Dall’iscrizione dello stemma si apprende che essi furono donati dalla Congregazione dei sacerdoti della Cattedrale nel 1624. Sul bordo si trova il marchio di Palermo con aquila a volo basso e le lettere FRC IL. Si può riferire la sigla FRC al palermitano Francesco Rivelo che marchiò in qualità di argentiere la cassa reliquiaria d’argento, dedicata a Sant’Onofrio, del Santuario di San Paolino a Sutera (M. Accascina, I marchi…, 1976, p. 48) e la pisside dello stesso Museo Diocesano di Mazara (cfr. scheda n. 14). La stessa sigla FR, seguita dalla lettera C indicante il console, si trova in un “piatto d’argento dorato con decorazioni a sbalzo su motivo di anatroccoli in fuga” (ibidem e M.C. Di Natale, scheda n. II, 42, in Ori…, 1989, p. 216), che è marchiato Palermo ed è esposto al Museo Regionale Pepoli di Trapani, ma non datato. Francesco Rivelo siglava in qualità di console, dunque, nel 1624. Ѐ da segnalare inoltre che nel 1624 vescovo di Mazara del Vallo era Marco La Cava, palermitano (1605-1626) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 39). Le lettere IL sono forse riferibili all’argentiere Iacopo Lumbardo documentato dal 1618 al 1631 (L. e N. Bertolino, Indice… in Ori…, 1989, pp. 402-404).
INEDITI |
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P. Allegra, scheda n. 14, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 100. 14. PISSIDE |
Argento dorato cm 12×27 Marchi: aquila a volo basso, RUP FR RM Argentiere palermitano, Francesco Rivelo (?) Prima metà del XVII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera, che si distingue per semplicità ed essenzialità lineare, potrebbe essere identificata con una delle “due pissidi d’argento per uso delle S. Comunioni” citate nella Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi). Dai marchi si rivela che è opera di argentieri palermitani, forse Francesco Rivelo il primo, artista la cui attività è documentata dal 1618 al 1677 (L. e N. Bertolino, Indice…, in Ori…,1989, p. 404). Si riscontrano le iniziali FR seguite dalla lettera C di console nel piatto della prima metà del XVII secolo del Museo Regionale Pepoli di Trapani recante pure le iniziali dell’argentiere TA e l’aquila di Palermo a volo basso (cfr. M.C. Di Natale, scheda n, II, 42, in Ori…, 1989, p. 216). Le stesse iniziali FR seguite dalla lettera C recano una coppia di piatti dello stesso Museo Diocesano di Mazara (cfr. scheda n. 13). La pisside presenta una tipologia ancora cinquecentesca, ormai con base circolare. L’opera è caratterizzata all’interno da più elementi di chiusura.
INEDITA |
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P. Allegra, scheda n. 15, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 100. 15. RELIQUIARIO A BUSTO DI SANTA ROSALIA |
Argento cesellato e sbalzato, con parti fuse cm 66×38 Marchio di Palermo (aquila a volo basso e lettere RUP) Stemma del vescovo Marco La Cava (leone rampante) Iscrizione: MARCUS LA CAVA PANORMITANUS EPICOPUS MAZARIENSIS 1626 Argentiere palermitano del 1626 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
Il reliquiario è ricordato nell’inventario della visita del vescovo Castelli del 1696-97 (Biblioteca Comunale di Mazara del Vallo, Archivio storico amm., fondo Maccagnone inv. n. 42203) e in quello del De Ciocchis (Sacrae Regiae…, 1741, p. 405): “Una statua di argento di S. Rosalia con una corona di argento con sette fioretti (…) col piedistallo di rame dorato, dove vi sta attaccato uno scudo colle armi di Monsignor La Cava d’argento”. Pure citato nel volume Sicilia Sacra di Rocco Pirro (Ed. 1733, con aggiunte di A. Mongitore), è inserito nell’inedita Statistica della esistenza dei beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi). Raffigura la Santa con sguardo al cielo e la corona di rose tipica della sua iconografia. Nel lato anteriore del piedistallo è applicato un medaglione che reca lo stemma del vescovo Marco La Cava (1605-1626) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, pp. 39-40). Sull’aureola si trova il marchio di Palermo con l’ aquila a volo basso. Ѐ da notare che il vescovo La Cava era palermitano per cui non stupisce che la realizzazione dell’opera sia stata affidata ad una bottega della sua città natale. L’opera si inserisce nella ricca produzione di reliquiari a busto della Santa, fiorita dopo il rinvenimento delle sue ossa nel 1624 (M. C. Di Natale, Santa Rosalia…, 1991, p. 36).
Bibliografia: R. Pirri, Ed. 1733, T.II, p. 858 J.A. De Ciocchis, 1741, p. 405 M.C. Di Natale, 1991, p. 36 |
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P. Allegra, scheda n. 16, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, pp. 100-101. 16. SERIE DI QUATTRO RELIQUIARI A BRACCIO |
Argento e argento dorato, sbalzato, cesellato e con parti fuse h. cm 57, 63, 56, 58, Ø 12 Marchio di Palermo (aquila a volo basso e lettere RUP) Stemma del vescovo Marco La Cava (leone rampante) Iscrizione: E.P.S. MAZARIE MARCUS LA CAVA Argentiere palermitano degli anni 1605-1626 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
I reliquiari sono citati nell’inventario della visita del vescovo Castelli del 1696-97 (Biblioteca Comunale di Mazara del Vallo, Archivio storico amm., fondo Maccagnone inv. n. 42203) e in quello del De Ciocchis (Sacrae Regiae…, 1741, p. 405): “Un braccio di argento con il piede di argento gisillato dorato colle armi di Monsignor La Cava, nel quale vi è il dito di S. Gio. Battista… Item un altro braccio di argento della stessa maniera come sopra, colla reliquia di S. Bartolomeo… Item un altro braccio della stessa maniera nel quale vi è la reliquia di S. Caterina”. Non viene ricordato quello di Sant’Andrea, che è invece presente, insieme agli altri, nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi). I bracci sono descritti da Maria Accascina (Oreficeria…, 1974, p. 228) come “quattro bracci reliquiari di argento dorato che il vescovo La Cava, palermitano, eletto nel 1605 e morto nel 1626, regalò al Duomo di Mazara, sono stati certamente eseguiti a Palermo: sono in lamina d’argento levigatissima senza ornato, mentre le basi sulle quali poggiano hanno a sbalzo testine di cherubini nei modi tradizionali”. I bracci hanno appunto base e nodo circolari e sono decorati con fregi e testine di cherubini alate. Contengono le reliquie di San Giovanni Battista, San Bartolomeo, Sant’ Andrea e Santa Caterina che presentano rispettivamente gli elementi caratterizzanti la loro iconografia. Sul bordo interno della base è il marchio di Palermo e lo stemma con l’iscrizione su citata che attestano la committenza e la donazione del vescovo La Cava. Sono dunque opere palermitane rifacentisi ad uno schema già da secoli in uso, come quello dell’inizio del Cinquecento di San Nicola della Cattedrale di Nicosia e quelli dei Santi Martino e Antonio di Scipione Di Blasi del 1573-77 del Museo Alessi di Enna (M.C. Di Natale, schede nn. II, 14 e II, 23, in Ori…, 1989, pp. 189-90 e 195-961. Essi si differenziano poiché quello recante la croce simbolo del martirio di Sant’Andrea presenta un ornato elaborato lungo il braccio simulante una manica con bottoni; quelli recanti il coltello di San Bartolomeo e la palma di Santa Caterina simulano solo il panneggio di una manica; l’ultimo con l’indice alzato di San Giovanni è liscio. Tutte le basi, ormai di gusto barocco, sono eguali fra loro. La varietà dei reliquiari antropomorfi in Sicilia non si limita a busti o bracci, ma presenta originali e molteplici tipologie come ad esempio il reliquiario a piede di San Bartolomeo, opera dell’argentiere palermitano Giuseppe Benincasa del 1599, .della Diocesi di Caltagirone (M.C. Di Natale, scheda II, 30, in Ori…, 1989, p. 204).
Bibliografia: M. Accascina, 1974, p. 228. |
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P. Allegra, scheda n. 18, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 101. 18. OSTENSORIO |
Argento sbalzato e cesellato con parti fuse e rame decorato h. cm 70, base Ø cm 18 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) Stemma del vescovo Domenico Spinola (spina su scacchiera a sinistra e tre bande a destra) e 1641 Argentiere trapanese del 1641 Diego Candino (?) Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera è presente nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi): “Un ostensorio d’argento ossia sfera per l’esposizione del SS. coll’armi del Card. Spinola”. L’ostensorio, di tipologia barocca, presenta una base circolare in rame recante lo stemma del vescovo Giovanni Domenico Spinola (1636-1646) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, pp. 29 e 73) che certamente commissionò l’opera e ne fece dono alla Cattedrale. Il fusto presenta in basso un nodo tondeggiante per poi assottigliarsi e dare slancio all’insieme dell’opera grazie anche all’angelo, posto al termine del fusto, che sorregge la sfera, ornata con piccoli fiori e arricchita da una raggiera ove si alternano lance e fiamme. Sulla base, oltre allo stemma del vescovo Spinola, sono al di sotto la data 1641, e il marchio di Trapani, mentre non sono presenti quelli relativi all’argentiere e al console. Si può riferire l’opera all’argentiere trapanese Diego Candino in base ad un atto del notaio Salvatore Buccina dell’Archivio di Stato di Trapani alla data 27 giugno 1641 (Rep. 577 – St. 5 cfr. M. Serraino, Storia…, 1976, vol. I, p. 116), da cui si apprende che l’orafo e argentiere “Diego Candino eseguì un ostensorio in argento per il cardinale Spinola vescovo di Mazara”.
Bibliografia: M. Serraino, 1976, vol. I, p. 116. |
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P. Allegra, scheda n. 19, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 102. 19. CORNICE DI CARTAGLORIA |
Argento sbalzato e cesellato con parti fuse e rame dorato cm 85×77 Stemma del vescovo Domenico Spinola (spina su scacchiera a sinistra e tre bande a destra) Iscrizioni: sullo stemma in alto IO DOM SPINOLA SRE PR CARD. S. CECILIAE; sullo stemma in basso EPUS MAZAR. AN. MDCXLIII Argentiere siciliano del 1643 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera è presente nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi): “Una carta «Gloria» con 12 piancetti sopra un quadro di rame dorato ed armi di M. Spinola”. La cornice è decorata esternamente con fregi vegetali e volute. In alto al centro è un medaglione che raffigura il Redentore, mentre ai lati del fregio esterno sono due testine di cherubini. Lo stesso motivo delle testine è ripreso in basso ai due lati, ma qui è realizzato in rame dorato e a tutto tondo tramite fusione. La datazione è 1643, la committenza e la donazione è certamente del vescovo Spinola, genovese, cardinale di Santa Romana Chiesa (SRE) del titolo di S. Cecilia (1636-1646) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 73) come indicato dall’iscrizione. L’opera di gusto tra tardo-manierista e barocco è stilisticamente da ascrivere ad un argentiere siciliano, ma non si può con certezza individuare la maestranza che l’ha realizzato poiché non presenta marchi.
