Botteghe di corallari e scultori in corallo, madreperla, avorio, tartaruga, conchiglia, ostrica, alabastro, ambra, osso attivi a Trapani e nella Sicilia occidentale dal XV al XIX secolo, a cura di Rita Vadalà, da Materiali preziosi dalla terra e dal mare nell’arte trapanese e della Sicilia occidentale tra il XVIII e il XIX secolo, catalogo della mostra (Trapani, Museo Regionale “A. Pepoli”, 15 febbraio-30 settembre 2003), a cura di Maria Concetta Di Natale, Palermo 2003, con aggiornamento di Rosalia Francesca Margiotta
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Actono (de)
Machaluf ed Emanuel, padre e figlio, sono attivi a Trapani come corallari nel XV secolo. Machaluf è attestato tra il 1447 e il 1491 da notizie documentarie relative a contratti stipulati per la vendita del corallo lavorato, arrotondato e pulito. Nel 1466 contrae una società con Simone De Scurto per vendere corallo lavorato nel Regno di Sicilia, aiutato in questo dal figlio Busacca. L’episodio può essere visto come un tentativo degli artigiani di sottrarsi al monopolio dei mercanti e tentare in proprio la via del commercio. (R. Vadalà)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, pp. 55, 93; A. Sparti, 1986, docc. 123, 124, 185, 199, 215, 217, 219, 302, 352; R. Vadalà, in Arti decorative…, vol. II, 2014, ad vocem De Actono Emanuel.
Adragna
Famiglia di corallari trapanesi, attivi nel secolo XVIII. I nomi di Antonio, Francesco,Vincenzo e Vito compaiono tra i ventisei destinatari di un ordine giuratorio del 30 luglio 1712 con il quale si ingiungeva ai suddetti maestri di non lavorare il corallo privatamente, nella loro casa perché “cosa assai nociva e di trementosa al pubblico e a persona forastieri che volessero comprare coralli operati”. Vincenzo inoltre firma e ratifica per approvazione, in qualità di console della maestranza, l’atto del 30 luglio 1742 con il quale si stabilisce la paga da dare ai lavoranti e alle donne in tareni e grane per ogni libbra o crivello di corallo lavorato; con lo stesso atto viene vietato ai maestri di acquistare corallo dai lavoranti e a questi di acquistarne prima di essere diventati maestri. Antonio, Francesco e Vincenzo avevano bottega nella strada della maestranza (odierna via Torrearsa), Vito, come altri sei corallari, lavorava in altra via. In documenti della seconda metà del secolo XVIII compare il nome di un altro Adragna corallaro: Giorgio. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 113; E. Tartamella, 1985, p. 224; S. Costanza, 1986, pp. 42, 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Afflitto
Lo scultore trapanese Fernando Afflitto risulta attivo nel XVII secolo. Fornisce nel 1670 due manufatti in agata, delle corone ad rosario in corallo e una Madonna in corallo al principe Claudio La Moraldo di Lignè, viceré di Sicilia, come risulta dal Libro dei conti dell’Archivio Lignè a Beloeil. (L. Novara)
Bibliografia: A. Daneu, 1975, pp. 100, 112-113; V. Abbate, 1986, p. 53; M.C. Di Natale, Oro, argento…, in Splendori…, 2001, p. 33; Eadem, Il corallo…, 2002, p. 14; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Agnese
Antonino è tra i corallari trapanesi, indicati dal Serraino, operanti tra il XVII e il XVIII secolo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Alagna
Corallaro trapanese documentato nella prima metà del secolo XVIII, Diego Alagna è tra i maestri ai quali è destinata un’ingiunzione del 1712 emanata dal Senato di Trapani per vietare ai maestri di lavorare il corallo nella propria abitazione. Il nome di Diego Alagna è compreso tra i corallari che non tenevano bottega nella via della maestranza. Tra il XVIII e il XIX secolo diversi sono gli Alagna documentati a Trapani che esercitano l’attività di orafi e argentieri. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Albanese
