Le Confraternite dell’Arcidiocesi di Palermo


Schede di Patrizia Allegra da:

Le Confraternite dell’Arcidiocesi di Palermo. Storia e arte, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, EdiOftes, Palermo 1993.

 

P. Allegra, scheda n. V, 20, in Le Confraternite dell'Arcidiocesi di Palermo. Storia e arte, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, Palermo 1993, pp. 239-240.

V, 20. Calice

 

argento sbalzato e cesellato

cm 26 x 14,5

marchio: aquila di Palermo a volo alto e

RUP, (S)PC42 G

argentiere palermitano del 1742, console Salvatore Pipi

Palermo, confraternita di S. Anna al Borgo

Chiesa di S. Anna al Borgo

 

II calice presenta una base mistilinea e gradinata dove quattro volute delimitano delle zone decorate da testine di cherubini alate ad andamento aggettante e spighe di grano.

Il fusto è caratterizzato da un nodo decorato da elementi fitomorfi tra i quali emergono testine di cherubini, elementi questi di gusto ancora seicentesco che compaiono anche nel sotto coppa affiancati a larghe foglie acantiformi.

L’opera presenta il marchio di Palermo con l’aquila a volo alto e le lettere PC, iniziali incomplete del console Salvatore Pipi (il suo marchio completo risulta essere SPC), documentato per tale carica al 1742 (cfr. S. Barraja, La maestranza…, in Ori…, 1989, p. 377), stesso anno in cui è stato concepito il calice qui esaminato, come attesta la cifra 42, ultimi due numeri dell’anno di fabbricazione. Si ritrova inoltre la lettera G, da riferirsi alle iniziali dell’argentiere artefice del manufatto, ma è elemento esiguo per poterlo identificare.

Salvatore Pipi nel 1742 ha anche garantito con il suo marchio il paliotto con i Santi Libertino e Gerlando del palazzo Arcivescovile di Agrigento (cfr. M.C. Di Natale, II, 171, in Ori…,1989, p. 302).

Ripete le stesse formule stilistiche il calice con marchio di Palermo, aquila a volo alto e BLG44 DGA, iniziali dell’ignoto console del 1744 seguite dalla sigla dell’altrettanto anonimo argentiere artefice dell’opera, della confraternita di Maria SS. d’Egitto (fig. V, 20a). Caratteristica specifica di questa suppellettile è l’inserimento della scena della fuga in Egitto ripetuta due volte, sulla coppa e su un cartiglio alla base, incisa appositamente a ribadire l’importanza dell’episodio biblico a cui è votata la confraternita.

 

INEDITO.


P. Allegra, scheda n. V, 41, in Le Confraternite dell'Arcidiocesi di Palermo. Storia e arte, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, Palermo 1993, p. 248.

 

V, 41. Ostensorio

 

argento cesellato, sbalzato e inciso con parti fuse applicate

cm 67×30

marchi: aquila di Palermo a volo alto e RUP, GL 65 AN

iscrizione alla base: CONGREGAZIONE DELLA BARA DELLA SOLITÀ AN. 1811 20 8

argentiere palermitano del 1765, console Gaspare Leone

Palermo, confraternita di Maria SS. Addolorata de la Soledad

Chiesa di S. Anna a Rua Formaggi.

 

L’ostensorio, notevole espressione delle capacità artistiche degli argentieri palermitani, rispetta le tipologie stilistiche ed iconografiche degli ostensori settecenteschi siciliani. Ciò è particolarmente riscontrabile nello sviluppo del fusto che si articola in più nodi, di cui quello centrale risulta essere il punto di equilibrio fra la raggiera e la base. Quest’ultima è decorata da cartigli che si ripetono fino al raccordo fusto-raggiera. L’attenzione si focalizza sul pellicano che sormonta il globo terrestre: egli è infatti simbolo del sacrificio di Cristo, ribadito peraltro dalla presenza delle spighe e dell’uva vicine al cartiglio di raccordo e ripetute anche attorno alla teca, in alternanza a testine di cherubini alate. La stessa simbologia è evocata anche dalla raggiera caratterizzata da spighe e fiamme. In cima ad essa è il simbolo mariano sormontato da una crocetta nella quale sono incastonate pietre colorate. Con ogni probabilità si tratta di una aggiunta fatta nel 1811, dal donatore dell’ostensorio confratello della congregazione della bara della SS. Soledad, confermata dall’iscrizione alla base, giustapposta in occasione della donazione.

L’ostensorio che reca lo stemma palermitano dell’aquila a volo alto, fu marchiato dal console Gaspare Leone nel 1765 (cfr. S. Barraja, La maestranza…, in Ori…, 1989, p. 377) ed eseguito dall’argentiere siglatosi AN, che potremmo identificare con vari nomi quale Antonino Nicchi, Agostino Natoli o altri ancora, vista l’abbondanza di argentieri dalle stesse iniziali; essi sentirono talvolta il bisogno di distinguersi tramite qualche piccolo segno o asterisco, come fece l’argentiere operante sempre nel 1765 a fianco dello stesso console e autore del leggio del Museo Diocesano di Mazara del Vallo (cfr. P. Allegra, scheda n. 54, in. M.C. Di Natale, Il tesoro…,1993, p. 114).

