di Roberta Martorana
Nel panorama della produzione orafa siciliana, che contraddistingue la storia locale grazie a eccellenze attive tra Ottocento e Novecento, la famiglia Fecarotta rappresenta un pregevole esempio di maestranze di antica tradizione e straordinario talento. Orafi e incisori palermitani, animati dal gusto e dalla passione tramandati da una generazione all’altra, i Fecarotta rintracciano il proprio capostipite in Nicolò, attivo dal 1799 al 1828 e orafo alla corte di Francesco I di Borbone.
L’insegnamento di Nicolò viene seguito dai suoi due figli, tra i quali si distingue per particolare abilità Giovanni, nato il 17 gennaio 1799, che muove i primi passi nella bottega paterna eccellendo «per molti ingegnosi lavori di femminile ornamento»[1]. Si dedica allo studio del disegno architettonico e figurativo con il napoletano Gaetano Caporizzo, maestro presso la Corte Regia che si trovava in quel periodo nella città siciliana, per poi interessarsi alla cesellatura dei metalli insieme al padre, con cui realizza opere di grande pregio. Grazie al proprio talento riceve importanti committenze, tra cui Agostino Gallo ricorda una gran teiera in argento decorata con fogliami e arabeschi, realizzata per il noto mecenate e barone inglese Henry Richard Vassal Fox nel 1828. Con Giovanni ha inizio l’attività dei Fecarotta come gioiellieri, poiché è lui ad impiantare, nel 1830, la prima fabbrica di argenteria e gioielleria della famiglia al n. 38 di via dei Materassai a Palermo. Su commissione del Senato della città, l’anno successivo esegue insieme ad Antonio Pampillonia, altro noto cesellatore, i bronzi dorati per una sontuosa carrozza di gala da donare al principe Leopoldo di Borbone per il suo onomastico, incarico che ben testimonia la fama e la stima di cui godeva Giovanni. Il fratello Emanuele, anch’egli cesellatore presente alla mostra regionale di Palermo del Real Istituto d’Incoraggiamento d’Agricoltura, Arti e Manifatture del 1834 e del 1836, partecipa pure insieme a Giovanni alla stessa esposizione del 1836. In questa occasione espongono il disegno di una delle loro opere più note, ovvero lo scrittoio in oro, argento e agata per uso di S. E. il Sig. Principe di Campofranco, che aveva riscosso già un tale successo da essere pubblicamente lodato l’anno precedente dall’organo ufficiale del Governo. Giovanni partecipa a varie edizioni della mostra proposta da questo Istituto, dimostrando maestria e versatilità nella lavorazione dell’argento e dell’oro e manifestando inclinazioni stilistiche orientate verso il revival del gusto neogotico e neoegizio: nel 1834 e nel 1836 ottiene due medaglie d’argento, nel 1838 viene premiato con una medaglia d’oro di seconda classe «per ammirabili oggetti d’incisione e smalto, da superare non che pareggiare i migliori in tal genere di lavorio»[2] e nel 1840 riceve un’onorata menzione. Nel 1848 lo si ritrova come incisore ufficiale della Regia Zecca, a suggello dell’eccellente fama ormai raggiunta. Tra i suoi manufatti più pregiati si annovera, inoltre, il grande ostensorio argenteo per il Monastero benedettino di San Martino delle Scale realizzato nel 1852, per il quale riceve innumerevoli lodi: «Cesellatore in tutti i bassi rilievi. Incisore nel trattare i fondi, scolpire foglie, e tutti gli ornati del pilone. Orefice valoroso nel formare l’insieme dell’Ostensorio, traforare i pezzi, affermarli con nettezza a viti e smaltare alcuni di molta dimensione che farebbero stentare ai primi smaltanti di Parigi. Finalmente Gioielliere nella incastratura delle pietre sopra oro quasi zecchino […]»[3]. Tali riconoscimenti gli garantiscono, tra il 1857 e il 1858, diverse committenze per ulteriori lavori da parte dello stesso Monastero di San Martino, con cui istaura una fruttuosa collaborazione.