È attivo a Trapani nel XVIII secolo, Pietro, ricordato da P. Benigno come “ottimo scultore in picciolo”. (R. Vadalà)
Bibliografia: P. Benigno di Santa Caterina, I, 1810, p. 337; G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 662; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Aleo (D’Aleo)
Scultore in legno “oriundo del monte di Trapani” (Erice) e “intagliatore di figure in alabastro e indi in conchiglia” (Gallo), Alberto Aleo, figlio di Michele, viene battezzato il 15 novembre 1789 e presumibilmente intorno al secondo decennio del XIX secolo inizia a produrre manufatti di notevole qualità artistica tale da conquistarsi il plauso del Fogalli che su di lui scrisse: “superò i maestri e gli artefici non solo in Sicilia e di Napoli, ma pure delle altre nazioni. I forestieri particolari venuti in Trapani gli han comprato i lavori ad un prezzo maggiore per la vaghezza, simmetria, ordine e vivezza”. Negli anni ‘30 risulta associato al trapanese Francesco Marino con cui nel 1840 scolpisce i due angeli tedofori in legno posti ai lati della statua della Madonna di Trapani nel santuario eponimo. Intanto negli anni 1834, 1836, e 1840 partecipa con il Marino alle esposizioni organizzate a Palermo dall’Istituto d’Incoraggiamento d’Agricoltura, Arti e Manifatture meritando una medaglia d’argento (1834) e una menzione onorevole per il “magnifico vaso d’alabastro” (1836). L’elenco degli oggetti esposti aiuta a inquadrare il genere e la varietà di opere da lui prodotte; figura quindi, tra le altre cose, con una “cesta di frutta d’alabastro sostenuta da due arpie di pietra detta incarnata, due piccoli vasi d’alabastro bianco, per situarvi fiori di conchiglia, altro vaso per fiori dell’istessa materia dorato e pinto, un lampadario d’alabastro lavorato sul gusto di Firenze” (1834), un “gran vase di alabastro per centro di una stanza di compagnia, rappresentante in due lati due mostre d’orologi, e negli altri due i ritratti a basso rilievo di Leonardo Ximenes e di Giuseppe Errante” (1836), “un lampadare di alabastro, una cesta grande di frutti, altre due piccole con frutti ed uccelli, due panierini con frutti, una statuetta raffigurante l’abate Meli, simile del Re N.S. [Ferdinando II], altra della Madonna (…), una piccola vasca con uccello, un leone (…), tre cani danesi, un cane levriere ed un bracco, altro inglese (…), altri quattro bracchi più piccoli, tra cani mascaretti, un gatto, due lumache, dieci uccelli sopra frutta, altri 18 più piccoli come sopra, 4 posacarte con uva e frutti” (1840). Nel 1846 risulta ancora attivo. (P. Palazzotto)
Bibliografia: A. Gallo, ms. XV.H.15, sec. XIX, f. 793; Catalogo di saggi…, 1834, pp. 7, 27; Catalogo dei saggi…, 1836, pp. 7, 47; Catalogo dei saggi…, 1840, pp. 42-43; G.M. Fogalli, ms. 1840, ff. 656-657; M. Serraino, Storia…, vol. I, 1976, pp. 177, 200; G. Monaco, 1981, p. 92; L. Novara, Aleo Alberto, in L. Sarullo, vol. III, 1993; M. Vitella, scheda III,3, in Il Tesoro nascosto…, 1995, pp. 246-247; P. Palazzotto, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Alexandria (de)
Figlio di Suna e Bracha, Busacca de Alexandria nel 1478 si obbliga come garzone di bottega a domiciliarsi per un anno presso il maestro corallaro Cuyno ad artem laborandi corallos. Secondo contratto, Busacca, oltre alle consuete prestazioni all’interno della bottega, avrebbe dovuto accudire la figlia neonata del maestro: è un esempio di come nel XV secolo le mansioni del giovane apprendista, così come sono definite nelle clausole contrattuali, spesso esulino dallo specifico lavoro della bottega interessando anche servizi straordinari che a volte riguardano la vita della famiglia del magister. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 311; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem Busacca de Alexandria.
