Museo Querini Stampalia

Il Museo Querini Stampalia di Venezia

 

di Cristina Costanzo

 

Il Museo Querini Stampalia è un pregevole esempio di casa nobiliare veneziana che conserva uno straordinario patrimonio artistico.

I Querini Stampalia, famiglia tra le più insigni del patriziato fondatore della città di Venezia, furono estimatori e appassionati d’arte per intere generazioni nonché mecenati capaci di costituire una collezione di alto profilo con opere di artisti come Pietro Longhi, Marco Ricci, Giovanni Bellini, Palma il Giovane e molti altri. Il Museo Querini Stampalia oggi custodisce, all’interno di eleganti ambienti arredati con mobili della Serenissima Repubblica, una importante collezione di arti figurative e decorative che raccoglie dipinti, sculture, incisioni, stucchi, affreschi, tappezzerie, lampadari di Murano, arredi e porcellane.

Le origini della famiglia Querini Stampalia sono molto antiche; i discendenti del ramo di Santa Maria Formosa dapprima noti anche come “Zii” (gigli) in riferimento al loro stemma, nel 1808, per volontà di Alvise Querini che voleva distinguersi da un omonimo, aggiunsero al proprio cognome il titolo Stampalia, dal nome dell’isola dell’Egeo di loro proprietà.

Nella città lagunare il casato è indissolubilmente legato a un luogo, il Campo Santa Maria Formosa, dove ha sede il Palazzo Querini Stampalia. La famiglia vi si era insediata a partire dal ’300 ma il Palazzo venne realizzato nel ’500 seguendo lo stile delle architetture di Mauro Coducci.

Il Palazzo, oggi preziosa dimora storica, offre al proprio pubblico di appassionati e cultori una biblioteca di oltre 30.000 volumi, già appartamento del conte Giovanni, nota come “la biblioteca dei veneziani”, un’area espositiva e interventi di prestigiosi architetti contemporanei.

I lavori di costruzione del Palazzo commissionato da Nicolò Querini risalgono al 1514 e proseguono con il nipote Francesco per la prima metà del secolo sia negli interni sia nella facciata, elemento architettonico attraverso il quale le famiglie affermavano il proprio ruolo sociale e politico. È possibile collocare tra il 1660 e il 1710 l’unificazione, avvenuta mediante un ponte aereo, delle due antiche case da stazio cinquecentesche acquistate nel 1614 e nel 1654. Un intervento altrettanto importante venne messo in atto nella seconda metà del ’700, in occasione delle nozze di Alvise Querini con Maria Teresa Lippomano, e riguardò gli interni e la commissione di nuove opere d’arte. Nel 1788 Andrea Querini e il figlio Zuanne avviarono un nuovo progetto per l’ingrandimento e il restauro del Palazzo. I lavori affidati ad Antonio Solari e poi a Girolamo Vianello coinvolsero per gli aspetti decorativi, fondamentali per affermare la ricchezza della famiglia, Jacopo e Vincenzo Guarana e Davide Rossi, Giuseppe Barnardino Bison in qualità di ornatista, Domenico Sartori come doratore e gli stuccatori Giuseppe e Pietro Castelli. Nel 1849 il patriarca Jacopo Monico, che dal 1835 aveva preso in affitto il secondo piano, fu accusato di aver sottoscritto una petizione per la resa degli austriaci e assalito dai patrioti del Circolo Italiano che saccheggiarono l’edificio provocando la perdita di beni e oggetti preziosi[1]. Infine, nel 1869 Palazzo Querini Stampalia divenne la sede dell’omonima fondazione, tra le più antiche in Italia[2].

A prescindere dai numerosi interventi di restauro documentati è nota l’abitudine della famiglia ad apportare modifiche in occasione di lutti e matrimoni. Tale prassi dimostra l’assenza di un progetto unitario e la tendenza a procedere con una serie di interventi parziali volti ad apportare migliorie ed abbellimenti legati alle esigenze di chi abitava la dimora.[3] Anche nel corso del XX secolo il Palazzo ha ispirato progetti architettonici importanti. Nel 1963 è stato inaugurato il celebre restauro di Carlo Scarpa[4]; tra il 1982 e il 1997 Valeriano Pastor ha realizzato una scala, un varco di uscita e un ponte aereo di collegamento; nel 1993 Mario Botta è intervenuto sul terzo piano del Palazzo, ricavandone un’area espositiva e spazi per uffici, e sul piano terra ridisegnando gli spazi destinati al pubblico[5].