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P. Allegra, scheda n. 20, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 102. 20. SERIE DI SEI CANDELIERI |
Argento sbalzato e cesellato 2 cm 103×27 – 2 cm 98×22 – 2 cm 91×21 Stemma del vescovo Domenico Spinola (spina su scacchiera a sinistra e tre bande a destra) Iscrizioni: IO DOM SPINOLA S.R.E. PRAESB. CARD. S CECILIAE NUNC UP. EPS MAZ. ANNO DOMINI 1643 (i due più grandi) 1644 (gli altri) Argentiere siciliano del 1643-44 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
I candelieri sono citati nell’inventario manoscritto della visita del vescovo Castelli del 1696-97 (Biblioteca Comunale di Mazara del Vallo, Archivio storico amm., fondo Maccagnone inv. n. 42203) e in quello del De Ciocchis (Sacrae Regiae…, 1741, p. 402): “In primis sei candelieri d’argento colle armi di Sua Em.za coll’immagine del SS.mo Salvatore e lettere di Sua Eminenza”. Le opere sono pure presenti nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi) dalla quale si apprende che servivano “per l’altare maggiore”. Ciascun candeliere ha base a tre facce i cui spigoli sono costituiti da volute ricurve che incorniciano tre medaglioni: uno recante lo stemma del vescovo Domenico Spinola (1636-1646) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 73), l’altro l’iscrizione su citata, il terzo raffigurante il Cristo benedicente. Il fusto è tondeggiante e reca nella parte bassa due nodi decorati con elementi fitomorfi. I candelieri, di gusto manierista e di fattura siciliana, non recano alcun marchio. Le opere si ispirano ancora a modelli cinquecenteschi come i candelieri del Museo Alessi di Enna di Nibilio Gagini (M. C. Di Natale, Gli argenti…, in Ori…, 1989, p. 143, fig. l7). La datazione è certa, perché rilevabile dalle iscrizioni succitate 1643 e 1644. I candelieri sono dunque successivi all’ostensorio del 1641 (cfr. scheda n. 18) recante lo stemma dello stesso vescovo.
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P. Allegra, scheda n. 21, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 102. 21. RELIQUIARIO DELLA SACRA SPINA |
Argento sbalzato e cesellato con parti fuse h. cm 43 Stemma del vescovo Domenico Spinola (spina su scacchiera a sinistra e tre bande a destra) Argentiere siciliano degli anni 1636-1646 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera è presente nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi): “Un reliquiario a forma di tribuna a 4 colonnette che racchiudono in un vaso di cristallo La Spina e La Croce, nel cui piede sono incise le armi di M. Spinola”. Alla base del tempietto reliquiario si trova lo stemma del vescovo Spinola. Non si rinviene alcun marchio, ma la certezza della commissione e donazione dell’opera da parte dello Spinola permettono di datare l’opera nel periodo del suo vescovado, cioè il decennio 1636-1646 (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, pp. 29 e 40-41). Il suddetto vescovo “donò una preziosa teca d’argento dorato per la custodia di una delle rarissime spine della Corona di Nostro Signore Gesù Cristo, donata dal cardinale mazarese Enrico Birtol patriarca di Antiochia alla città natale” e “che viene esposta alla pubblica venerazione nei Venerdì di marzo e il Venerdì Santo nella solenne processione del Cristo morto” (ibidem). Stilisticamente l’impianto dell’opera è ancora di ricordo tardo-rinascimentale con elementi di gusto manierista. La base è ancora polilobata e la teca con colonne e cupola di tipo rinascimentale come diversi affini reliquiari cinquecenteschi, tra cui quello della chiesa Madre di Sutera o il vaso per l’olio Santo di Scipione Di Blasi e aiuto del 1574 del Museo Alessi di Enna (M. C. Di Natale, schede nn. II, 21 e II, 22, in Ori…, 1989, pp. 193-194) e il vaso porta olio del Museo stesso proveniente da Castelvetrano (cfr. scheda n. 8).
Bibliografia: A. Rizzo Marino, 1980, p.29 |
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P. Allegra, scheda n. 22, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 103. 22. PISSIDE |
Argento sbalzato, cesellato e inciso h. cm 27 Stemma del vescovo Domenico Spinola (spina su scacchiera a sinistra e tre bande a destra) Argentiere siciliano degli anni 1636-1646 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera è presente nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi): “Una pisside d’argento gisillato con coperchio e piede di rame con piancia d’argento attaccata alla medesima con vite di rame collo stemma del Cardinale Spinola”. Presenta una coppa liscia e larga con copertura ornata da elementi fitomorfi. Il fusto è costituito da un grosso nodo ovoidale di gusto ancora cinquecentesco. Sia il fusto che la base sono decorati con piatti motivi fitomorfi, così come la parte esterna del fondo della coppa che si raccorda al fusto. Sulla base è lo stemma del vescovo Spinola. Di gusto manierista, è opera di argentiere siciliano, ma non vi sono marchi che specifichino di quale maestranza. Lo stemma del vescovo Spinola (1636-1646) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 73) attesta che la datazione della pisside rientra comunque nel periodo del suo vescovado. Recano lo stemma dello stesso vescovo un ostensorio, una cornice di cartagloria, una serie di sei candelieri e il reliquiario della Sacra Spina (cfr. schede nn. 18, 19, 20, 21).
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P. Allegra, scheda n. 24, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 103. 24. COPPIA DI CALICI |
Argento sbalzato, cesellato e inciso h. cm 24 e h. cm 25 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) Stemma del vescovo Francesco Maria Graffeo (grifone) Argentiere trapanese degli anni 1685-95 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale Le opere sono ricordate tra gli argenti donati al Duomo dal vescovo Graffeo nell’inventario del 1696-97 (Biblioteca Comunale di Mazara del Vallo, Archivio storico amm., fondo Maccagnone inv. n. 42203) e nella Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi). In entrambi i calici è presente solo il marchio di Trapani sulla base e sulla coppa. Le due opere presentano piatti fregi fitomorfi incisi sulla base e sul fusto, quest’ultimo costituito da un grosso nodo ancora di forma ovoidale, secondo schemi cinquecenteschi, che raccorda la base alla coppa. Questa a sua volta, presenta sulla parte inferiore fregi fitomorfi a lieve sbalzo e lo stemma del vescovo Graffeo (1685-1695) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, pp. 75-76). Le opere risalgono dunque agli anni del vescovado di Mons. Graffeo e si distinguono per la raffinata semplicità che le allontana dalla ricchezza decorativa tipica degli argenti barocchi.
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P. Allegra, scheda n. 25, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 104. 25. OSTENSORIO |
Argento cesellato, traforato e con parti fuse, rame dorato, diamanti e zaffiri h. cm 90 Stemma del vescovo Francesco Maria Graffeo (grifone) Argentiere trapanese degli anni 1685-95 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera fu fatta eseguire e donata alla Cattedrale dal vescovo Francesco Maria Graffeo (1685-1695) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, pp. 75-76), come si rileva anche dall’inventario del 1696-97 della Biblioteca Comunale di Mazara (Archivio storico amm., fondo Maccagnone inv. n. 42203) e dallo stemma che presenta sulla base. Il raffinato ostensorio di gusto barocco ha un fusto che si sviluppa con vari nodi, tra cui uno lavorato con testine di cherubini, che culminano con un grifone a tutto tondo, realizzato a fusione, che sorregge la sfera. Questa è ornata da pregevoli gemme e circondata da una raggiera di lance e fiamme, che si alternano, pure sapientemente decorate. Ѐ costituito da un corpo di rame dorato su cui è applicato l’argento traforato lavorato a minuti fregi. L’opera, che non presenta marchi, è verosimilmente da riferire a maestri trapanesi, per l’esilità lineare e lo slancio verticale tipici degli ostensori trapanesi, come ad esempio quelli più tardi della bottega dei Lotta dello stesso Museo ove al posto del grifone sono in uno Sant’Ignazio e nell’altro San Giuseppe con il Bambino (cfr. schede nn. 45, 46).
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 26, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 104. 26. FIBULA |
Oro, rubini e diamanti cm 7×7 Orefice siciliano degli anni 1685-1695 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
La fibula, chiusura di piviale, ha forma esagonale ed è costituita da una fitta trama di minuti fregi fitomorfi arricchiti dalla presenza di rubini. Al centro della fibula è una croce con il monogramma bernardiniano del nome di Gesù IHS in una struttura in diamanti. L’opera, decisamente di gusto barocco, è ascrivibile ad una bottega orafa palermitana, probabilmente della fine del Seicento, ed è riferita al vescovo Graffeo, dunque databile negli anni del suo vescovado (1685-95) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, pp. 75 e 76). È forse individuabile tra quelle citate nell’inventario del 1696-97 della Biblioteca Comunale di Mazara (Archivio storico amm., fondo Maccagnone inv. n. 42203). L’opera si inserisce nella ricca produzione siciliana del XVII secolo di cui sopravvivono numerosi significativi esemplari nel Museo Regionale Pepoli di Trapani, provenienti dal tesoro della Madonna di Trapani (M.C. Di Natale, I gioielli…, in Ori…, 1989, passim).
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P. Allegra, scheda n. 27, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 104. 27. SERIE DI SEI VASI |
Argento sbalzato e cesellato con parti fuse b. cm 16,5 h. cm 35 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e AP 95 FI Stemma del vescovo Francesco Maria Graffeo (grifone) Argentiere trapanese del 1695 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
Le opere sono citate nell’inventario del 1696-97 (Biblioteca Comunale di Mazara del Vallo, Archivio storico amm., fondo Maccagnone inv. n. 42203) e nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi). I vasi hanno forma panciuta e presentano decorazioni fitomorfe. I manici sono decorati con petali e fiori. In origine dovevano essere completi di frasche per venire posti con funzione ornamentale sugli altari. Anteriormente presentano lo stemma del vescovo Graffeo (1685-1695) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale..., 1980, p. 75-76). La preziosa fattura e le lettere del marchio FI fanno identificare a Maria Accascina l’argentiere con i messinesi Francesco Iuvara o Francesco Iannì (M. Accascina, I marchi…, 1976, pp. 192-193). Si ritiene che le iniziali del console AP siano da riferire ad Alberto Pirao documentato nel 1692-93 (D. Ruffino, Indici…, in Ori…, 1989, p. 411). Furono eseguiti nel 1695, al termine del vescovado del Graffeo. Le lettere del console AP ricorrono in due calici con testine di cherubini della bottega dei Lotta, uno già nella chiesa di San Giuseppe di Mazara del Vallo (cfr. scheda n. 48), l’altro alla Galleria Regionale di Palazzo Abatellis di Palermo, entrambi marchiati Trapani (M. Accascina, I marchi…., 1976,p.194). Stilisticamente i vasi hanno una impostazione barocca, anche se sulla base e nella parte bassa del corpo sono presenti motivi di ricordo manierista, con un effetto imponente ed elegante.