Alfieri (De Alferi)
Francesco Alfieri di Trapani firma una piccola scultura in oro, corallo e smalto raffigurante San Lorenzo vincitore su un re, donata da Filippo II al Monastero di San Lorenzo dell’Escorial, fondato dallo stesso sovrano nel 1593, data che può essere considerata dunque come termine post quem per la realizzazione dell’opera. Questo scultore in corallo trapanese, di cui l’opera spagnola denunzia l’abilità è verosimilmente lo stesso che firma alla base, con l’iscrizione “Franciscus De Alferi Drepanita fecit”, una statuina di corallo, di collezione privata palermitana, proveniente dalla Spagna, raffigurante San Francesco che riceve le stimmate. L’opera è già stata stata datata all’inizio del XVII secolo, datazione che può essere mantenuta, considerando il maestro operante, a Trapani o forse in Spagna, a cavallo tra i due secoli. Lo stesso Francesco Alfieri o De Alferi, potrebbe forse, come ipotizzato da M.C. Di Natale, avere avuto parte nella realizzazione della cosiddetta “montagna di corallo”, magnifica opera di cui rimane oggi solo una dettagliata descrizione. Acquistata nel 1570 a Trapani da Ferdinando Avalos de Aquino marchese di Pescara, viceré di Sicilia, venne donata allo stesso Filippo II di Spagna che si rivolgerà proprio al maestro trapanese Francesco Alfieri, per il suo dono al Monastero di San Lorenzo. (R. Vadalà)
Bibliografia: M.C. Di Natale, scheda n. 164, in L’arte.., 1986, p. 356; J.M. Cruz Valdovinos, scheda n. 2, in Splendori…, 2001, p. 468; M.C. Di Natale, Oro, argento…, in Splendori…, 2001, p. 33; Eadem, Il corallo…, 2002, p. 7; Eadem, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 24; Eadem, L’arte del corallo…, in Mirabilia coralii…, 2009, p. 59; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 112; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, pp. 40-41; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem De Alferi; M.C. Di Natale, Orafi, argentieri e corallari…, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 20; S. Intorre, Coralli trapanesi …, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 106; S. Intorre, Coralli trapanesi…, 2016, p. 14.
Alfonso
Giuseppe, palermitano, riceve nel 1868-1869, da parte degli amministratori di Casa Lanza e Filangeri, principi di Mirto, il compenso per la realizzazione di due consolles in legno impiallacciato di tartaruga e con decori in bronzo dorato. (G. Travagliato)
Bibliografia: G. Travagliato, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Allegra
Famiglia palermitana di intagliatori in legno e osso attiva nel XIX secolo. Probabilmente congiunti con i noti marmorari omonimi, sono un Antonino Allegra, da cui un Francesco Allegra e Caggegi (Palermo 1745 ca.), e quindi un altro Antonino (Palermo 1780-1842) che sposa Maria Giuseppa Cristadoro, figlia di un Francesco Cristadoro (probabilmente il noto argentiere) e madre dell’intagliatore Francesco Allegra (Palermo 1807-1867). Questi produce inizialmente crocifissi in osso ma, sull’onda revivalistica della metà del secolo, inizia a realizzare cassette in osso tratte dai modelli medievali generalmente attribuiti agli Embriachi. I cofanetti vengono scolpiti “per moderni” a Palermo e venduti ad un antiquario francese di nome Flores che li commercializzava presso privati e musei. In seguito al successo dei piccoli scrigni incentiva la propria attività con tavoli in stile medievale siciliano attingendo a repertori eclettici e storicistici, sfruttando così la propria specificità tecnica nell’applicazione di intarsi geometrici e di placche in osso con figurini pseudomedievali su strutture di noce antico finemente intarsiate. Due di tal genere furono acquistati dal duca Giulio Benso San Martino della Verdura (1901) e dal barone Giovanni Riso di Colobria (1836-1901), quest’ultimo conservato presso una collezione privata di Palermo. Il figlio Antonino (Palermo 1835-1881), con la collaborazione del rispettivo figlio Francesco Allegra e Patania (Palermo 1861-1883), prosegue in proprio la riproduzione delle cassettine medievaleggianti ma soprattutto, dal 1879-80 ca., è uno dei principali collaboratori di Andrea Onufrio per il quale intaglia, sempre in osso, l’imponente armadio cassaforte per il principe Biagio Licata di Baucina, e il tavolo con il seggiolone a cattedra esposti alla Nazionale di Palermo del 1891. Non dovrebbe appartenere a questo nucleo familiare l’Antonino Allegra (Palermo 1805 ca.-1824), figlio di un Pietro (forse il marmoraro attivo a Palermo alla fine del XVIII secolo), indicato da A. Gallo come “buono scultore in avolio, in corallo e in conchiglia” che morì suicida per annegamento. (P. Palazzotto)