Dai suoi numerosi matrimoni, Giovanni dà origine a una ricchissima progenie: Raffaele, Nicolò, Antonino, Francesco e Giuseppe, nati dalla prima moglie Antonietta Maltesi, partecipano alla nuova ditta intitolata “Fratelli Fecarotta” (Fig. 1), nata nel 1866 e che trova la sua sede nel cuore della città di Palermo in via Vittorio Emanuele, strada principale che ospitava già i negozi più prestigiosi. Argenti e gioielli, espressione di una delle principali famiglie orafe tuttora esistenti, vengono già al tempo apprezzati e acquistati dall’alta borghesia e nobiltà cittadina, annoverando tra gli ammiratori persino la corte reale e numerosi viaggiatori provenienti da tutta Europa.
Il maggiore dei fratelli, Raffaele, nato nel 1824, espone a soli dodici anni alla mostra d’Incoraggiamento del 1836 e successivamente a quella del 1844, in cui riceve un’onorata menzione, ed è il primo che, nel 1877, si separa dall’attività dei fratelli fondando la ditta “Raffaele Fecarotta & Co.” con sede in via Vittorio Emanuele, 177. Ottiene rilevanti consensi e prestigiose committenze dalle famiglie più influenti del tempo; della sua ditta sono, infatti, i gioielli donati in occasione del celebre matrimonio tra Ignazio e Franca Florio, celebrato a Livorno nel 1893: «I regali sono stati infiniti, i gioielli bellissimi, ammirati quelli della fabbrica Raffaele Fecarotta»[4]. Qualche anno prima, Raffaele aveva già ricoperto il meritevole ruolo di Segretario della Commissione Ordinatrice dell’VIII Divisione Lavori in Metalli Fini all’Esposizione Nazionale di Palermo del 1891, a cui prende parte anche come espositore ottenendo la sua prima medaglia d’oro, a cui ne segue un’altra ricevuta in occasione dell’Esposizione Agricola di Palermo del 1902.
Anche gli altri fratelli risultano attivi nel panorama dell’oreficeria del tempo ancor prima della costituzione della ditta: Antonio è presente all’Esposizione dell’Istituto d’Incoraggiamento del 1846 e all’Esposizione Nazionale di Firenze del 1861 insieme al fratello Nicolò, in cui vengono premiati con una medaglia di bronzo; Francesco, è autore di un grande ostensorio d’argento dorato esposto alla mostra regionale di Belle Arti di Palermo del 1853 e riveste il prestigioso incarico di Presidente della Commissione Ordinatrice dell’VIII Divisione Lavori in metalli fini dell’Esposizione Nazionale di Palermo del 1891. Anche lui decide di separarsi dalla ditta di famiglia alla fine dell’Ottocento, aprendo una propria ragione sociale sotto il nome di “Francesco Fecarotta & Co.”, con sede in via Vittorio Emanuele, 186, angolo via Loggia. La sua attività, come quella del fratello Raffaele, appare frequentemente nei giornali del tempo, generalmente con annunci infratesto e più di rado nelle pagine pubblicitarie. Dal 1904 al 1906 la “Francesco Fecarotta & Co.” è tra gli inserzionisti che, nell’ultima pagina del quotidiano “L’Ora” [5], porgono gli auguri alla distinta clientela e sia nel 1907, sia nel 1908 pubblica un’inserzione pubblicitaria su “La Sicile Illustrée” [6]. È presente, inoltre, anche ne “La Sicilia Rapidissima”[7] dello stesso anno. La “Raffaele Fecarotta & Co.” acquista un elegante spazio infratesto nel primo numero della stessa rivista dell’aprile 1904[8], delimitando il bordo in alto dell’inserzione con rondini poste su un rigo, secondo il gusto grafico del tempo. Ciò testimonia che le due ditte scelgano come mezzo pubblicitario una rivista illustrata destinata all’aristocrazia, all’alta borghesia isolana e agli illustri viaggiatori stranieri. Sfogliandone le pagine, infatti, si legge di cronache di interesse mondano e le copertine sono per lo più dedicate a nobili dame siciliane o a personaggi di spicco della politica locale. Si evidenzia, dunque, per entrambi la volontà aziendale di essere riconosciuti come artefici di «gioielli che costituiscono sovente dei veri capolavori quando non rappresentano la raffinatezza del buon gusto, dell’eleganza, della genialità del disegno e della squisita esecuzione»[9].