 

1. Il trionfo della Bellezza, Manifattura di Sèvres, 1796

 

Il caratteristico e sontuoso Portego, accesso originale della dimora, presenta un raffinato ciclo decorativo, commissionato a Jacopo Guarana e realizzato in occasione del già citato matrimonio tra Alvise e Maria Teresa. All’apparato decorativo raffigurante la “Allegoria dell’Aurora” con le Arti e altre allegorie di buon auspicio per i giovani sposi si alternano i raffinati ornati a stucco su fondo verde dei fratelli Giuseppe e Pietro Castelli. La sala è dominata dalla presenza del “lampadario Rezzonico” in vetro di Murano policromo. Si tratta di un importante esemplare di lampadario “ciocca” (mazzo di fiori), tipologia introdotta nel ’700 dal vetraio Giuseppe Briati in risposta ai lampadari boemi. Nello stesso ambiente si trovano una serie di busti in marmo eseguiti da Michele Fabris detto l’Ongaro, il busto del cardinale Angelo Maria Querini realizzato da Giacomo Cassetti, il “globo celeste” e il “globo terrestre” di Willem Blaeu.

 

2. Lampadario Rezzonico

 

La Sala Giovanni Bellini prende il nome dalla tavola ivi custodita “La presentazione di Gesù al Tempio”, capolavoro dalla complessa vicenda critica in cui il celebre pittore veneziano rappresenta il noto episodio evangelico. Importanti saggi pittorici vengono ospitati anche nell’ambiente successivo destinato a tavole antiche e opere di ambito giorgionesco.

 

3. Giovanni Bellini, Presentazione di Gesù al Tempio, 1469 ca.

 

Nella Sala delle Tavole, decorata dall’affresco “Coppia di amorini con corone d’alloro”, si possono ammirare “L’Incoronazione della Vergine” di Donato e Catarino del 1382, che costituisce la tavola più antica della collezione queriniana, la tempera su tavola “Crocifissione” di Michele Giambono, ultimo esponente del Gotico Internazionale, e altri pregevoli dipinti di Jacopo Negretti detto Palma il Vecchio, Vincenzo Catena, Polidoro di Mastro Renzo da Lanciano, Bernardo Strozzi e Marco Vecellio.

La pittura trionfa nella Sala della Maniera, affrescata da Jacopo Guarana nella seconda metà del ’700, che ospita “La conversione di San Paolo” di Andrea Medulich detto Lo Schiavone e un prezioso corpus di opere di Jacopo Negretti detto Palma il Giovane. Degni di nota anche lo strumento astronomico denominato “sfera armillare” e gli arredi comprendenti una coppia di mensole del XVIII secolo e una “consolle” in noce dal caratteristico piano in scagliola Carpi, di epoca precedente, con decorazioni bianche su fondo nero raffiguranti una fascia a girali con paesaggi, putti, delfini, uccelli, satiri e una scena bucolica nel rosone centrale.

La Sala della Musica, dalla ricca collezione di strumenti musicali a corda e a fiato appartenuti ai Querini, ospita uno dei nuclei più rappresentativi del museo, il ricco corpus di opere del grande interprete del ’700 veneziano Pietro Longhi[6]. Si tratta di trenta tele di piccole dimensioni, in parte commissionate dal senatore della Serenissima Andrea Querini e in parte di provenienza Donà delle Rose, che raffigurano con grazia scene di vita quotidiana, tra cui citiamo almeno “Caccia allo smergo” e “Mondo novo”. Nella stessa sala si trova la “ribalta con alzata”, raffinato mobile in legno e radica di noce con rifiniture dorate della prima metà del XVIII secolo destinato ad accogliere le collezioni di statuine da mostrare nel corso di feste e ricevimenti.