Bibliografia: A. Gallo, ms. XV.H.15, sec. XIX, f. 779; Esposizione Nazionale…, 1891, pp. 27-28; P. Sgadari di Lo Monaco, 1940, p. 16; P. Palazzotto, Andrea Onufrio…, in Materiali preziosi…, 2003, pp. 349-352; P. Palazzotto, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Alluxi
È attestato Sadono, corallaro trapanese, di religione ebraica. Nel 1475 risulta socio di Nissim de Nissim nell’arte di lavorare il corallo. (L. Novara)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 284; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Amico
Baldassare, corallarius, è citato come testimone in un actus declaratorius stipulato a Palermo il 21 aprile 1735. Se ne sconosce la cittadinanza. (G. Travagliato)
Bibliografia: G. Travagliato, doc. I.380, in Splendori…, 2001, p. 763; D. Ruffino – G. Travagliato, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Ammar
Daniele, figlio minore di Machalufus Ammar, ebreo di Trapani, viene impiegato per imparare l’arte di lavorare il corallo presso la bottega di Nissim de Jona nel luglio del 1472. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 269; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Amuri (de)
Corallaro trapanese di religione ebraica, vissuto nel secolo XV, Muxa de Amuri, nel 1488 assieme a Sadono Chirkena si impegna a “incidere et…taglari” corallo per Mordachai Cardamuni, dietro compenso “pro incisura” di 12 grani per ogni libbra di corallo. (L. Novara)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 105; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Anastasi
L’incisore trapanese Giuseppe Anastasi, vissuto nel XVIII secolo, lavora l’osso, l’alabastro e la conchiglia. È ricordato dal Fogalli per i suoi “piccioli ma dilicati lavori”. (R. Vadalà)
Bibliografia: G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 714; R. Bonventre, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Angelo (de)
Nicolò, corallaro trapanese attivo nel XVII secolo. Veniva rifornito di corallo dal grossista Vito Morana Barlotta. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 108; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Anselmo (d’Anselmo)
Giovanni Anselmo, attivo nel 1746, dà inizio a Trapani, insieme a Salvatore Mazzarese e Paolo Cusenza, alla scultura sopra conchiglia e sopra pietra lattea. Le fonti ottocentesche lo ricordano per avere “ritrovato l’arte di lavorare la pietra lattea” (Di Ferro) e ci riferiscono che fu “famoso scultore ed incisore il primo che inventò l’arte di lavorar la pietra e la conchiglia, per cui regge immortale il suo nome” (Fogalli). Numerosi furono gli allievi che ebbe a seguito e ingente il numero di commissioni. Ricevette onori e premi per aver realizzato alcune “operette in picciolo” e un ritratto in pietra lattea, per un viceré non specificato. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Gallo, ms. XV.H.15, sec. XIX, f. 648; P. Benigno di Santa Caterina, ms. 1810, p. 190; G.M. Di Ferro, 1825, p. 214; G. M. Di Ferro, Biografia…, tomo III, 1831, p. 99, n. 2; G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 658; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Api
È attestato Francesco, corallaro trapanese attivo nel XVII secolo. Si rifornisce del corallo grezzo dai pescatori Leonardo Munzia e Francesco Buzzo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 108; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Aula
Gaetano Aula, maestro corallaro trapanese, nasce intorno al 1790. È presente nel registro della chiesa di San Lorenzo a Trapani al 1819, quando aveva circa ventinove anni. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Bando (de)
Mastro Masio (Tommaso) de Bando, corallaro trapanese, con atto del 14 novembre 1551, dichiara di essere creditore di 23 once, somma che dovrà riscuotere entro la successiva festa di Natale, nei confronti del genovese Giuseppe de Franchis Puzevera, mercerius, civis Panormi, pro pretio tante quantitatis curallorum lavoratorum tundorum (ASPa, Notai Defunti, I stanza, not. Giovanni Luigi Commentato, vol. n. 6266) (G. Travagliato – P. Scibilia)
Bibliografia: G. Travagliato, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem; S. Intorre, Coralli trapanesi…, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 106.