Bibliografia: G.B. Quinci, 1916, p.42. |
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P. Allegra, scheda n. 28, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 105. 28. COPPIA DI CANDELIERI |
Argento sbalzato e cesellato Base cm 28, h. cm 83 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e FI GPC 95 in alto sul porta candela GDA GP 713 e marchio di Palermo (aquila a volo basso e lettere RUP) Stemma del vescovo Francesco Maria Graffeo (grifone) Argentiere trapanese del 1695 e argentiere palermitano del 1713 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale Le opere citate nell’inventario del 1696-97 (Biblioteca Comunale di Mazara del Vallo, Archivio storico amm., fondo Maccagnone inv. n. 42203) e nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi), sono state pubblicate dall’Accascina (I marchi…, 1976, p. 192, fig. 95 a-b) che ritiene che la sigla GPC 95 corrisponda probabilmente alle iniziali del console Giuseppe Piazza, mentre quelle FI agli argentieri Francesco Iuvara o Francesco Iannì, entrambi di origine messinese. Il console Giuseppe Piazza è documentato negli anni 1752-53 e 1756-57 per cui si ritiene che le iniziali GP siano da identificare piuttosto con Giuseppe Pirrao documentato negli anni 1695-96 (D. Ruffino, Indice…, in Ori…, 1989, p. 411) come console della maestranza degli orafi e degli argentieri della città di Trapani (notizia gentilmente fornita da A.M. Precopi Lombardo). Altri studi spingerebbero ad identificare nelle iniziali FI l’argentiere Francesco Lo Iacono documentato dal 1687 al 1726 (D, Ruffino, Indice…, in Ori…, 1989, p. 411). I marchi sono evidenti in più parti dei candelieri, che recano sulla base lo stemma del vescovo Graffeo (1685-1695) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 75). La base rotonda e il fusto con vari nodi, sono decorati con baccelli e motivi fitomorfi. L’opera rispecchia ancora un gusto tardo-rinascimentale, con riferimenti a moduli manieristi nella base. Ѐ poi da notare che la parte terminale, cioè quella che si lega al fusto e costituisce il porta candela, è una evidente aggiunta: reca infatti il marchio di Palermo con aquila ancora a volo basso e le sigle GDA GP 713. Certamente la data è il 1713 e in quell’anno era vescovo il palermitano Bartolomeo Castelli (1695-1730) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 76), che fece risistemare la parte superiore delle opere.
Bibliografia: G.B. Quinci, 1916, p.42. M. Accascina, 1976, pp. 192. |
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P. Allegra, scheda n. 29, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 105. 29. CANDELIERE CHE FA DA BASE ALLA CROCE ATTRIBUITA A GIOVANNI DI SPAGNA |
Argento sbalzato e cesellato Base cm 30, h. cm 78 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e GPC 95 FI Argentiere trapanese del 1695 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
II candeliere, citato nell’inventario del 1696-97 (Biblioteca Comunale di Mazara del Vallo, Archivio storico amm., fondo Maccagnone inv. n. 42203) e nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi), ha una base a tre facce e su una di esse è un medaglione entro cui è raffigurato il Redentore. La base poggia su zampe ed è decorata con motivi fitomorfi e volute come il fusto. All’apice del fusto si trova il marchio di Trapani e le sigle GPC 95 FI, come nei candelieri del vescovo Graffeo (cfr. scheda n. 28). Maria Accascina (I marchi..:, 1976, pp. 192-193) pensa che le iniziali FI dell’argentiere che eseguì l’opera possono riferirsi o a Francesco Iuvara, fratello maggiore di Filippo, o a Francesco Iannì, entrambi di origine messinese. La sigla GPC è possibilmente da riferire a Giuseppe Pirao, documentato console al 1695 (notizia gentilmente fornita da A.M. Precopi Lombardo), mentre FI all’argentiere Francesco Lo Iacono documentato dal 1687 al 1726 (D. Ruffino, Indice…, in Ori…, 1989, p. 411). La data 1695 fa risalire l’opera al periodo del vescovado di Mons. Graffeo (1685-1695) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, pp. 75-76), ma qui non è presente il suo stemma. Per altro il 28. 11. 1695 (A. Rizzo Marino, ibidem) diveniva vescovo di Mazara il palermitano Bartolomeo Castelli (1695-1730). L’opera rivela un gusto tardo-manieristico: non riprende infatti la forma dei candelieri del vescovo Graffeo, ma quelli del vescovo Spinola (cfr. scheda n. 20), ai quali andava verisimilmente accoppiata.
Bibliografia: G.B. Quinci, 1916, p.42. |
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P. Allegra, scheda n. 30, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 106. 30. AUREOLA |
Argento sbalzato e cesellato Ø cm 27 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e NV FI Argentiere trapanese della fine del XVII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’aureola, che doveva ornare qualche busto reliquiario o scultura di santo, è di forma circolare ed è lavorata a traforo con fitti motivi fitomorfi che si estendono su tutta la superficie. Al centro è posto un rosoncino. L’opera, di gusto barocco, reca sul bordo il marchio di Trapani e le lettere NV e FI. La sigla NV potrebbe indicare secondo Maria Accascina (I Marchi…, 1976, p. 192) Nicola Vivona, che in qualità di console marchiò un’urna per il Santo Sepolcro della chiesa di Santa Caterina di Mazara del Vallo datata 1679; le lettere FI Francesco Iuvara o Francesco Iannì, messinesi, che pone in relazione con molte opere del trapanese di notevole importanza, tra le quali alcune del 1695 recanti lo .stemma del vescovo Graffeo (cfr. schede nn. 27 e 28). Le iniziali NV potrebbero tuttavia riferirsi a Nicola De Vita che risulta documentato console negli anni 1679-80, 1682-83, 1697-98 (A. Precopi Lombardo, L. Novara, Argenti..:, 1992, p. 239) mentre FI potrebbero anche riferirsi all’argentiere Francesco Lo Iacono documentato dal 1687 al 1726 (D. Ruffino, Indice…, in Ori…, 1989, p. 411). Si possono dunque considerare il 1679 e il 1695 date di riferimento per l’aureola che comunque stilisticamente si pone come un’opera tardo-seicentesca.
INEDITA |
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P. Allegra, scheda n. 31, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 106.
31. CALICE |
Argento sbalzato e cesellato cm 26×14 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e AF FI sulla base, AM sulla coppa Argentieri trapanesi della fine del XVII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di Santa Veneranda
II calice è decorato con testine di cherubini alati a sbalzo e minuti fregi su tutta la superficie, ripetendo stilemi barocchi. Esce certamente da una bottega trapanese ed è siglato, forse fra gli altri, da Francesco Iuvara o Francesco Iannì, o piuttosto da Francesco Lo Iacono argentiere trapanese documentato dal 1687 al 1726 (D. Ruffino, Indice…, in Ori…, 1989, p. 411) come numerosi altri argenti sacri del Museo Diocesano (cfr. schede nn. 27, 28 e 29). Presenta le iniziali FI anche un’inedita corona del tesoro della Cattedrale di Mazara del Vallo, già nella chiesa di Santa Veneranda. Si trovano infatti sulla coppa il marchio di Trapani e la sigla AM, sulla base le sigle AF FI. Numerosi calici barocchi dello stesso Museo di Mazara ripropongono gli stessi caratteri stilistici (cfr. schede nn. 40, 48).
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 32, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 106. 32. CALICE |
Argento sbalzato e cesellato h. cm 24 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) Argentiere trapanese della fine del XVII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale II calice è ornato da testine di cherubini alate realizzate a sbalzo sulla coppa, mentre presenta fregi fitomorfi sulla base rotonda e sul nodo centrale, che costituisce quasi interamente il fusto. Sulla coppa si trova soltanto il marchio di Trapani. Si può, dunque, unicamente dire che il calice in stile barocco esce da una bottega trapanese tardo-seicentesca. L’opera è tipologicamente affine a numerosi altri calici pressocchè coevi dello stesso tesoro, anche se si distingue per una maggiore semplicità nel nodo ancora privo delle testine di cherubini alati caratteristiche nelle opere barocche (cfr. schede nn. 40, 48).
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 33, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 107. 33. PISSIDE |
Argento sbalzato, cesellato con parti fuse e gemme h. cm 24 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) ed IL Argentiere trapanese della fine del XVII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera, in stile barocco, presenta decorazioni con testine di cherubini alati a sbalzo sulla coppa, mentre su tutta la superficie sono presenti volute e gemme incastonate. Al di sopra del coperchio è posta una piccola croce realizzata a fusione. Presenta il marchio di Trapani sul coperchio, ripetuto sul bordo della coppa e sulla base, con accanto le lettere IL, indicanti probabilmente l’argentiere Ioanni Lipari documentato al 1726 (notizia gentilmente fornita da A.M. Precopi Lombardo). L’opera si inserisce nella produzione trapanese barocca di cui al Museo sono diversi significativi prodotti simili, e particolarmente il calice analogamente privo nel nodo di testine di cherubini alate (cfr. scheda n. 32). La presenza delle gemme distingue tuttavia la raffinata pisside dalle altre del periodo.
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P. Allegra, scheda n. 35, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 107. 35. TRE VASI PER L’OLIO SANTO |
Argento Base cm 16,5 h. cm 43 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e GB DEC Iscrizione: OLEUM INFIRMORUM, OLEUM CATECHUMENORUM, SACTUM CHRISMA Argentiere trapanese della fine del XVII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
Le opere sono presenti nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi): “Tre vasetti d’argento addetti uno pell’olio Santo degli infermi, l’altro pell’olio Crisma, il 3° per i catecumeni in potere dei Can. Curati”. I vasi, a forma di brocca con i manici ricurvi, hanno il coperchio ornato, e servivano per contenere i tre tipi di olio santo per i tre diversi usi specificati dalle iscrizioni. Sono opera di un argentiere trapanese, come indicano il marchio di Trapani e le sigle GB e DEC, che rimandano rispettivamente all’argentiere e al console. Le opere sono databili intorno agli ultimi decenni del 1600, anche se i marchi non presentano data. Le iniziali del console seguite dalla lettera C e la sigla dell’argentiere è caratteristico dei marchi del trapanese della seconda metà del secolo (M. Accascina, I Marchi…, 1976, p. 189) e il gusto prettamente barocco ne conferma ulteriormente la collocazione temporale. Le iniziali DEC del console, inoltre, sono state già individuate dall’Accascina (I marchi…, 1976, p. 191) in un ostensorio della chiesa della Madonna delle Grazie di Partanna, riferibile sempre agli ultimi decenni del XVII secolo e recante lo stesso tipo di marchio della città di Trapani col manico della falce a destra e la corona a cinque punte.
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P. Allegra, scheda n. 41, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 109. 41. CALICE |
Argento sbalzato e cesellato h. cm 25 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e SPC 18 PC e NL 719 Argentiere palermitano del 1718-19 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
Il calice presenta base circolare e .un nodo tondeggiante che si raccorda alla coppa. Ѐ ornato su tutta la superficie con fregi fitomorfi e testine di cherubini alate. La coppa reca il marchio di Palermo e le sigle SPC 18 PC, indicanti rispettivamente il console, non identificabile, la data 1718 e l’argentiere. L’Accascina (I marchi…, 1976, p. 57) pensa che “le lettere PC possano indicare Pietro Curiale”: si ritrova infatti la stessa sigla in un calice datato 1740 della chiesa di Sant’Oliva di Alcamo. Potrebbe anche trattarsi di Placido Caruso, documentato console della maestranza degli orafi e argentieri di Palermo nel 1710. L’opera fu marchiata di nuovo dal console del 1719 che potrebbe identificarsi con Nicola Lugaro che ricoprì tale carica nel 1715 (S. Barraja, La maestranza…, in Ori…, 1989, p. 377). Il calice, comunque, in stile barocco, che mantiene tuttavia ancora un nodo di forma ovoidale di reminiscenza cinquecentesca, esce da una bottega palermitana del 1718, anno in cui era vescovo di Mazara del Vallo Bartolomeo Castelli (1695-1730) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 76), palermitano, che può aver commissionato e donato l’opera alla Cattedrale.