Nella Sala dei ritratti con opere di Sebastiano Bombelli, Nicolò Cassana, Luca Giordano e Girolamo Forabosco si manifesta la passione per la ritrattistica particolarmente diffusa tra i nobili veneziani. I ritratti venivano commissionati sia con funzione domestica sia per celebrare incarichi politici importanti come avviene di frequente nel ’600, momento particolarmente felice per la famiglia. Degni di nota anche il “monetiere” da tavolo in legno ebanizzato con intarsi in avorio e decorazioni a grottesca e l’esemplare di “orologio da mensola” in bronzo, tartaruga e ottone del XVIII secolo ispirato ai decori dell’ebanistra del Re Sole Charles André Boulle.

Il Salotto Giuseppe Jappelli, dedicato al maggiore esponente dello stile Neoclassico in Veneto, ospita gli arredi appartenuti a Caterina Querini Stampalia[7]. Il salotto alla pompeiana in legno laccato nero con figurine dipinte a finto intarsio trae ispirazione da modelli inglesi ed è affine agli arredi del Caffè Pedrocchi di Padova. Esso comprende un divano a forma di gondola con imbottitura in panno blu e rifiniture in ciniglia, un tavolo con piano in radica e intarsi in madreperla dove è collocato il bozzetto in creta di Letizia Ramolino Bonaparte dello scultore Antonio Canova, dieci sedie con disegni ispirati all’antico, due vetrine e una specchiera. Una delle vetrine custodisce la tazzina da caffè della prima metà del ’700 proveniente dalla prestigiosa Manifattura di Meissen e probabilmente donata ad Andrea Domenico Querini dal principe ereditario Federico Cristiano elettore di Sassonia[8]. Nella stessa sala si trovano il dipinto “La partenza del Bucintoro” di Antonio Stom, tre paesaggi attribuiti a Peeter Bolckman e l’intervento dell’artista contemporanea Elisabetta Di Maggio.

Preziosa la Sala Ottocento dedicata alla collezione di arti decorative appartenuta ai coniugi Alda Morandi e Romano Padoan, donata al Museo dal figlio Renato[9]. Tale collezione comprende porcellane, maioliche, argenti, smalti, vetri, tabacchiere e “objects de vertu”. Tra gli esemplari più significativi della collezione di porcellane provenienti dall’Italia e dall’estero citiamo il delizioso gruppo “L’amante scoperto” della manifattura di Meissen, la “tazza e piattino” con attributi rivoluzionari della manifattura di Sèvres, le porcellane settecentesche della manifattura veneziana Cozzi e quelle ottocentesche provenienti da Berlino e Vienna. Nella stessa sala è possibile ammirare una raccolta di opere degli inizi dell’800 che include i dipinti di Camillo Innocenti, Alessandro Milesi, Lino Selvatico e Guglielmo Ciardi, la tempera su carta di Alberto Pasini e la “testa di bimbo” in cera di Medardo Rosso.

La sala Scene di vita veneziana presenta sessantasette opere dell’artista Gabriel Bella, testimonianza vivace del costume e delle tradizioni veneziane nel XVIII secolo[10].

Il percorso espositivo procede con lo Studiolo dove si trovano le tele dal soggetto mitologico “Orfeo ed Euridice” e “Pan e Siringa” di Federico Cervelli, “Diana” di Francesco Ruschi e tre paesaggi di Marco Ricci dei primi del ’700. Nella sala, dal soffitto affrescato alla fine del XVIII secolo con le “Tre Grazie”, è collocata una “ribalta con alzata” del XVIII secolo, in legno impiallacciato in radica di noce, dal caratteristico motivo a doppia cupola.

A seguire si trova la raffinata Camera da letto, impreziosita dalla decorazione ad affresco in stile neoclassico eseguita per le nozze di Alvise Querini con Maria Teresa Lippomano da Jacopo Guarana e raffigurante “Zefiro e Flora” con scene antiche e motivi floreali. L’arredo mantiene otto poltrone e due portacamicie della metà del ’700 appartenute a Zuanne Querini, padre di Alvise, cui si aggiungono il letto Luigi XVI e due comodini in stile neoclassico laccati color verde chiaro con motivi floreali, commissionati da Alvise. Completano l’ambiente una “consolle” in legno laccato azzurro del 1780 circa, una “specchiera” argentata in vetro di Murano della fine del XVII secolo, il tondo del 1480 circa “La Vergine e San Giovannino adoranti il Bambino” di Lorenzo di Credi e i “Sette Sacramenti” commissionati da Alvise a Pietro Longhi e realizzati tra il 1755 e il 1757.