Bagnasco
Famiglia di origine torinese attiva a Palermo tra il XVIII e il XIX secolo con scultori in marmo, legno e osso e pittori. Dal capostipite palermitano Giovanni (Palermo 1727 ca.), “scultore di legno e di ornati”, “di fogliami e di rabeschi” (Gallo, XV.H.15), figlio di un Antonio e di una Antonina, discendono lo scultore in legno Girolamo (1759-1832), da cui i figli Nicolò (1791-1827), Giovanni e Rosario, tutti allievi del padre. Quest’ultimo è, forse, da identificarsi con il Direttore delle Opere Pubbliche del Palazzo Reale di Palermo tra il 1848 e il 1849, e quindi con l’autore di gran parte della mobilia di quel periodo. Potrebbe, però, trattarsi del più anziano zio Rosario, “buono scultore in legno di ornamenti e anche di figura” (Gallo, XV.H.19), fratellastro di Girolamo, in quanto figlio delle seconde nozze tra Giovanni e Margherita Calascibetta (1772). Rosario Bagnasco e Calascibetta sposa nel 1801 Rosalia Merlo e ha numerosi figli tra cui il pittore Giuseppe (1807-1882), e gli scultori Giovanni (1802 ca. – 1874), Salvatore (1804-1842), “che riuscì in quest’arte il migliore” (Gallo, XV.H.19), Francesco (1897) e Alessandro. Quest’ultimo, scultore d’ornato ed autore di opere per i carri di Santa Rosalia nel 1843, 1845, 1846, sposa nel 1837 una Giuseppa Bagnasco ed è il padre di Rosario (Palermo 1838-1891). Costui è uno dei principali artefici degli arredi neomedievali realizzati da Andrea Onufrio in osso intagliato e scolpito (dal 1883-84 ca.). Alle sue abili mani si devono in particolare gli stalli della Sala del Trono del principe Biagio Licata di Baucina, due cofanetti in osso venduti dall’Onofrio a Giosuè Whitaker e gran parte della credenza presentata all’Esposizione Nazionale di Palermo (1891), all’Esposizione di Belle Arti e Industria Artistica di Barcellona (1898) e all’Esposizione Universale di Parigi (1900), dove l’Onufrio ricevette la medaglia d’oro. (P. Palazzotto)
Bibliografia: A. Gallo, ms. XV.H.15, sec. XIX, ff. 782, 795-797, 855, 856; Idem, ms. XV.H.19, sec. XIX, ff. 1869-1872; Esposizione nazionale…, 1891, pp. 28-29; P. Palazzotto, Andrea Onufrio…, in Materiali preziosi…, 2003, pp. 352-355; M.C. Ruggieri Tricoli, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem Bagnasco; P. Palazzotto, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces Bagnasco Alessandro e Bagnasco Francesco.