L’oggetto trova inoltre perfetto riscontro tipologico e stilistico con l’ostensorio della confraternita di Maria SS. della Mercede di via Maqueda che reca il marchio GL65 AMD, in catalogo (cfr. scheda n. V, 39).

 

INEDITO.


P. Allegra, scheda n. V, 44, in Le Confraternite dell'Arcidiocesi di Palermo. Storia e arte, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, Palermo 1993, p. 249.

V, 44. Ampolline

 

argento sbalzato, cesellato e inciso con parti fuse applicate

cm 14×11,5

marchio: aquila di Palermo a volo alto e RUP

argentiere palermitano della seconda metà del XVIII secolo

Palermo, confraternita di Gesù Giuseppe e Maria ai Danisinni

Chiesa di S. Agnese V.M.

 

Le due ampolline di uso liturgico sono un esempio di unità ed originalità stilistica che ben si addice agli argentieri palermitani operanti in pieno XVIII secolo.

Punzonate con l’aquila a volo alto non recano purtroppo altre sigle indicanti il console, l’anno o l’argentiere. Si può dunque solamente constatare la raffinatezza di esecuzione che si avvale di moduli conosciuti ma realizzati al tempo stesso in maniera originale. Le due ampolline sono identiche e presentano una base circolare finemente incisa con motivi fitomorfi su cui poggia l’elemento centrale marcatamente ansato e decorato in basso dai tipici cartigli di stile rococò. I manici, piuttosto esili fanno da contrappunto ai lisci beccucci che terminano con testine di grifone. Nella parte superiore e sui coperchi sono incisi e cesellati motivi fitomorfi che trovano coronamento nel pomello floreale posto in cima.

Il piattino non è pertinente.

 

INEDITE.


P. Allegra, scheda n. V, 53, in Le Confraternite dell'Arcidiocesi di Palermo. Storia e arte, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, Palermo 1993, pp. 251-252.

 

V, 53. Puntale di stendardo

 

argento sbalzato, cesellato e inciso con parti fuse applicate

cm 46×14

marchi: aquila di Palermo a volo alto e RUP, NG71 VL

argentiere palermitano del 1771, console Nunzio Gino

Palermo, confraternita di Maria SS. del Rosario al Carminello

Chiesa del Ritiro di S. Pietro

 

L’oggetto presenta un nodo triangolare finemente decorato con abbondanti motivi fitomorfi e floreali, spezzato al centro da un motivo a baccelli ovoidali su cui sono inseriti tre cartigli, uno per ogni lato. In cima al nodo è posta la croce che riprende anch’essa alle estremità i motivi floreali, oltre a presentare una sorta di raggiera di spighe, simbolo del sacrificio di Cristo.

L’opera fu marchiata con l’aquila a volo alto della città di Palermo dal console Nunzio Gino nel 1771 (cfr. S. Barraja, La maestranza…, in Ori…, 1989, p. 377) a convalida dell’operato dell’argentiere GL.

Nunzio Gino fu console più volte: nel 1758, 1763, 1771 ed ancora nel 1779 (cfr. S. Barraja, ibidem) e la sua sigla è spesso riscontrabile su oggetti di rilevante importanza. Si veda in merito il leggio della collezione Tirenna di Palermo (cfr. M.C. Di Natale, II, 214, in Ori…,1989, p. 330) e l’ostensorio della confraternita del SS. Sacramento di Ciminna (cfr. scheda n. V,54).

 

INEDITO.


P. Allegra, scheda n. V, 57, in Le Confraternite dell'Arcidiocesi di Palermo. Storia e arte, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, Palermo 1993, p. 253.

V, 57. Puntale di stendardo

 

argento sbalzato, cesellato, e inciso con parti fuse applicate

cm 35×20

marchi: aquila di Palermo a volo alto e RUP, FM 75

argentiere palermitano del 1775, console Francesco Mercurio

Palermo, confraternita del Trionfo di Maria Santissima

Chiesa di S. Francesco d’Assisi

 

Quest’oggetto, che come già detto è espressione della grandissima devozione e al tempo stesso dello spirito associativo della confraternita (cfr. schede nn. V, 25, 26, 43), fu certamente commissionato dalla confraternita del Trionfo di Maria Santissima.

La Madonna è infatti rappresentata munita di corona, entro una raggiera, con le mani giunte in atto di preghiera e lo sguardo estatico. Ai suoi piedi è un cartiglio che funge da raccordo al nodo; questo, tipicamente settecentesco, è di forma triangolare ed è decorato con cartigli, motivi floreali e fitomorfi.