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P. Allegra, scheda n. 42, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 110. 42. COPERTA DI TESTO LITURGICO |
Argento sbalzato e cesellato, rame cm 23×26 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e GO 721 (nella parte centrale e sul dorso); marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e DDL 86 VN (sul bordo) Argentiere palermitano del 1721 (per la parte centrale e il dorso) argentiere palermitano del 1786 (per i bordi) Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera è lavorata a sbalzo e cesello e su tutta la superfice e presenta sui due lati un riquadro centrale, rettangolare, in argento traforato, con decorazioni fitomorfe e uccelli affrontati. Al centro del riquadro, su entrambi i lati, è un medaglione ovale entro cui è raffigurato l’Ecce Homo. Lo stesso tipo di decorazione fitomorfa è presente sul dorso, si trova infatti qui, come sul riquadro centrale, il marchio di Palermo con aquila a volo alto e il punzone GO 721 indicante il console Giacinto Omodei documentato alla data 1721 (S. Barraja, La maestranza…, in Ori…, 1989, p. 377), anno in cui era vescovo di Mazara il palermitano Bartolomeo Castelli (1695-1730) (A, Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 76). Il bordo, invece, che praticamente costituisce come una cornice, è decorato su entrambi i lati a sbalzo e reca tutt’intorno una decorazione effettuata con la tecnica della granulazione ove si alternano otto medaglioni: quattro ovali agli angoli raffiguranti vasi con fiori e quattro rotondi posti al centro di ogni lato della cornice costituiti da rosoncini fitomorfi. Essi sono collegati da rami intrecciati di foglie e fiori. Sul bordo, che evidentemente venne realizzato successivamente e si differenzia stilisticamente, si trova il marchio di Palermo con aquila a volo alto e le sigle DDL 86, che conferma la fattura posteriore alle altre parti e precisamente del 1786, anno in cui vescovo di Mazara era il palermitano Ugone Papè di Valdina (1772-1791) (A. Rizzo Marino, ibidem).
INEDITA |
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P. Allegra, scheda n. 44, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 110. 44. PISSIDE |
Argento sbalzato e cesellato con parti fuse h. cm 38 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e GOC LOTTA Bottega trapanese dei Lotta, 1737 circa Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di Santa Veneranda
L’opera, in stile barocco, è decorata con testine alate di cherubini eseguite a sbalzo sulla coppa, sul nodo e sulla base. Sono presenti poi fregi e motivi fitomorfi su tutta la superficie eseguiti con particolare cura anche sulla base e sul coperchio, che termina con una piccola croce. Sul coperchio si rileva il marchio di Trapani, le lettere GOC e la scritta LOTTA. Le lettere GOC indicano le iniziali del console che ha marchiato l’opera, identificabile probabilmente con Iacopo (Giacomo) Oro (D’Oro), documentato console al 1714-15, 1716-17, 1721-22 e 1724-25 (notizia gentilmente fornita da A.M. Precopi Lombardo), mentre la scritta LOTTA la prestigiosa bottega che l’ha realizzata. L’Accascina (I marchi…, 1976, p. 193) scrive in riferimento all’altra pisside d’argento dorato già nella chiesa di San Giuseppe di Mazara del Vallo, datata 1737, che “il cognome Lotta indica la bottega di Nicolò Lotta argentiere attivo nella prima metà del ’700 (nel 1728 firmava una ricevuta di pagamento per una ricca sfera eseguita per il Duomo di Mazara). Ebbe due figli: il sacerdote Vincenzo, architetto, e Francesco, argentiere. Pertanto la marchiatura LOTTA restò ad indicare la bottega anche dopo la morte di Nicolò”. La scritta LOTTA è presente anche in un calice appartenuto alla chiesa di Santa Maria di Gesù di Trapani (M. Accascina, ibidem), ma proveniente dalla chiesa di Santa Maria Nuova Luce; nell’urna per il Santo Sepolcro del 1743 del Duomo di Mazara del Vallo (cfr. scheda n. 47) ed in un calice del 1745 già nella chiesa di San Giuseppe dello stesso centro (cfr. scheda n. 48).
Bibliografia: M.C, Di Natale, II, 174, 1989, p. 308. |
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P. Allegra, scheda n. 45, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 111. 45. OSTENSORIO CON SANT’IGNAZIO |
Argento sbalzato e cesellato, con parti fuse h. cm 24 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e APC LOTTA Bottega trapanese dei Lotta, prima metà del XVIII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’ostensorio è marchiato sull’asse che fissa la raggiera al fusto con lo stemma di Trapani, le lettere APC e LOTTA. Si ritrovano esattamente questi marchi nel calice con testine di cherubini già della chiesa di San Giuseppe di Mazara del Vallo (cfr. scheda n. 48) e nel calice con testine di cherubini sul nodo e sulla base che si trova nella Galleria Regionale di Palazzo Abatellis di Palermo (M. Accascina, I marchi…, 1976, p. 194 e M.C. Di Natale, scheda II, 174, in Ori…, 1989, p. 308). Ѐ evidente che la sigla APC si riferisce al console, che potrebbe essere Alessandro Porrata, documentato in questa carica nel 1725-26 (notizia gentilmente fornita da A.M. Precopi Lombardo). Nel fusto è Sant’Ignazio che tiene il vessillo con il monogramma IHS del nome di Gesù, emblema dei Gesuiti. Nel nodo sono i simboli dei quattro Evangelisti: il leone di San Marco, l’aquila di San Giovanni, il toro di San Luca e l’angelo di San Matteo. Sulla base, eseguiti a sbalzo, sono le figure di Santi gesuiti, tra cui San Francesco di Sales e San Francesco Saverio. Stilisticamente l’opera è tipicamente legata al barocco trapanese: trova infatti raffronto nell’ostensorio con San Giuseppe dello stesso Museo (cfr. scheda n. 46) e in quello con la Madonna dell’Itria di collezione privata di Trapani della stessa bottega dei Lotta (M.C. Di Natale, ibidem).
Bibliografia: M.C. Di Natale, II, 174, 1989, p. 308. |
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P. Allegra, scheda n. 46, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 111. 46. OSTENSORIO CON SAN GIUSEPPE E IL BAMBINO |
Argento sbalzato e cesellato, con parti fuse e dorate cm 26×19 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e VIC LOTTA Bottega trapanese dei Lotta, prima metà del XVIII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di Santa Veneranda
L’ostensorio presenta una base rotonda cesellata con motivi fitomorfi ed uno stemma nobiliare. Si sviluppa, poi, in un fusto sottile recante due nodi tondeggianti, su cui proseguono le decorazioni. Nel raccordo con la raggiera è inserita una statuetta in argento dorato a tutto tondo, realizzata a fusione, raffigurante San Giuseppe con il Bambino. Attorno alla teca porta ostia è un decoro con testine di cherubini alate realizzate a sbalzo, da cui si sviluppa la raggiera. Si rinviene il marchio di Trapani, quello del console VIC e della bottega LOTTA più volte incontrato in opere dello stesso Museo Diocesano di Mazara del Vallo (cfr. schede nn. 44, 45, 48). Potrebbe forse trattarsi di Vincenzo Lo Iacono, documentato console al 1720-21 (D. Ruffino, Indice…, in Ori…, 1989, p. 411). L’opera si distingue per la tipologia prettamente trapanese ed è molto simile all’altro con Sant’Ignazio dello stesso tesoro, prodotto pure dalla bottega Lotta (cfr, scheda n. 45).
Bibliografia: M.C. Di Natale, II, 174, 1989, p. 308. |
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P. Allegra, scheda n. 47, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 111. 47. REPOSITORIO |
Argento sbalzato e cesellato, con parti fuse cm 115x96x57 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e GPC 43 LOTTA Stemma del vescovo Bartolomeo Castelli (due torri e tre bande orizzontali alternate) Bottega trapanese dei Lotta 1743 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’urna per il Santo Sepolcro è presente nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi): “Un sepolcro di legno coperto di lamina d’argento gisillato con palla in cima e croce d’argento massiccio con armi di M. Castelli, pel Giovedì Santo”. L’urna “grandiosa”, pienamente barocca come la definisce Maria Accascina (I marchi…, 1976, pp. 193-194), è suddivisa in quattro zone da costoloni che si riuniscono in un nodo centrale sormontato da una sfera e da una croce, acquistando così notevole slancio. L’urna presenta su tutta la superficie decorazioni a volute con conchiglie, motivi fitomorfi e testine di cherubini alati molto aggettanti, e a tutto tondo. Nel centro dei due riquadri maggiori del coperchio, definiti dai costoloni, sono raffigurati da un lato l’Agnus Dei, dall’altro lo stemma vescovile di Bartolomeo Castelli (1695-1730) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 76). In più parti sono presenti il marchio di Trapani e la sigla GPC 43 e LOTTA. Le lettere GPC secondo l’Accascina (ibidem) “indicano forse Giuseppe Piazza, console”, la data è certamente il 1743 e la dicitura LOTTA indica la prestigiosa bottega trapanese che eseguì l’opera. Secondo recenti studi console della maestranza degli orafi e degli argentieri di Trapani del 1742-43 parrebbe essere Giovanni Battista Porrello (notizia gentilmente fornita da A.M. Precopi Lombardo). La commissione dell’opera non è da riferire al vescovo Giuseppe Stella (1742-1758) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 76), sebbene la data 1743 rientri nel periodo del suo vescovado, poiché lo stemma sull’urna è del vescovo Castelli.
Bibliografia: M. Accascina, 1976, pp. 193-194. |
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P. Allegra, scheda n. 48, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 112. 48. CALICE |
Argento sbalzato e cesellato h. cm 24×14 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e APC LOTTA Iscrizione: RE.SIG.D. SALVATURI AGATI PER SUA DEVOTIONE 1745 Bottega trapanese dei Lotta 1745 Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di San Giuseppe
Il calice, in stile barocco, presenta testine di cherubini alate e piccoli motivi fitomorfi sulla base, sul nodo e sulla coppa, tipiche della bottega dei Lotta. Nella coppa è la figura di San Giuseppe con il Bambino. Sotto la base è incisa l’iscrizione su citata che ne rivela la data 1745. Sempre sulla base è il marchio di Trapani e le sigle APC LOTTA indicanti rispettivamente il console e la bottega. L’iscrizione con l’anno 1745 fornisce un elemento di datazione all’attività della bottega dei Lotta, di cui sono numerose opere nello stesso Museo Diocesano di Mazara del Vallo (cfr. schede nn. 44, 45, 46, 47), e le lettere AP potrebbero essere le iniziali di Alessandro Porrata, argentiere trapanese documentato dal 1725, anno in cui ricoprì la carica di console, al 1761 (notizia gentilmente fornita da A.M. Precopi Lombardo). Anche se l’opera proviene dalla chiesa di San Giuseppe, è bene ricordare che nel 1745 era vescovo di Mazara del Vallo Giuseppe Stella (1742-1758) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 76).
Bibliografia: M. Accascina, 1976, p. 194. M.C. Di Natale, II, 174, 1989, p. 308. |
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P. Allegra, scheda n. 49, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 112. 49. REPOSITORIO |
Argento sbalzato e cesellato cm 36×23 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e DCC GB Argentiere trapanese della prima metà del XVIII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di Santa Veneranda
L’urna per il Santo Sepolcro è finemente sbalzata e cesellata da un argentiere trapanese ancora legato a motivi barocchi, come denotano i fregi fitomorfi, le volute a forma di conchiglia, le testine di cherubini alate e la caratteristica forma ovale. L’opera presenta i diversi simboli della Passione di Cristo: nel coperchio sono raffigurati i dadi, il gallo e la mano; nel corpo dell’urna il velo della Veronica, la tunica, la scala, il vessillo, la frusta e le spine; nella base infine il cuore con i tre chiodi da un lato e Santa Veneranda, patrona della chiesa da cui proviene l’opera, dall’altro. All’interno del coperchio e sulla base dell’urna si trovano il marchio di Trapani e le lettere DCC, relative al console, e GB indicanti l’argentiere autore dell’opera.