Baldassone
Alberto Baldassone è tra i maestri ai quali è diretta un ordine giuratorio del 30 luglio 1712, con il quale il Senato di Trapani vietava la lavorazione del corallo nelle abitazioni private, poiché nocivo sia per la categoria che per il pubblico o i forestieri che volessero comprare corallo lavorato (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Ballariano
Gaspare Ballariano è tra i maestri ai quali è diretta un’ingiunzione del 1712 emanata dal Senato di Trapani per vietare di lavorare il corallo nella propria abitazione. Il nome di Gaspare Ballariano è compreso tra i corallari che non tenevano, come prescritto, la bottega nella via della maestranza. Tra il XVII e il XVIII secolo diversi sono i Ballariano documentati a Trapani che esercitano l’attività di orafi e argentieri. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Barba (Barbara, Barbera)
Alcune importanti commissioni comprese tra il 1626 e il 1646 segnalano l’attività dei corallari Mario Barba e Mario Barbera, forse da ritenersi la medesima persona che avrebbe una avviata e riconosciuta attività a Palermo. Nel 1626 viene stimato “un fonte di capizzo d’argento, oro e coralli” commissionato da don Francesco Platamone al corallaro Mario Barbara, ancora attivo nel 1635, quando subloca tre stanze a Palermo all’orafo Agostino Serena. Si tratta forse dello stesso corallaro, come già ipotizzato da M.C. Di Natale, ricordato come Mario Barbera e autore nel 1631, in collaborazione con l’orefice Gerolamo Timpanaro, di una composizione scenografica donata dal Senato palermitano a Papa Urbano VIII, raffigurante Santa Rosalia e numerose altre statue, tra cui le sante Agata, Ninfa e Oliva, per la quale lo stesso Pontefice notava “non di duro corallo sembrava l’opera ma di molle cera”. A ritenere ancora lo stesso maestro quello indicato nei documenti come Mario Barba è proprio l’attestata collaborazione tra questi e l’orefice Gerolamo (o Geronimo) Timpanaro: i due maestri vendono nel 1629 al vescovo di Catania Innocenzo Massimo diversi oggetti d’oro, argento e corallo, tra cui un quadro con l’immagine della Madonna di Trapani. Lo stesso Mario Barba lavora a Palermo per donna Melchiorra Mariana Quintana, marchesa della Floresta, dalla quale, in data 20 aprile 1646, dichiara di aver ricevuto il denaro pattuito per due scrittoi già consegnati. (R. Vadalà)
Bibliografia: M.C. Di Natale, Santa Rosalia…, 1991, pp. 52-54; Eadem, in Splendori…, 2001, pp. 35, 45; A. Zalapì, doc. I.355, in Splendori…, 2001, p. 761; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, pp. 28, 30; Eadem, L’arte del corallo…, in Mirabilia coralii…, 2009, p. 69; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 113, 114; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 45; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem; M.C. Di Natale, Orafi, argentieri e corallari…, in Artificia Siciliae…, 2016, pp. 27, 34.
Leonardo Barbara, scultore trapanese, è indicato dal Serraino tra i maestri che operarono tra il XVII e il XVIII secolo, lavorando avorio, ambra, conchiglia e altri materiali. Si ricorda la nota famiglia di intagliatori in legno, Barbara, attiva a Trapani alla fine del XVIII secolo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 122, 299, 337; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Barraco
Lo scultore in corallo trapanese Giuseppe Barraco è attivo nel XVII secolo. Nel 1625, insieme agli orafi Sebastiano Domingo e Pietro Gallo e agli scultori in corallo Matteo Bavera e Giacomo Daidone, si impegna con Antonino Saltarello, orafo e corallaro, a lavorare oro e corallo ad Alcamo, Palermo e in altri centri dell’isola, per un salario annuo di 24 onze ciascuno. (R. Vadalà) Bibliografia: G. Di Marzo, 1880-1883, vol. II, p. 378; P.M. Rocca, 1884, p. 429; C. Filangieri, 1891, vol. I, p. 45; A. Daneu, 1964, p. 83; B. Liverino, 1984, p. 114; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 30; Eadem, L’arte del corallo…, in Mirabilia coralii…, 2009, p. 73; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 46; S. Proto, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem; M.C. Di Natale, Orafi, argentieri e corallari…, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 26.