L’ultimo dei fratelli che prende parte alla ditta di famiglia, Giuseppe, nato nel 1836, si occupa di diffondere il marchio “F.lli Fecarotta” in Italia e all’estero fin subito dopo la sua fondazione, grazie all’adesione al fiorente gusto di stampo francese e alla partecipazione attiva e intraprendente a esposizioni locali (Siracusa 1871 in cui i Fratelli ricevono una medaglia d’oro, Palermo 1875 dove ottengono una medaglia d’argento, Messina 1882 in cui si riconosce alla ditta un’altra medaglia d’oro), nazionali (Milano 1881 durante la quale vengono premiati con una medaglia d’argento, Torino 1883, Palermo 1891) e internazionali (Vienna 1873). Con il loro linguaggio contemporaneo diventano ben presto gli orafi più ricercati dall’alta borghesia palermitana e un loro monile viene acquistato dalla regina Margherita nel 1891 durante l’Esposizione Nazione di Palermo per donarlo all’eremo di Santa Rosalia, fregiando così i Fratelli Fecarotta anche del titolo di fornitori della Casa Reale. Nel 1903, inoltre, la ditta realizza le due corone in oro, corallo e gemme preziose per la statua della Madonna dell’Udienza di Sambuca di Sicilia[10], su disegno dello scultore Mario Rutelli, testimoniando la fruttuosa collaborazione con gli artisti del tempo.
In seguito al progressivo distaccarsi dei fratelli dalla ditta familiare, è a Giuseppe e ai suoi due figli che passa la proprietà del marchio originario “F.lli Fecarotta”. Uno dei questi, Ernesto, si separa, però, dalla ditta paterna nel 1890, trasferendosi a Catania e scommettendo sul nascente mercato della città. La filiale catanese, che apre i battenti in via Etnea, diventa legalmente autonoma nel 1927, dando vita a una corrente totalmente indipendente e a una produzione che, negli anni ’40 e ’50, si distingue per fantasia e allineamento con il gusto internazionale, con uno sguardo, però, sempre rivolto alla tradizione locale grazie ai disegni di Giuseppe Robotti ed Ermanno Sisti. A Palermo, invece, Giuseppe continua l’attività con l’altro figlio Giuseppe Jr., che nel 1936 trasferisce il negozio da via Vittorio Emanuele in via Ruggero Settimo, 80, dove tutt’oggi ha sede, coadiuvato dai figli Rodolfo e Ugo. La ditta “Fratelli Fecarotta” è attualmente gestita dalla discendenza di Ugo, ovvero dal nipote Ugo Jr., figlio di Giuseppe (meglio conosciuto come Ninni). A sua volta, il figlio di Rodolfo, Giorgio, il 12 dicembre 1987 dà vita ad una nuova attività che prende il nome di “Fecarotta Gioielli” con sede in via Ruggero Settimo, 68. La ditta, oggi portata avanti con la collaborazione del figlio Giuliano, mantiene l’estro e la perfezione tecnica che per secoli hanno caratterizzato la produzione orafa della famiglia.