INEDITA |
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P. Allegra, scheda n. 51, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 113. 51. SERIE DI QUATTRO PIATTI |
Argento inciso Ø cm l8 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e AP 55 AM Stemma del vescovo Gaetano Quattrocchi (colomba con ramo di ulivo e DEO IUVANTE) Console Antonino Pensallorto 1755 e argentiere palermitano del 1755, Antonino Mercurio (?) Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
I piatti, di gusto tardo-barocco, hanno forma rotonda, bordo ondulato, e in centro recano inciso lo stemma del vescovo Gaetano Quattrocchi (1900-1903) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 82), che donò alla Cattedrale un’opera più antica, possibilmente già in suo possesso, facendovi incidere il suo stemma. L’opera reca, infatti, i marchi, posti sul bordo, AP 55 e AM. Il console di Palermo del 1755 era Antonino Pensallorto (S. Barraja, La maestranza…, in Ori…, 1989, p. 377). Portano lo stesso marchio una zuppiera di collezione privata di Palermo e una patena della collezione dell’Ing. Antonio Virga di Palermo (M.C. Di Natale, schede nn. II, 185 e II, 186, in Ori…, 1989, p. 314). Riguardo le lettere AM, l’Accascina (I marchi…, 1976, p. 56) segnala che “probabilmente sono le iniziali del nome e del cognome di Antonino Mercurio”, che riscontra in un calice d’argento del Duomo di Enna, recante la data 1720. La datazione dei piatti, 1755, riporta al periodo del vescovado del palermitano Giuseppe Stella (1742-1758) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p, 76).
INEDITI |
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P. Allegra, scheda n. 52, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 113. 52. PIATTO |
Argento sbalzato, cesellato e inciso Ø cm 30 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e NG 63 AN Stemma del vescovo Gaetano Quattrocchi (colomba con ramo di ulivo e DEO IUVANTE) Console Nunzio Gino 1763 e argentiere palermitano del 1763 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
Il piatto ha forma rotonda, bordo ondulato e in centro reca inciso lo stemma del vescovo Gaetano Quattrocchi che lo fece apporre sul piatto più antico durante il suo vescovado (1900-1903) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 82) e lo donò alla Cattedrale. Si rinviene, infatti, sul bordo del piatto, il marchio di Palermo e le sigle NG 63 AN, che si riferiscono rispettivamente al console Nunzio Gino (M. Accascina, I marchi…, 1976, p. 60) documentato alla data 1763 e all’argentiere identificabile con Agostino Natoli (ibidem). L’Accascina (ibidem) identifica così la sigla AN anche per un leggio del Duomo di Mazara del Vallo (cfr. scheda n. 54) del 1765, ma ipotizza anche che queste iniziali potrebbero riferirsi ad Antonino Nicchi ed ad altri argentieri. Il console Nunzio Gino nel 1771 marchiò pure in qualità di console un reliquiario di San Calogero della chiesa di Petralia Sottana ed un reliquiario di San Domenico della basilica di San Domenico di Palermo (M. Accascina, ibidem). Lo stesso console nel 1763 marchiò tra l’altro il grande vaso con frasche del tesoro della Cappella Palatina (M.C. Di Natale, scheda II, 200, in Ori…, 1989, p. 322). La certa datazione 1763 ci riporta al periodo del vescovado di Girolamo Palermo (1759-1765) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 77).
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 54, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 114. 54. LEGGIO |
Argento sbalzato cm 29×35 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e GL 65 AN* Stemma del vescovo Orazio La Torre (due leoni coronati rampanti che affiancano una torre merlata in cima alla quale è un’aquila bicipite coronata) Console Giuseppe Leone 1765 e argentiere palermitano del 1765, Antonino Nicchi(?) Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera è presente nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi): “Un legile grande… lasciato da M. Torre”. Il leggio di pregiata fattura è decorato con ricchi motivi fitomorfi e volute secondo lo stile rococò. L’Accascina (I marchi…, 1976, p. 60, fig. 25 a-b) analizzando il marchio di Palermo e le sigle GL 65 AN*, scrive che “le lettere AN non permettono una sicura identificazione, perché diversi argentieri, come Agostino Natoli, Antonino Nicchi e altri presentano le medesime iniziali, nello stesso tempo”. Si rilevano anche le stesse iniziali AN nel piatto con lo stemma del vescovo Quattrocchi (cfr. scheda n. 52). Il console è Gaspare Leone documentato al 1765 (S. Barraja, La maestranza…, in Ori…, 1989, p. 377), che alla stessa data ha marchiato le due lampade d’argento della Basilica di Santa Maria Assunta di Alcamo (M. Accascina, I marchi…, 1976, p. 60). Al centro del leggio si trova lo stemma del vescovo La Torre (1792-1811) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 78), che dovette fare apporre il suo stemma su un’opera anteriore al periodo del suo vescovado. Infatti la data riporterebbe al periodo del vescovado di Girolamo Palermo, da Scicli, dei principi di Santa Margherita, che va dal 1759 al 1765 (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 77).
Bibliografia: M. Accascina, 1976, p. 60, fig. 25 a-b. |
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P. Allegra, scheda n. 55, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 114. 55. PISSIDE |
Argento dorato sbalzato e cesellato con parti fuse h. cm 34 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP)e SM 66 GSM Stemma del vescovo Michele Scavo (tre fiori, sole e BONUM DE SURSUM) Console Salvatore Mercurio 1766 e argentiere palermitano del 1766 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera è presente nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi): “Una pisside d’argento dorato gissillata con tre statuette nel piede triangolato colle armi di Mons. Scavo”. La pisside, in stile rococò, è finemente ornata a sbalzo con movimentate decorazioni fitomorfe e volute arrotondate che partono dalla base per svilupparsi sul fusto, recante due nodi, fino a metà della coppa e sull’intero coperchio che culmina con una piccola croce a fusione sopra un minuscolo globo. Sulla base, in perfetta armonia con le decorazioni che recano un effetto avvolgente, sono poste le statuine a tutto tondo delle tre virtù teologali: Fede, Speranza e Carità, ciascuna con i caratteristici attributi iconografici. Sulla base della pisside e all’interno e all’esterno del coperchio si trova il marchio di Palermo con l’aquila a volo alto e le sigle SM 66 GMS. Le lettere SM sono relative al console Salvatore Mercurio, che marchiò l’opera in data 1766 ed è documentato al 1767 (S. Barraja, La maestranza…, in Ori…, 1989, p. 377). Porta il marchio SM 67 il paliotto della chiesa di San Giuseppe di Enna (M. Accascina, I marchi…, 1976, p. 60) e la corona del tesoro di Mazara, già nella chiesa di Santa Veneranda (cfr. scheda n. 56). Sulla parte liscia della coppa della pisside si trova inciso lo stemma vescovile di Michele Scavo (1766-1771) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 77), palermitano, che commissionò l’opera all’argentiere GMS della propria città natale, per farne un dono alla Cattedrale.
INEDITA |
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P. Allegra, scheda n. 56, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 114. 56. CORONA DA STATUA |
Argento sbalzato e cesellato Ø cm l6, h. cm 18 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e SM 67 AMD Console Salvatore Mercurio 1767 e argentiere palermitano del 1767 Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di Santa Veneranda
L’opera, che originariamente doveva ornare una scultura di Santo, in stile tardo-barocco, presenta alla base una cornicetta definita da due bordi scanalati e contenente in alternanza minuti fregi e motivi geometrici; a partire da essa si sviluppa il corpo della corona decorato su tutta la superficie con fregi, motivi fitomorfi e avvolgenti volute. Sulla corona sono presenti il marchio di Palermo e le sigle SM 67 AMD. La prima indica il console Salvatore Mercurio e la data, 1767 anno in cui è documentato (S. Barraja, La maestranza…, in Ori…, 1989, p. 377), che si ritrova pure in una pisside dello stesso tesoro (cfr. scheda n. 55), però del 1766. La certa datazione permette di mettere l’opera in relazione col periodo del vescovado di Michele Scavo (1766-1771) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 77) anche se essa proviene dalla chiesa di Santa Veneranda. Non identificabile rimane la seconda sigla AMD indicante l’argentiere.
INEDITA |
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P. Allegra, scheda n. 57, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 115. 57. OSTENSORIO |
Argento dorato sbalzato cesellato e gemme h. cm 75 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e FDF 69 GSM Argentiere palermitano del 1769 Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di Santa Veneranda
Attorno alla teca porta ostia, si sviluppa una fine lavorazione raffigurante testine di cherubini alate con un inserimento di piccole gemme. Spighe e grappoli d’uva si trovano all’altezza del raccordo col fusto per svolgersi sulla parte bassa della raggiera. Il fusto presenta testine di cherubini e motivi fitomorfi. Il raccordo tra il fusto e la base è costituito da volute trasversali ricche di motivi vegetali. L’opera, elegante espressione dello stile rococò, trova raffronto ad esempio, nell’ostensorio della chiesa Madre di Termini Imerese (P. Allegra, scheda II, 166, in Ori…, 1989, p. 300). Sulla base si trova il marchio di Palermo con aquila a volo alto e le sigle FDF 69 e GSM, purtroppo non decifrabili. La prima indica le iniziali del console seguite dalle due ultime cifre dell’anno in cui venne eseguita l’opera, cioè il 1769, la seconda le iniziali dell’argentiere che la eseguì. Inoltre la certezza della data fa individuare il vescovo di Mazara di quell’anno, cioè Michele Scavo (1766-1771) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 77), palermitano, anche se l’opera proviene dalla chiesa di Santa Veneranda.
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 58, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 115. 58. PIATTO |
Argento sbalzato e cesellato cm 44×35 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e OMC Argentiere trapanese della seconda metà del XVIII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di Santa Veneranda
Il piatto, in elegante stile tardo-barocco, finemente lavorato a sbalzo, ha il bordo polilobato, ornato da decorazioni a volute, motivi fitomorfi ed in alto due grandi uccelli affrontati. Al centro è un particolare soggetto di insolita iconografia: un’aquila che traina un carro sul quale è posta a sedere una figura femminile bendata e recante nella mano destra una fiaccola (potrebbe anche essere una cornucopia), e nella sinistra tre frecce, mentre ai lati del carro sono due alberi e al di sopra è un festone di frutta. L’immagine potrebbe rappresentare la Fortuna, ma del resto il tema è profano e ciò può essere messo in relazione col fatto che il piatto fu un dono della famiglia Mazzolena alla chiesa di Santa Veneranda (informazione gentilmente data da Mons. Bellissima). Si conservano altre opere della famiglia Mazzolena al Museo (cfr. schede nn. 60,61). Al centro del piatto, dentro il festone, si trova il marchio di Trapani e le lettere OMC senza le ultime due cifre dell’anno. La sigla OMC è presente in altre opere trapanesi di notevole importanza, come in più parti del “grandioso paliotto con ricca decorazione di colonne tortili… e… nicchie con gruppi di figure rappresentanti i Misteri” di Trapani, del Museo Regionale Pepoli di Trapani (M. Accascina, I marchi…, 1976, p. 194). Tali iniziali sono state identificate da Lina Novara con Ottavio Martinez (cfr. scheda n. II, 172, in Ori…, 1989, p. 304) documentato al 1756 come console passato. Si ricorda che teneva il vescovado di Mazara del Vallo Mons. Giuseppe Stella, negli anni 1742 – 1758 (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 76).