Barrali
Pietro, palermitano, già attivo dal 1700, si impegna tramite contratto del 15 marzo 1719 con fra’ Ambrogio Milazzo del Terzo Ordine Regolare di San Francesco per “fabbricarsi la superficie della venerabile croce del Santissimo Crocifisso esistente nella chiesa della Misericordia di osso di tartura fino, cioè tutti i lati, facciate e puntetto, et esclusa però la parte di detta croce dietro le spalle di detto Santissimo Crocifisso, che deve d’altra materia somigliante”, da consegnare entril 30 aprile successivo, per la somma complessiva di 20 onze. (G. Travagliato)
Bibliografia: ASPa, Notai defunti, Giovanni Venturino, citato in Verchiani T.O.R., La chiesa e il convento di Sant’Anna in Palermo, Palermo 1987, p. 62; F.P. Campione, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Barrovecchio
Maestro corallaro attivo alla fine del XIX secolo, Saverio Barrovecchio è fra gli ultimi rappresentanti dell’arte del corallo a Trapani. Nel 1881 egli doveva essere riconosciuto come personalità di rilievo nell’ambiente artistico trapanese: in quell’anno il suo nome, posto in rilievo rispetto ad altri, è tra quelli che sottoscrivono una dichiarazione inviata al Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio per sostenere la candidatura di Giovanni Pizzitola al posto di insegnante d’incisioni in corallo e pietre dure nella scuola d’Arti e Mestieri di Trapani. )nsieme allo stesso Giovanni Pizzitola e a Leonardo Guida e Baldassare e Francesco Bellina, acquista nel 1883 azioni della Banca del Popolo di Trapani, fondata a Trapani il 6 maggio di quell’anno, per un valore di 2.500 lire. I cinque maestri corallari sono tra i primi a sottoscrivere le azioni della Banca che prevedeva nel suo Statuto la possibilità di effettuare anticipazioni di denaro contro deposito di corallo, segno che, nonostante in quegli stessi anni si fosse notevolmente ridotto a Trapani il numero dei laboratori, ancora un importante ruolo aveva la lavorazione del corallo sull’economia locale. Saverio Barrovecchio è inoltre tra i quattro corallari iscritti nel 1890 alla camera di commercio di Trapani. (R. Vadalà)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, p. 140; S. Costanza, 1986, p. 49 n. 82; M.C. Di Natale, Gli epigoni…, 1996, p. 87; M.C. Di Natale, I cammei…, 1997, p. 273; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Bartolo (de, di)
La famiglia trapanese dei corallari di Bartolo è documentata fin dalla metà del secolo XVI con Vito che stipula dei contratti con acquirenti della marca di Ancona che avrebbero poi venduto i suoi manufatti alla fiera di Senigallia. Andrea, attivo nella prima metà del secolo XVII, come semplice maestro firma i Capitoli della maestranza dei corallari, stabiliti nel 1628 e, come console della stessa, sottoscrive i successivi del 1633 aggiornati e modificati. Era possessore di beni immobili. Ignazio, nato alla fine del secolo XVII, trasferitesi in seguito a Palermo, secondo G. Tescione, eseguì un reliquiario per la chiesa della Madonna di Trapani, preziosi calici in filigrana per alcune chiese palermitane ed un lampadario che fu donato da Vittorio Amedeo di Savoia alla cappella di S. Rosalia della Cattedrale di Palermo (L. Novara)
Bibliografia: G. Tescione, 1965, p. 29; M. Serraino, 1968, p. 113; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; S. Costanza, 1986, pp. 26, 45 nota 11; M.C. Di Natale, Oro, argento…, in Splendori…, 2001, p. 31; Eadem, L’arte del corallo…, in Mirabilia coralii…, 2009, pp. 55, 57; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 109; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, pp. 39, 40; L. Novara e P. Lipani, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Bartolotta (Bartulotta)