L’oggetto, certamente di grande effetto al momento della processione, fu concepito anche come segno di riconoscimento.

La grande perizia tecnica e decorativa con cui è stato eseguito non sembra casuale, infatti la sola sigla del console Francesco Mercurio (cfr. S. Barraja, La maestranza…, in Ori…, 1989, p. 377) che marchiò l’opera nel 1775, potrebbe anche suggerire che egli stesso fu l’artefice dell’opera, come spesso avveniva. D’altra parte si riscontra anche una concezione unitaria dell’oggetto, siglato sia alla base che sulla raggiera.

 

INEDITO.


P. Allegra, scheda n. V, 60, in Le Confraternite dell'Arcidiocesi di Palermo. Storia e arte, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, Palermo 1993, pp. 254-255.

 

V, 60. Ostensorio

 

argento sbalzato, cesellato e inciso

cm 60×30

marchi: aquila di Palermo a volo alto e RUP, G79 LA

iscrizione: TANTUM ERGO SACRAMENTUM VENEREMUR

argentiere palermitano del 1779, console Nunzio Gino

Palermo, confraternita di Maria SS. dei Sette Dolori ai Pisani

Chiesa dei SS. Quaranta Martiri alla Guilla.

 

L’ostensorio presenta il tipico svolgimento settecentesco della base polilobata, sulla quale poggia un fusto a tre nodi triangolari; di essi quello centrale è il più emergente e su di esso sono finemente cesellati cartigli a voluta e motivi fitomorfi. La teca centrale è ornata da una serie di testine di cherubini alate; segue la raggiera, ormai priva delle fiamme seicentesche, cui si aggiunge un cartiglio in corrispondenza al raccordo col fusto. Sul cartiglio è l’iscrizione relativa all’inno eucaristico Tantum ergo sacramentum veneremur.

Completa la raggiera una crocetta apicale che sormonta una nuvola, elementi questi che sembrerebbero un’aggiunta posteriore alla fattura della suppellettile.

Sull’opera sono riscontrabili, oltre il marchio di Palermo con l’aquila a volo alto, una iniziale del console garante della qualità dell’argento seguita dalle due ultime cifre dell’anno in cui ricopriva tale carica: si tratta di Nunzio Gino (cfr. S. Barraja, La maestranza…, in Ori…, 1989, p. 377), il quale nello stesso anno in cui ha posto il suo marchio sulla suppellettile qui esaminata, il 1779, ha anche garantito una palmatoria della collezione Barraja di Palermo (cfr. M.C. Di Natale, II, 222, in Ori…,1989, p. 338) e la croce da tavolo della confraternita dell’Angelo Custode (cfr. scheda n. V,61). Le iniziali LA sono invece da riferire all’ignoto argentiere artefice del manufatto.

Stilisticamente l’ostensorio si pone in un periodo di gusto pienamente rococò, anche se moduli di retaggio tardo-barocco, quali le testine di cherubini alate della cornice della teca, non sono ancora del tutto sopiti.

 

INEDITO.


P. Allegra, scheda n. V, 77, in Le Confraternite dell'Arcidiocesi di Palermo. Storia e arte, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, Palermo 1993, pp. 280-281.

 

V, 77. Puntale di stendardo

argento sbalzato, cesellato ed inciso

cm 42×6,5

marchi: aquila di Palermo a volo alto e RUP, AM10 G

iscrizione: NELL’ANNO 1810

argentiere palermitano del 1810

Palermo, confraternita di Maria SS. Addolorata de la Soledad

Chiesa di S. Anna a Rua Formaggi.

 

È un oggetto specifico che ben sottolinea lo spirito consociativo della confraternita, all’insegna della devozione verso la sua protettrice che in questo caso è Maria SS. Addolorata de la Soledad. Essa è raffigurata in maniera semplice, quasi icastica ed inserita nella tipica raggiera che caratterizza questo genere di oggetti, pur con delle varianti stilistiche (cfr. schede nn. V, 25, 26, 43, 53 in catalogo).

Non stupisce in tal senso il fatto che la datazione sia da riferire al 1810, come emerge dal marchio e conferma anche l’iscrizione incisa alla base. II marchio è ancora l’aquila a volo alto affiancato dalle iniziali del console AM operante in quell’anno insieme all’argentiere la cui sigla G rimane incompleta.

 

INEDITO.


 

Bibliografia citata

 

 

S. Barraja, La maestranza degli orafi e argentieri a Palermo, in Ori e argenti di Sicilia, dal Quattrocento al Settecento, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, Milano 1989.

 

M.C. Di Natale, schede nn. II, 171; II, 214; II, 222, in Ori e argenti di Sicilia, dal Quattrocento al Settecento, catalogo della mostra a cura di M.C. Di Natale, Milano 1989.

 

P. Allegra, scheda n. 54, in. M.C. Di Natale, Il tesoro dei vescovi nel Museo Diocesano di Mazara del Vallo, Marsala 1993.