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 59, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 115. 59. LEGGIO |
Argento cesellato cm 45×31 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e FB Argentiere trapanese della seconda metà del XVIII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
Il leggio pubblicato dall’Accascina (I marchi…, 1976, p. 196) è “composto da fasce lisce elegantemente intrecciate” e reca lo “stemma di Trapani. Le lettere DVI, la falce e la corona (…) incluse in uno stesso contorno”. L’Accascina (ibidem), inoltre, è incerta riguardo al marchio FB che è presente in un altro leggio ornato da fregi sbalzati e cesellati e si trova a Trapani nella chiesa di Santa Maria del Soccorso. Infatti “la sigla FB potrebbe far pensare alle iniziali dell’argentiere Francesco Buzzo (documentato al 1756)” ma la evidente differenza stilistica “rende perplessi” nell’attribuire allo stesso argentiere anche questo leggio. L’opera si distingue da quelle coeve proprio per la raffinata realizzazione lineare.
Bibliografia: M. Accascina, 1976, p. 196. |
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P. Allegra, scheda n. 60, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 116. 60. PIATTO |
Argento sbalzato, cesellato e inciso Ø cm 46 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e GC Iscrizione: D. ANGELA BENEDETTA MAZZOLENA Stemma nobiliare (braccio con mazza e attorno tre gigli) Argentiere palermitano della seconda metà del XVIII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di Santa Veneranda
Il piatto, di gusto tardo barocco, di forma rotonda, al centro reca un cerchio rilevato contenente uno stemma nobiliare inciso che raffigura un braccio con una mazza e tre gigli, coronato da fregi sbalzati e cesellati. Sul bordo del piatto troviamo il marchio di Palermo, la sigla GC, e altre cifre poco leggibili, 53 o 63, forse 1753 o 1763. Dietro il bordo è incisa l’iscrizione su citata, che indica la donatrice dell’opera, A. Benedetta Mazzolena, appartenente forse al casato dello stemma che si trova inciso. L’Accascina (I marchi…, 1976, p. 63) identifica le lettere VC con un probabile console attivo nel 1798 di nome Vincenzo Curiale, che marchiò VC 98 una “grande pisside usata come urna del Santo Sepolcro, sita nella Chiesa Madre di Calatafimi”. Identica iscrizione, uguale stemma, nonché una certa somiglianza stilistica si trova nella brocca con cui il piatto parrebbe far coppia (cfr. scheda n. 61). Nello stesso Tesoro della Cattedrale di Mazara del Vallo, sempre provenienti dalla chiesa di Santa Veneranda, sono due candelieri inediti che recano sulla base l’iscrizione che si riferisce alla stessa donatrice.
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 61, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 116. 61. BROCCA |
Argento sbalzato, cesellato e inciso h. cm 20 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e CCC ADA Iscrizione (sotto la base): D. ANGELA BENEDETTA MAZZOLENA Stemma nobiliare (braccio con mazza e attorno tre gigli) Console Carlo Caraffa (?) e argentiere trapanese della seconda metà del XVIII secolo, Antonio Daidone (?) Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di Santa Veneranda
La brocca è ornata da baccelli nella parte inferiore e da un bordo con fregi in quella superiore. Al centro reca inciso uno stemma nobiliare. Alla base e in alto, lungo il fregio del bordo dell’opera, sono visibili il marchio di Trapani e le lettere CCC ADA, già noti all’Accascina perché presenti in due pissidi e in un calice del monastero di Santa Caterina a Mazara del Vallo, marchiate Trapani. La studiosa ritiene inoltre che “probabilmente la sigla ADA si riferisce ad Antonio Daidone capostipite di una famiglia di argentieri” e che le lettere CCC “indichino Carlo Caiazza console” (M. Accascina, I marchi…, 1976, p. 195). Queste ultime iniziali potrebbero piuttosto riferirsi a Carlo Caraffa, documentato console negli anni 1748-49, 1751-52, 1753-54, 1757-58, 1760-61, 1774-75, 1776-77, 1785-86 e 1786-87 (A. Precopi Lombardo, L, Novara, Argenti…, 1992, p. 238). La sigla ADA è inoltre presente in un “bicchiere ornato da stemma a Trapani in casa privata” (M. Accascina, I marchi…, 1976, p. 195), che stilisticamente è molto simile all’acquamanile qui preso in esame, ed anche in una teca sempre del monastero di Santa Caterina di Mazara, entrambi recanti il marchio di Trapani. L’Accascina (ibidem) data una delle due pissidi su citate fra il 1737 ed il 1741. Stilisticamente l’acquamanile è di impianto tardo-rinascimentale, ma con decorazioni di gusto barocco.
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 62, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 116. 62. QUATTRO CORNICI DA CARTAGLORIA |
Argento sbalzato e cesellato cm 32×28 Marchio ADA Stemmi nobiliari Argentiere trapanese della seconda metà del XVIII secolo, Antonio Daidone (?) Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di Santa Veneranda
Le cornici, in stile tardo-barocco, sono ascrivibili, in base al marchio ADA, all’argentiere Antonio Daidone, che ha lavorato nel trapanese e in particolare a Mazara, anche se le opere non recano il marchio di Trapani. Si rileva infatti la stessa sigla ADA nella brocca dello stesso Museo recante pure lo stemma di Trapani (cfr. scheda n. 61). Hanno forma frastagliata con motivi fitomorfi e volute che creano un effetto decorativo movimentato. In basso al centro si trova uno stemma nobiliare non bene identificato (manca in una delle cornici). È possibile che il nucleo originario fosse composto, infatti, da tre cornici, secondo le necessità dell’uso liturgico, e che la quarta facesse parte di un altro complesso analogo.
INEDITE |
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P. Allegra, scheda n. 63, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 117. 63. PACE |
Argento dorato sbalzato e cesellato cm 16×13 Stemma del vescovo Ugone Papè Valdina (aquila coronata) Argentiere siciliano degli anni 1772-1791 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera reca al centro una formella entro cui è raffigurato l’Ecce Homo. Attorno si trovano testine di cherubini e festoni di gusto rococò. Alla base, in centro, è lo stemma del vescovo Ugone Papè Valdina (1772-1791) A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, pp. 77-78). Anche se non vi si rileva alcun marchio è ascrivibile ad argentiere siciliano della seconda metà del XVIII secolo. Nello stesso Museo Diocesano di Mazara del Vallo è una pace più antica ove è raffigurato pure l’Ecce Homo (cfr. scheda n. 34), già nella chiesa Madre di Castelvetrano. Reca pure lo stesso soggetto una copertina di testo liturgico proveniente dal tesoro della Cattedrale di Mazara (cfr. scheda n. 42).
INEDITA |
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P. Allegra, scheda n. 64, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 117. 64. VASETTO PER LA PURIFICAZIONE |
Argento sbalzato cesellato e inciso Vassoio cm 26×18, teca h. cm 15 Marchio: VD Iscrizione: P: HI: 9: II SS.MO VIATICO Argentiere siciliano della seconda metà del XVIII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
La teca, con coperchio, è ornata da radi fregi fitomorfi di gusto rococò. Il vassoio, di forma ovale, ha quattro fregi sul bordo e quattro piedi che lo sorreggono che riprendono i motivi decorativi della teca. Sulla coppa della teca e sul piatto si trova il marchio VD, indicante l’argentiere, purtroppo non identificabile, ma verisimilmente siciliano e attivo nella metà del XVIII secolo.
INEDITA |
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P. Allegra, scheda n. 65, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 117. 65. BUSTO DEL REDENTORE |
Argento sbalzato e cesellato con parti fuse, base in rame e pietre colorate cm 44×80 Marchio: AB 76 VD Stemma vescovile con iscrizione: HUGO EPUS Argentiere palermitano del 1776 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera è presente nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi): “Una medaglia ossia mezzo busto d’argento rappresentante il SS. Salvatore sopra piede di rame lavorato avente nelle basi una croce e viti di ferro, la quale immagine tiene in mano una palla con croce d’argento e 23 pietre cristallo fastuchino incise nella croce come fu lasciata da M. Papè”. Il Redentore ha la mano destra benedicente e con la sinistra sostiene il globo terrestre, sormontato da una croce. All’altezza del petto è applicata una fibbia con pietre colorate incastonate. La base in rame presenta lobi scavati e decorazioni incise raffiguranti dei gigli. Sul retro è lo stemma vescovile con l’iscrizione incisa HUGO EPUS (Ugone Papè 1772-1791) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 77). Sull’aureola, sul braccio e nel busto sono le sigle AB 76 VD. Anche se è assente il marchio di Palermo, si può con certezza affermare che l’opera è di fattura palermitana in relazione all’analisi riguardante il reliquiario a busto dei Santi Vito, Modesto e Crescenzia che reca pure le sigle AB 76 VD con l’aggiunta del marchio di Palermo (cfr. scheda n. 66). Si può quindi concludere che lo stesso argentiere VD, forse Vincenzo Damiano, documentato al 1762 (cfr. scheda n. 67), ha realizzato entrambi i busti e che lo stesso console AB li ha siglati nel 1776. Ciò è confermato anche in base ai raffronti stilistici.
Bibliografia: G.B. Quinci, 1916, p. 58. |
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P. Allegra, scheda n. 66, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 118. 66. RELIQUIARIO A BUSTO DI SAN MODESTO, SAN VITO E SANTA CRESCENZIA |
Argento sbalzato e cesellato con parti fuse cm 68×34 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e AB 76 VD Iscrizione: SS. MARTIRIBUS VITO MODESTO CRESCENTIAE CIVIBUS PATRONIS MAZARIAE PRAESENTISSIMIS HUGO EPISCOPUS SOLEMNIIS MUNICIPALIBUS STATUIT Argentiere palermitano del 1776 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera è presente nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi): “Mezzo busto rappresentante S. Vito M. con in capo il diadema ed in mano la palma e croce d’argento ed in petto la sua reliquia e dei SS. Modesto e Crescenzia, sopra piede stallo di rame lavorato con croce e viti di ferro”. Il busto ha un abito romano e regge nella mano sinistra tralci fitomorfi, nella destra una croce. La base presenta l’iscrizione su citata che ne attesta la donazione da pane del vescovo Ugone Papè di Valdina (1772-1791) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, pp. 77-78). Sull’aureola si trova l’aquila a volo alto di Palermo e le sigle AB 76 VD. La sigla AB 76 si riferisce al console che marchiò l’opera. Potrebbe trattarsi dell’argentiere Antonino Bagnasco documentato al 1762-75, o di Alessandro Balsamo documentato al 1796, o di Antonino Basile documentato al 1762, o di Alessandro Birrittella documentato al 1796, o di Antonio Bua documentato al 1792 (L. e N. Bertolino, Indice…, in Ori…,1989, pp. 398-399). La data si evince dai numeri 76 corrispondenti alle due ultime cifre dell’anno 1776. La stessa sigla AB 76 affiancata dallo stemma di Palermo è presente in un calice che si trova nella chiesa Madre di Caccamo (M. Accascina, I marchi…, 1976, p. 61). Il busto riprende moduli stilistici diffusi nel primo Seicento, periodo di maggiore produzione di questa tipologia di reliquiari e trova un puntuale raffronto nel busto di Santa Rosalia, datato 1626 (cfr. scheda n. 15). L’opera è stata realizzata dagli stessi argentieri del busto del Redentore (cfr. scheda n. 65).