Nell’annesso Boudoir, salottino dal gusto squisitamente femminile adiacente alla camera da letto, si trovano numerose opere tra cui citiamo le tavole di Pietro Della Vecchia provenienti da un cassone nuziale, il “Ritratto di Caterina Contarini Querini” eseguito da Alessandro Longhi, due ritratti attributi a Giuseppe Nogari e dipinti di area olandese e fiamminga.

Il Salotto rosso, con lampadario in vetro di Murano del XIX secolo, presenta sul soffitto le decorazioni di Jacopo Guarana con figure mitologiche e medaglioni monocromi con le Arti e figure femminili che rivelano il gusto classicheggiante di fine ’700. La sala ospita un nucleo di ritratti ufficiali di insigni personalità della famiglia eseguiti da Sebastiano Bombelli, Bartolomeo Nazari, Fortunato Pasquetti, Bernardino Castelli e un importante esemplare di lacca veneziana, un “cantonale” con decorazione dorata su fondo verde scuro ispirato al gusto orientale che tra Seicento e Settecento ebbe grande successo tra la nobiltà veneziana. L’ambiente è impreziosito dalla presenza di tappezzerie di manifattura veneziana rosso cremisi con elementi naturalistici[11].

 

4. Manifattura di Venezia, Raso da 8 operato per una trama supplementare lanciata legata in diagonale e per una trama supplementare broccata, primo quarto secolo XVIII

 

Il Salotto verde, con affresco a soffitto della “Allegoria nuziale”, tondi con figure danzanti, putti e corone di fiori eseguiti da Jacopo Guarana, è dominato dal capolavoro di Giambattista Tiepolo. Si tratta del “Ritratto di un Dolfin Procuratore e Generale da Mar” che Giovanni Querini ereditò dalla nonna materna Cecilia Dolfin. Nella stessa sala si trovano anche i ritratti di esponenti della famiglia commissionati a Pietro Uberti e Francesco Zugno e due sovraporta riconducibili all’ambito di Carlo Ceresa. Interessanti gli arredi del salotto: divani, sedie e poltroncine in legno laccato verde con decorazioni policrome; due consolle con specchiere del 1780 circa; la “pendola da tavolo” dei primi dell’Ottocento in marmo e bronzo dorato e cesellato firmata Luigi Manfredini; la coppia di vasi in porcellana eseguiti in Cina nel primo ventennio del Settecento.

La Sala degli stucchi deve il proprio nome alle decorazioni realizzate da Giuseppe e Pietro Castelli, maestri di quest’arte elegante richiesta dalla nobiltà veneziana per decorare importanti dimore. Vi si trovano due splendide tavole di Jacopo Palma il Vecchio raffiguranti “Francesco Querini” e “Paola Priuli” e commissionate in occasione delle loro nozze avvenute nel 1528 e due esemplari di “globi” del celebre Gilles Robert de Vaugondy, dal 1730 cartografo e geografo ufficiale del Re di Francia.

La collezione di porcellane della famiglia è protagonista della Sala da pranzo, decorata con gli affreschi di Jacopo Guarana e Costantino Cedini e stucchi settecenteschi ed illuminata da una coppia di eleganti lampadari in vetro di Murano. Vi è esposto il prezioso servizio in porcellana, prevalentemente a pasta tenera, della Manifattura di Sèvres composto da duecentoquarantaquattro pezzi e acquistato a Parigi tra il 1795 e il 1796 da Alvise Maria Querini, ultimo senatore della Serenissima Repubblica in Francia[12]. Il raffinato servizio che presenta bande a bordo blu scuro con roseaux d’oro e delicati motivi decorativi floreali nei toni del viola e del rosa è accompagnato da gruppi, figure e piccoli vasi in biscuit che formano lo straordinario “surtout”.