I Fecarotta continuano la loro tradizione di orafi e gioiellieri anche grazie all’attività di Giuseppe (Fig. 2), figlio di Nicolò, uno dei cinque fratelli fondatori, che nel 1889 apre, poco distante dalla bottega dove lavoravano il padre e gli zii, un secondo negozio che dà vita ad una nuova ragione sociale il cui prestigio è destinato a crescere nel corso degli anni e delle generazioni. Questa nuova ditta porta l’insegna “Giuseppe Fecarotta fu Nicolò”, e qui vengono esposti favolosi gioielli liberty, di cui si conservano preziosi disegni e si annoverano diademi e parures realizzati per Casa Florio. Intorno agli anni Trenta, il negozio viene trasferito in via Ruggero Settimo, 42, strada che, collegando il Teatro Massimo al Teatro Politeama, rappresenta il nuovo “salotto” cittadino, e di questo prende le redini il figlio Ciccino (Fig. 3), che fonda la ditta “Francesco Fecarotta fu Giuseppe” nel 1934. Prediligendo la vendita di gioielli déco, egli è uno dei più importanti creatori di gioielli della città, grazie anche alla sua eccellente conoscenza delle gemme. La sua clientela è composta da alcune delle famiglie siciliane più influenti del tempo, tra cui i Trabia e i Moncada di Paternò, per cui vengono realizzati preziosi monili. Il figlio di Ciccino, Beppy, lascia il negozio di via Ruggero Settimo per aprirne uno nuovo nella strada adiacente, l’elegante via Principe di Belmonte, e il 24 ottobre 1961 inaugura la nuova ditta “Fecarotta Antichità”. Questa attività unisce al gusto raffinato, di cui la famiglia era già tradizionale interprete, un sicuro istinto imprenditoriale, ampliando un’offerta alla clientela che non prevedesse più soltanto argenti e gioielli – tra cui spicca una pregiata selezione di presepi e monili in corallo mediterraneo –, ma anche mobili antichi, dipinti e oggetti d’arte. A proseguire il lavoro di studio e ricerca è il figlio di Beppy, Fabrizio, che trasforma il negozio in una “biblioteca pratica” in cui potersi aggiornare attraverso la conoscenza di sempre nuove opere d’arte, di oreficeria e di argenteria, associando innovazione e classicità, progresso e tradizione. Egli, insieme alla moglie Giulia e ai figli Francesco, Giuseppe (Beppy Jr.) e Maria Giulia, porta avanti, ancora oggi, con passione, rigore e competenza l’incessante ricerca del bello iniziata oltre due secoli fa.
Lo studio e le ricerche ancora in atto riguardo la famiglia Fecarotta e le sue numerose ramificazioni nel corso dei secoli mostrano una storia particolarmente viva e interessante, alimentata quotidianamente dalla passione degli ultimi eredi che custodiscono e tramandano la memoria e la tradizione di una delle più preziose arti del patrimonio storico e artistico della città di Palermo[11].
[1] A. Gallo, Notizie intorno agli incisori siciliani diligentemente raccolte da Agostino Gallo (Ms. XV.H.16.), in I manoscritti di Agostino Gallo, a cura di C. Pastena, Palermo 2000, p. 114.
[2] Catalogo dei saggi d’Industria Nazionale presentati nella Solenne Esposizione fatta dal R. Istituto d’Incoraggiamento d’Agricoltura, Arti e Manifatture per la Sicilia, nel dì 30 maggio 1838 giorno onomastico di S. M. Ferdinando II Re del Regno delle Due Sicilie, Palermo 1838, p. 6.
[3] Sul grande ostensorio dei RR. PP. Benedettini di S. Martino, lavoro di Giovanni Fecarotta, incisore e gioielliere di Palermo. Parole di un amico ed ammiratore di lui, Palermo 1854, p. 24.
[4] Da Livorno, gli sponsali del Comm. Florio, in Giornale di Sicilia, 11-12 febbraio 1893, p. 3.
[5] L’Ora, 31 dicembre 1904, p. 6.
[6] La Sicile Illustrée, a. IV, 1907, n. II, p. 25 e La Sicile Illustrée, a. V, 1908, n. I, p. 12.
[7] La Sicilia Rapidissima, pubblicazione speciale de La Sicile Illustrée, maggio 1908, s.p.
[8] La Sicilée Illustre. Illustrated Sicily – Das Illustrirte Sicilien, avril 1904, p. 40.
[9] Bontempelli e Trevisani, 1903, La Sicilia industriale, commerciale e agricola, Palermo 1984, p. 141.
[10] Sull’argomento v. Segni Mariani nella terra dell’Emiro. La Madonna dell’Udienza a Sambuca di Sicilia tra devozione e arte, a cura di M. C. Di Natale, Sambuca di Sicilia 1997.
[11] Desidero ringraziare il Dott. Giuseppe (Beppy Jr.) Fecarotta per le informazioni, l’attenzione e la disponibilità nel raccontare e condividere la storia della propria famiglia.