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 67, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 118. 67. CALICE |
Argento dorato sbalzato e cesellato cm 27×15 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) AC, (N) G 77 sulla base VD, (N) G 77 sulla coppa Console Nunzio Gino (?) e argentiere palermitano del 1777 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
Il calice è ornato da volute e decorazioni fitomorfe che dalla base salgono avvolgendosi a spirale fino a costituire il fusto, che presenta due nodi, proseguendo fino a metà della coppa. L’opera è un finissimo esempio dello stile rococò. In essa si trovano i marchi di Palermo, AC G 77 e VD G 77. Potrebbe trattarsi del console Nunzio Gino, documentato per tale carica al 1758, al 1763, al 1771 e al 1779 (S. Barraja, La maestranza…, in Ori…, 1989, p. 377). Le iniziali di due argentieri AC e VD rimandano a due artisti diversi, che realizzarono l’opera. Tra gli argentieri dalle iniziali AC del periodo si ricordano: Andrea Cipolla, documentato dal 1761 al 1776; Antonino Cannizzaro, documentato dal 1727 al 1775; Antonino Carbone, documentato dal 1727 al 1775; Antonino Carlotta, documentato dal 1762 al 1775; Antonino Castagnetta, documentato al 1775 (L. e N. Bertolino, Indice…, in Ori…, 1989, pp. 399-400). L’argentiere VD potrebbe essere Vincenzo Damiano, documentato al 1762 (ibidem). La certa datazione al 1777 permette inoltre di ipotizzare che il calice sia stato commissionato e poi donato alla Cattedrale di Mazara dal vescovo palermitano Ugone Papè di Valdina (1772-1791) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, pp. 77-78).
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 68, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 118. 68. MAZZA CAPITOLARE |
Argento sbalzato, cesellato e inciso con parti fuse h. cm 104 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e DGG 78 VD Iscrizione: ANNO 1778 CAPITULUM CATHEDRALIS REGALIS ECCLESIAE MAZARIENSIS Argentiere palermitano del 1778 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera, di gusto tardo-barocco, è costituita da un bastone cilindrico e da un nodo in cima che presenta tre facce in cui sono raffigurati i Santi Giovanni, Pietro e Vito, incorniciati da volute oltre le quali sono delle piccole incisioni con motivi floreali. Sugli spigoli sono volute e foglie; al di sopra di ogni faccia è una conchiglia. In cima al nodo si trova una statuetta a tutto tondo del Redentore benedicente. Su una delle facce e sul fusto in alto si rileva il marchio di Palermo con aquila a volo alto e le sigle DGG 78 VD che consentono di datare l’opera con certezza al 1778, ma non di identificare il console e l’argentiere, già incontrato nel calice dello stesso Museo (cfr. scheda n. 67). Sul fusto è l’iscrizione su citata, che conferma la data sopra detta, ripetuta sul marchio, e che rientra nel periodo del vescovado di Ugone Papè di Valdina (1772-1791) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 77). L’opera è raffrontabile con la mazza dei giurati del Museo Civico A. Cordici di Erice, opera di argentiere palermitano del 1777 (cfr. L. Novara, scheda n. II, 220, in Ori…, 1989, pp. 336-37).
INEDITA |
P. Allegra, scheda n. 69, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 119. 69. COPPIA DI CORONE DA STATUA |
Argento sbalzato e cesellato, con parti fuse cm 34×23, cm 23×17 Marchio di Trapani (falce coronata e lettere DVI) e MMC NP Argentiere trapanese della seconda metà del XVIII secolo, Nicola Parisi (?) Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di Santa Veneranda
Le corone, che dovevano in origine ornare verosimilmente una statua della Madonna con il Bambino, si presentano in stile rococò, costituite da un anello da cui si dipartono quattro volute convergenti sovrastate da una sfera e una croce. Decorazioni con motivi fitomorfi si ripetono sulla base e nelle volute. Sulla base si trova il marchio di Trapani e le lettere MMC NP. Le lettere MMC indicano certamente il console, che potrebbe essere Matteo Marceca, documentato per tale carica al 1779-80 (notizia gentilmente fornita da A. Precopi Lombardo), mentre le lettere NP rinviano con ogni probabilità all’argentiere Nicola Parisi (M. Accascina, I Marchi…, 1976, pp. 197-198), operante a Trapani e autore dell’urna del Santo Sepolcro del Santuario della SS. Annunziata di Trapani datata 1791 e di un calice d’argento dorato della chiesa di Santa Maria del Soccorso del 1795. È dunque evidente che Nicola Parisi lavora certamente nell’ultimo decennio del XVIII secolo, in particolare nella provincia di Trapani, dove esegue anche una brocca oggi conservata nel Museo Civico A. Cordice di Erice (L. Novara, scheda II, 205, in Ori…, 1989, p. 324) e che stilisticamente può in parte essere messa in relazione con le corone in questione. L’argentiere, che fa parte di un’importante famiglia trapanese, è documentato dal 1756 al 1792 (ibidem).
INEDITE |
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P. Allegra, scheda n. 70, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 119. 70. CALICE |
Argento dorato sbalzato e cesellato h. cm 24 Stemma del vescovo Ugone Papè (aquila coronata) Argentiere siciliano degli anni 1772-1791 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
Il calice presenta sottili e fitti fregi fitomorfi e festoni su tutta la superficie. Sulla base sono presenti tre piccoli medaglioni che contengono uno la scritta INRI, un’altro la corona di spine, il terzo i chiodi. Sul calice si ripete il motivo dei tre medaglioni recanti rispettivamente i dadi, la colonna, il velo. Sono dunque espressi diversi simboli della passione. L’opera, in stile tardo-barocco ma con elementi neoclassici, è probabilmente di fattura siciliana, databile alla fine del secolo XVIII. Lo stemma del vescovo Ugone Papè di Valdina (1772-1791) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 77) inciso sotto la base, è un punto di riferimento per la datazione. Il calice infatti non reca marchi.
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 71, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 119. 71. VASSOIO |
Argento dorato sbalzato, cesellato e inciso cm 19×32 Stemma del vescovo Ugone Papè (aquila coronata) Argentiere siciliano degli anni 1772-1791 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
Il vassoio ha forma allungata ed il bordo ondulato a sbalzo; fregi e volute realizzate a cesello sono presenti su tutta la superficie. Al centro del vassoio è uno stemma vescovile raffigurante un’aquila sormontata da una corona ed una croce del vescovo Ugone Papè di Valdina (1772-1791) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 77), palermitano, che commissionò l’opera e la donò alla Cattedrale durante gli anni del suo vescovado a Mazara del Vallo e probabilmente ne ordinò la fattura ad una bottega della propria città natale, anche se non si rinviene alcun marchio. L’opera, in elegante stile tardo-barocco, contribuisce ad arricchire la collezione di piatti che i vescovi, succedutisi nella Diocesi di Mazara del Vallo, hanno lasciato nel tesoro della Cattedrale contraddistinguendoli con i loro stemmi.
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 72, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 120. 72. SERVIZIO DA LAVABO |
Argento dorato sbalzato e cesellato con parti fuse Brocca cm 22×25, vassoio cm 46×34 Marchio di Roma (chiavi di San Pietro) Stemma del vescovo Ugone Papè (aquila coronata) Argentiere romano degli anni 1772-1791 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’acquamanile ha una base ovoidale e presenta decorazioni fitomorfe sul corpo, sulla base e sul coperchio. La forma del corpo è panciuta e si accentua all’altezza del beccuccio e del manico entrambi ricurvi e con andamento articolato. Il vassoio di forma ovoidale ha il bordo movimentato e decorato da minuti fregi fitomorfi e testine di cherubini alate. Al centro del vassoio è inciso lo stemma del vescovo Ugone Papè di Valdina (1772-1791) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 77). La raffinata opera, in stile classicheggiante, presenta sulla base della brocca il marchio di Roma con le chiavi di San Pietro. Il vescovo, dunque, per la raffinata opera predilesse maestri .romani.
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 73, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 120. 73. PISSIDE DA VIATICO |
Argento dorato sbalzato e cesellato cm 12×10 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e C DDL 8 Iscrizione: SUOR BENEDETTA ERRANTE 1787 Argentiere palermitano del 1787 Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di Santa Veneranda
La pisside portatile è di forma rotonda col bordo a tondini, realizzati con la tecnica della granulazione, e tre piedini a forma di zampa di leone. Il coperchio reca fregi fitomorfi, testine di cherubini alate e tre volute rilevate. All’interno del coperchio sono il marchio di Palermo e le sigle CN e DDL 8 indicanti l’argentiere ed il console non identificabili, e la penultima cifra dell’anno, che si trova però intero nell’iscrizione posta sotto la teca, su citata, cioè il 1787, dove è indicato che l’opera fu donata alla Chiesa da suor Benedetta Errante. La certa datazione riporta agli anni del vescovado di Ugone Papè di Valdina (1772-1791) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 77) anche se l’opera proviene dalla chiesa di Santa Veneranda. Stilisticamente la pisside portatile si inserisce per i motivi decorativi nel periodo di transizione fra tardo-barocco e neoclassicismo.
INEDITA |
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P. Allegra, scheda n. 75, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 121. 75. VASSOIO CON MANICI |
Argento sbalzato, cesellato e inciso cm 55×34 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e DDM 89 Stemma del vescovo Orazio La Torre (una torre affiancata da due leoni rampanti e sormontata da tre gigli ed un’aquila bicipite) Console Diego di Maggio 1789 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
Il vassoio, di gusto tardo barocco, ha forma rettangolare, il bordo è ondulato e ornato da fregi. Dietro, sul bordo, si trova il marchio di Palermo e la sigla DDM 89 che indica il console Diego di Maggio documentato al 1789 (S. Barraja, La maestranza…, in Ori…, 1989, p. 377), e presente in diverse suppellettili sacre dello stesso Museo (cfr. schede nn. 76, 77, 78, 80, 81). Poiché mancano le iniziali dell’argentiere lo stesso console Diego Di Maggio potè essere l’autore dell’opera. Lo stemma inciso sull’opera appartiene ad Orazio Della Torre, che fu vescovo della città di Mazara del Vallo dal 1792 al 1811 (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 78). Il contrasto fra la datazione del marchio, 1789 che si riferisce al periodo del vescovado di Ugone Papè (1772-1791) (A. Rizzo Marino, ibidem), si può spiegare considerando una fattura dell’opera antecedente al suo acquisto e alla sua donazione, effettuata successivamente dal vescovo La Torre che fece incidere sul vassoio il proprio stemma vescovile.
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 76, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 121. 76. PASTORALE CON SAN VITO |
Argento sbalzato, cesellato e inciso con parti fuse h. m. 1,78 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e DDM 89 MCC FL Console Diego di Maggio 1789 e argentieri palermitani del 1789 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera è presente nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi): “Un bacolo d’argento con suo crocco d’oro, contenente nel mezzo la statua di S. Vito”. Il manico ricurvo è decorato con motivi fitomorfi sporgenti e si svolge a spirale terminando con una statuetta a tutto tondo di San Vito in centro realizzato a fusione. Il bastone terminante con un nodo è decorato con motivi floreali e fitomorfi incisi. Sul manico si trovano il marchio di Palermo e le sigle DDM 89 MCC FL, che certificano la data 1789 in cui il console Diego di Maggio, palermitano, marchiò l’opera (M. Accascina, I marchi…, 1976, p. 62), e presenti in diverse opere dello stesso Museo (cfr. schede nn. 75, 77, 78, 79, 80 e 81). Non identificabili restano invece le sigle degli argentieri MCC e FL. Nel 1789 era vescovo di Mazara Ugone Papè di Valdina (1772-1791) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 77), palermitano, che può aver commissionato e donato l’opera.