 

5. Vaso biansato, Venezia, manifattura Vezzi, 1724-27

 

Nella Sala mitologica si trovano interessanti opere di carattere allegorico e mitologico: l’importante soffitto “L’Allegoria del giorno” commissionato dai Querini tra il 1696 e il 1703 a Sebastiano Ricci, “Milone da Crotone” attribuito a Francesco Maffei, “Cefalo e Procri” attribuito a Luca Giordano, “L’uomo precipitato dai vizi” di Pietro Liberi e un ciclo di dodici “Sibille” riconducibile a un pittore veneto della seconda metà del Seicento. Il soffitto presenta un rosone a intonaco di calce al centro, decorazioni a grottesche e strumenti musicali in stucco bianco ed è attribuito a Jacopo Guarana che al secondo piano del Palazzo Querini Stampalia ha realizzato uno dei suoi più completi e importanti cicli di affreschi.

Pregevole, infine, l’intervento di Carlo Scarpa. Nel 1949 il Consiglio di Presidenza della Fondazione affidò al celebre architetto la sistemazione del piano terra e del giardino allo scopo di limitare il fenomeno dell’acqua alta e realizzare ambienti per manifestazioni ed eventi. Il progetto che ha coinvolto il ponte, l’ingresso, il “portego” e il giardino ha dotato la città di un’opera originale capace di manifestare il continuo dialogo fra antico e moderno, interno ed esterno, terra e acqua. Singolare e degna di nota è anche l’opera di Joseph Kosuth collocata sulla facciata cinquecentesca. “La materia dell’Ornamento”, installazione al neon realizzata dal grande artista concettuale nel 1997 e ispirata a “Le pietre di Venezia” di John Ruskin, arricchisce il palazzo sottolineando la volontà della Fondazione di essere punto di riferimento per l’arte di tutti i tempi e motore per la cultura.

 

Bibliografia essenziale

 

I Querini Stampalia. Un ritratto di famiglia nel ’700 veneziano, a cura di G. Busetto, M. Gambier, Venezia 1987.

 

Tessuti. Inventario, a cura di D. Davanzo Poli, Venezia 1987.

 

E. Dal Carlo, Fondazione Scientifica Querini Stampalia, in Tesori delle Fondazioni artistiche veneziane, a cura di G. P. Marchini, Verona 1990, pp. 48-55.

 

Cento scene di vita veneziana. Pietro Longhi e Gabriel Bella alla Querini Stampalia, a cura di G. Busetto, catalogo della mostra, Venezia 1995.

 

Carlo Scarpa alla Querini Stampalia. Disegni inediti, a cura di M. Mazza, Venezia 1996.

 

Le porcellane dell’ambasciatore, a cura di E. Dal Carlo, catalogo della mostra, Venezia 1998.

 

Le porcellane dei Querini Stampalia, a cura di E. Dal Carlo, Venezia 2002.

 

Carlo Scarpa alla Querini Stampalia, a cura di M. Manzelle, Venezia 2003.

 

B. Trevisan, Il Museo Querini Stampalia da collezione visitabile a macchina della memoria: l’allestimento ripensato nella nuova organizzazione dei servizi, in Archeologia del museo. I caratteri originali del museo e la sua documentazione storica fra conservazione e comunicazione, a cura di F. Lenzi, A. Zifferero, Bologna 2004, pp. 163-178.

 

Museo Querini Stampalia, Venezia, a cura di B. Trevisan, Venezia 2010.

 

Gli arredi della Fondazione Querini Stampalia, a cura di E. Dal Carlo, Venezia s.d.

 

Porcellane e ceramiche della Fondazione Querini Stampalia, a cura di M. Savaris, Venezia s.d.

 



[1] Cfr. Museo Querini Stampalia, Venezia, a cura di B. Trevisan, Venezia 2010, pp. 12-19.