Bibliografia: A. Rizzo Marino, 1980, p.42. |
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P. Allegra, scheda n. 77, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 121. 77. SERIE DI QUATTRO CANDELIERI |
Argento sbalzato e cesellato h. cm 26 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e M 89 Stemma del vescovo Orazio La Torre (due leoni ed una torre) Console Diego Di Maggio 1789 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
I candelieri hanno base tondeggiante, il fusto lavorato con scanalature e radi motivi fitomorfi sulla base e sul portacandele, sulla base recano inciso lo stemma del vescovo Orazio Della Torre (1792-1811) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 78), palermitano che evidentemente commissionò i candelieri e successivamente li donò alla Cattedrale aggiungendovi il suo stemma vescovile. Sulla base dei candelieri si trova il marchio di Palermo e la sigla incompleta M 89 indicante il console Diego Di Maggio (DDM) documentato al 1789 (S. Barraja, La maestranza..., in Ori…, 1989, p. 377). Questo console marchiò diverse opere dello stesso Museo (cfr. schede nn. 78, 79, 80 e 81) e di alcune, ove manca la sigla dell’argentiere, come questi candelieri, potè anche essere l’autore. I candelieri presentano uno stile tardo-barocco.
INEDITI |
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P. Allegra, scheda n. 78, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 122. 78. SERIE DI QUATTRO PIATTI |
Argento cesellato e inciso Ø cm 26 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e DDM 89 Stemma del vescovo Orazio La Torre (una torre affiancata da due leoni rampanti e sormontata da tre gigli ed un’aquila bicipite) Console Diego di Maggio 1789 e argentiere palermitano del 1789 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
I piatti hanno forma rotonda e bordo ondulato con fregi a cesello. In centro è lo stemma del vescovo La Torre (1792-1811) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 78), di cui è presente nel Tesoro della Cattedrale di Mazara del Vallo un ricco servizio comprendente anche alzate e vassoi di varie forme (cfr. schede nn. 79, 80). Sul bordo nel verso è il marchio di Palermo e le lettere DDM 89 che indicano il console Diego Di Maggio che nel 1789 marchiò i piatti. Questi, alla stessa data, marchiò in qualità di console un paliotto d’altare della Cattedrale di Agrigento (M. Accascina, I marchi…, 1976, p. 62). Diverse altre opere con il marchio di questo console sono nello stesso Museo (cfr. schede nn. 75, 76, 77, 79, 80 e 81). Nel 1789 era vescovo di Mazara Ugone Papè di Valdina (1772-1791) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 77), ma lo stemma del La Torre indica che quel vescovo verisimilmente già possedeva l’opera e, facendovi aggiungere il suo stemma, la donò alla Cattedrale.
INEDITI |
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P. Allegra, scheda n. 79, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 122. 79. SERVIZIO DA LAVABO |
Argento sbalzato e inciso Brocca h. cm 23, bacile cm 43×28 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e DDM 89 Stemma del vescovo Orazio La Torre (una torre affiancata da due leoni rampanti e sormontata da tre gigli ed un’aquila bicipite) Console Diego di Maggio 1789 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera è presente nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi): “Una palangana concava e suo bocale” del vescovo La Torre. Il vassoio di forma ovoidale è a larghi lobi, mentre la brocca ha forma allungata, un manico decorato da ovuli a rilievo effettuati con la tecnica della granulazione e reca inciso lo stemma del vescovo La Torre (1792-1811) (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 78) anche se la data dell’opera rimanda al periodo del vescovado di Ugone Papè di Valdina (1772-1791) (A. Rizzo Marino, ibidem). Sotto la base dell’acquamanile si trova il marchio di Palermo e la sigla DDM 89 del console palermitano Diego di Maggio documentato al 1789 (S. Barraja, La maestranza…, in Ori…, 1989, p. 377) e che ha marchiato, tra l’altro, diverse opere presenti in questo Museo (cfr. schede nn. 75, 76, 77, 79, 80, 81) e alcune, in cui mancano le iniziali dell’argentiere, come il presente servizio da lavabo, che ha forse anche realizzato personalmente.
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 81, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 123. 81. PALMATORIA |
Argento sbalzato, cesellato e inciso cm 29 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e DDM 89 Stemma del vescovo Orazio La Torre (una torre affiancata da due leoni rampanti e sormontata da tre gigli ed un’aquila bicipite) Console Diego di Maggio 1789 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera, presente nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi), ha forma allungata e poggia su due piedini. Il portacandela è ornato da motivi fitomorfi incisi. Nella parte terminale della palmatoria è inciso lo stemma vescovile con una “torre accostata da due leoni controrampanti coronati, sormontati da tre gigli e da un’aquila bicipite coronata in ambo le due teste” (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, pp. 43-44) appartenente al vescovo Orazio Della Torre (1792-1811) (A. Rizzo Marino, ibidem) che donò l’opera. Sulla base si trovano il marchio di Palermo e le sigle DDM 89. L’Accascina (I marchi…, 1976, p. 62) segnala questa sigla in un paliotto d’altare sito nella Cattedrale di Agrigento marchiato Palermo e la decifra con le iniziali del console Diego di Maggio. La datazione del paliotto della Cattedrale agrigentina è del resto anch’essa 1789, come di altre opere del Museo (cfr. schede nn. 75, 76, 77, 79, 80).
INEDITA |
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P. Allegra, scheda n. 82, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 123. 82. CALICE |
Argento dorato sbalzato e cesellato, parti fuse h. cm 31 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e A 95 Iscrizione: HORATIUS DE LA TORRE REPARATAE SALUTIS 1795 EX PRINCIPIBUS TURRIS MAZARENSIS ANTISTES Argentiere palermitano del 1795 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera è presente nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi) ed è descritto come un “Calice d’argento dorato lavorato a rabischi coll’armi di M. Torre”. Il calice, di stile neoclassico, è ornato sulla coppa da baccelli a rilievo e da .delicati motivi fitomorfi che si ripetono sul fusto e sulla base. Nel nodo di raccordo tra il fusto e la coppa e nella base sono dei piccoli festoni. L’opera presenta il marchio di Palermo e la sigla A 95, dove la A indica l’iniziale del console seguita dalle ultime due cifre dell’anno che è dunque il 1795; del resto ce ne da conferma l’iscrizione su citata, posta sotto la base, che certifica inoltre che il calice fu un dono del vescovo di Mazara del Vallo Orazio Della Torre (1792-1811) (A, Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 78), palermitano, il quale evidentemente commissionò l’opera ad un argentiere della propria città d’origine.
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 83, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 123. 83. CALICE |
Argento sbalzato e cesellato cm 26×16 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e AP 9. Argentiere palermitano del decennio 1790-99 Provenienza: Mazara del Vallo, chiesa di Santa Veneranda
Il calice presenta decorazioni geometrizzanti; sulla base circolare sono delle volute raccordantisi al fusto che ha due nodi e reca anche rade decorazioni floreali. L’opera, in stile neoclassico, esce certamente, come indica il marchio di Palermo, da una bottega palermitana. Le lettere AP poste sulla base, seguite in genere dalle ultime due cifre dell’anno, di cui, nel nostro caso, è leggibile solo la prima, cioè il 9, fanno datare l’opera nel decennio 1790. Il console AP potrebbe essere Antonino Pampillona documentato dal 1762 al 1796 (L. e N. Bertolino, Indice…, in Ori..:, 1989, p. 403). Se si prende in considerazione come certa datazione l’ultimo decennio del 1700, si deve tenere presente che il 13 gennaio del 1791 muore il vescovo di Mazara del Vallo Ugone Papè di Valdina e subentra il palermitano Orazio della Torre reggendo il vescovado fino al 1811 (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 78). Anche se il calice proviene dalla chiesa di Santa Veneranda, in questa chiesa il La Torre ebbe visione del movimento degli occhi della “Madre di Dio, ritratta in una tela del Cav. Sebastiano Conca, la sera del 3 novembre 1797, nella casa degli esercizi e poi in Cattedrale e nelle tre chiese monastiche di San Michele, Santa Venera e Santa Caterina (…) e l’avvenuto prodigio venne ripetutamente osservato nemine discrepante” (A. Rizzo Marino, ibidem).
INEDITO |
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P. Allegra, scheda n. 84, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 124. 84. PALMATORIA |
Argento sbalzato e cesellato con parti fuse cm 29 Marchio SR. Argentiere siciliano della fine del XVIII secolo Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera presenta una vaschetta rotonda ed un manico decorato con motivi fitomorfi realizzati a cesello e leggero sbalzo. Di stile tardo-barocco, si potrebbe ascriverla ad una bottega palermitana, ma si trova sul manico soltanto il marchio SR, indicante forse l’argentiere, purtroppo non identificabile, seguito da un’altra lettera non leggibile e tracce di un altro marchio non chiaramente distinguibile. Qualora si trattasse della testina di Cerere l’opera sarebbe stata realizzata dopo la soppressione della maestranza (1822, cfr. scheda n. 88).
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P. Allegra, scheda n. 89, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 125. 89. OSTENSORIO |
Argento dorato sbalzato e cesellato con parti fuse e diamanti, smeraldi, ametiste, topazi, piccole perle e granato. h. cm 52 Marchi VB GP CL Iscrizione: D. ORATIO LA TORRE VESCOVO Argentieri siciliani degli anni 1792-1811 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera è presente nell’inedita Statistica dell’esistenza dei Beni della Cattedrale di Mazara del Vallo del 1917 (Archivio della Diocesi) come un’ostensorio “d’argento dorato con pietre all’intorno del disco, e con un nastro di pietre topazio e diamanti fatto sopra l’asse ereditario di M. Torre per sua disposizione…”. L’ostensorio, in stile neoclassico, ha una base mistilinea che è raccordata al fusto da quattro festoni. Il fusto presenta più nodi. Sul punto di raccordo tra il fusto e la teca porta ostia, circondata dalla raggiera, è una decorazione applicata simulante tre fiori costituiti da una grossa ametista e due topazi, costellati da piccoli brillanti. Vi sono anche grappoli d’uva costituiti da piccolissime perle e foglie. La teca porta ostia presenta attorno una interessante decorazione floreale realizzata con piccoli brillanti incastonati, seguono degli smeraldi alternati lungo il bordo e la raggiera. L’ostensorio fu certamente donato dal vescovo Orazio Della Torre, come del resto conferma l’iscrizione su citata posta sotto la base. La datazione dell’opera, dunque, rientra negli anni del suo vescovado che vanno dal 1792 al 1811 (A. Rizzo Marino, La Cattedrale..., 1980, p. 78). Purtroppo l’opera non reca alcun marchio che possa indicarne il centro di produzione, ma Orazio Della Torre era palermitano ed è verosimile pensare che si rivolgesse a maestri della sua città, e “morendo lasciò al tesoro della Cattedrale l’argento, il pontificale ricamato in oro, il pastorale ed un preziosissimo ostensorio” (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 44). Sulla base dell’ostensorio si trovano le lettere VB GP CL, che indicano che l’opera è il frutto della collaborazione di tre argentieri.
Bibliografia: A. Rizzo Marino, 1980, p. 44. |
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P. Allegra, scheda n. 90, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993, p. 126. 90. PASTORALE |
Argento sbalzato e cesellato, con parti fuse h. m 1,90 Marchio di Palermo (aquila a volo alto e lettere RUP) e 1801 Argentiere palermitano del 1801 Provenienza: Mazara del Vallo, Cattedrale
L’opera consta di un bastone cilindrico terminante con un nodo tondeggiante a baccelli scavati cui si collega la parte terminale che si svolge a spirale con baccelli rilevati, rade foglie ricurve e culmina con un piccolo vaso centrale realizzato a fusione di stile ormai neoclassico. Il pastorale reca il marchio di Palermo e la data 1801. Simile è il pastorale dello stesso Museo che presenta al centro un fiore (cfr. scheda n. 96). La datazione dell’opera rientra negli anni del vescovado di Orazio della Torre 1792-1811 (A. Rizzo Marino, La Cattedrale…, 1980, p. 78).
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Bibliografia citata |
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