[2] Il Museo Querini Stampalia apre il proprio patrimonio al pubblico e si costituisce in fondazione nel 1869 in seguito alla morte di Giovanni Querini Stampalia (1799-1869), ultimo discendente della famiglia, che l’anno precedente aveva donato tutti i suoi averi alla città di Venezia. Per una ricostruzione degli allestimenti museali che si sono succeduti vedasi B. Trevisan, Il Museo Querini Stampalia da collezione visitabile a macchina della memoria: l’allestimento ripensato nella nuova organizzazione dei servizi, in Archeologia del museo. I caratteri originali del museo e la sua documentazione storica fra conservazione e comunicazione, a cura di F. Lenzi, A. Zifferero, Bologna 2004, pp. 163-178; B. Trevisan, Restauri e allestimenti storici del Museo, in Museo Querini Stampalia, Venezia, a cura di B. Trevisan, Venezia 2010, pp. 33-41.

[3] Cfr. Museo Querini Stampalia …, 2010, p. 13.

[4] Il restauro, commissionato nel 1959 dal Direttore della Fondazione Giuseppe Mazzariol e dal Presidente della stessa Gino Luzzatto, prevedeva la realizzazione di una sala da destinare a mostre e conferenza e di un giardino interno. Per approfondire lo studio dell’Area Carlo Scarpa alla Querini Stampalia si consultino G. Mazzariol, Un’opera di Carlo Scarpa: il riordino di un antico palazzo veneziano, in Zodiac, n. 13, Venezia 1964, p. 40; Carlo Scarpa alla Querini Stampalia. Disegni inediti, a cura di M. Mazza, Venezia 1996; Carlo Scarpa alla Querini Stampalia, a cura di M. Manzelle, Venezia 2003.

[5] Sotto la direzione di Giorgio Busetto e la presidenza di Egle Trincanato, Mario Botta ha donato alla Fondazione un progetto che prevedeva il rinnovamento della sede attraverso lo spostamento dell’ingresso, il restauro del sottotetto grazie al quale sono stati ricavati nuovi spazi per gli uffici e un’area per mostre e seminari, e l’organizzazione dei servizi al pubblico con auditorium, bookshop, caffetteria, guardaroba, area per bambini, servizi igienici.

[6] Per approfondire la presenza delle opere di Pietro Longhi al Museo Querini Stampalia vedasi Cento scene di vita veneziana. Pietro Longhi e Gabriel Bella alla Querini Stampalia, a cura di G. Busetto, catalogo della mostra, Venezia 1995.

[7] Dedica ampio spazio al Salotto Giuseppe Jappelli Gli arredi della Fondazione Querini Stampalia, a cura di E. Dal Carlo, Venezia s.d.

[8] La tazzina con piatto, recentemente acquistata da parte della Fondazione dalla casa d’aste di Colonia Lempertz, è stata eseguita intorno al 1740 da Joachim Kändler; vedasi Le porcellane dei Querini Stampalia, a cura di E. Dal Carlo, Venezia 2002, pp. 51-56; Porcellane e ceramiche della Fondazione Querini Stampalia, a cura di M. Savaris, Venezia s.d.

[9] Sulla donazione Padoan vedasi E. Dal Carlo, Nuove porcellane al Museo Querini Stampalia: la collezione Ada Morandi Padoan e Romano Padoan, in Le porcellane dei Querini Stampalia, a cura di E. Dal Carlo, Venezia 2002; La collezione Padoan, in Porcellane e ceramiche della Fondazione Querini Stampalia, a cura di M. Savaris, Venezia s.d.

[10] Sul cospicuo nucleo di opere di Gabriel Bella facente parte della collezione del Museo Querini Stampalia si consulti Cento scene di vita veneziana. Pietro Longhi e Gabriel Bella alla Querini Stampalia, a cura di G. Busetto, catalogo della mostra, Venezia 1995.

[11] Sui preziosi tessuti della Fondazione Querini Stampalia vedasi Tessuti. Inventario, a cura di D. Davanzo Poli, Venezia 1987.

[12] La Fondazione Querini Stampalia si è dedicata alla straordinaria presenza di porcellane nella collezione del Museo attraverso mostre e pubblicazioni. Si consultino Le porcellane dell’ambasciatore, a cura di E. Dal Carlo, catalogo della mostra, Venezia 1998; Le porcellane dei Querini Stampalia, a cura di E. Dal Carlo, Venezia 2002; Porcellane e ceramiche della Fondazione Querini Stampalia, a cura di M. Savaris, Venezia s.d.