Diversi sono i Bartolotta o Bartulotta che nel XVII secolo risultano presenti nei documenti della maestranza dei corallari che possiamo ritenere appartenenti allo stesso nucleo familiare. Seguire la presenza delle loro firme significa ripercorrere le principali tappe della storia della maestranza trapanese. Antonino Bartolotta subloca dallo scultore Sebastiano Ciotta in contrada delli Corallari una bottega “in qua detenere possit eius famulos et facere artem corallarii”. Firma in qualità di maestro i “Capitoli della maestranza delli Corallari di questa invictissima Citta di Trapani stabiliti a 26 di maggio 1628” voluti per regolamentare la lavorazione e tutti gli aspetti della professione. In questo documento, accanto ai trentatré maestri firmatari, appongono la loro firma sette lavoranti: tra questi anche Giuseppe Bartulotta. A distanza di qualche anno, però, non compaiono i loro nomi nella stesura dei Capitoli del 1633. Un Giacomo Bartulotta è stato rilevato tra i firmatari nel 1665 di un altro importante documento: il 23 aprile di quell’anno, presso il notaio Antonino Russo un gruppo di scultori trapanesi vuole determinare la propria figura professionale caratterizzata dalle tecniche di lavorazione piuttosto che dal materiale utilizzato: tra questi, gli scultori del corallo “rivendicavano l’esclusività dell’uso del bulino e delle tecniche proprie della scultura” rispetto ai corallai fabbricatori ai quali era riconosciuta “la politura del corallo, l’uso della lima e del trapano” per la realizzazione di oggetti nei quali appunto “non ci sia segno di scultura”. Maggiori informazioni si hanno relativamente all’attività di Stefano Bartolotta, figlio di Francesco e Anna, nato nel quartiere di S. Pietro il 18 settembre 1642 (nel 1632 secondo il Di Ferro) e morto il 19 aprile 1705. Fu “esimio scultore di coralli” secondo il Fogalli, e scultore “in piccolo”, autore di “statuette di alabastrino e minutissimi cammei” secondo il Di Ferro e il Serraino che gli attribuisce diverse Madonne in alabastro. Le fonti ottocentesche ci riferiscono anche della sua opera di letterato ricordando un poema in ottave siciliane sulla Vita di S. Alberto Abbate che Stefano Bartolotta avrebbe scritto per le stampe di Bartolomeo Franco nel 1693. Nel 1676, in società con lo scultore Ignazio De Caro, realizza e vende per il prezzo di 24 tarì a Francesco Bruscia, forse quel Antonio Francesco Brusca scultore in corallo, alcuni oggetti in corallo: una guglia, quattro crocifissi, e otto “spatini”, gli spilloni ornamentali per capelli. (R. Vadalà)
Bibliografia: P. Benigno da Santa Caterina, ms. 1810, I, p. 890; G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 659; G. M. Di Ferro, Biografia…, tomo IV, 1850, p. 15; M. Serraino, 1968, pp. 110, 112, 138; A.M. Precopi Lombardo, Tra artigianato e arte…, 1997, pp. 88, 111 nn. 25, 27; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 32; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces; M.C. Di Natale, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 117.
Bavera
Matteo Bavera, scultore di corallo, nato a Trapani intorno al 1580-1581, da Pietro Bavera e Francesca Israele, che si sposarono nel 1579 nella chiesa di San Nicola, si ritirò come frate laico nel convento di San Francesco d’Assisi della città. Il 15 marzo 1607, Fra’ Matteo viene chiamato dai consoli dei sarti per concordare col pittore Francesco Bovata i colori da applicare ad una statua di S. Oliva, molto probabilmente eseguita dallo stesso Bavera, di proprietà della categoria. Nel 1625, insieme agli orafi Sebastiano Domingo e Pietro Gallo e agli scultori in corallo Giuseppe Barraco e Giacomo Daidone, si impegna con Antonino Saltarello, orafo e corallaro, a lavorare oro e corallo ad Alcamo, Palermo e in altri centri dell’isola, per un salario annuo di 24 onze ciascuno. Nel 1633 firma e data la lampada del Museo Regionale Pepoli di Trapani, proveniente dal Convento di San Francesco d’Assisi che, come scrive P. Benigno da Santa Caterina si trovava “nell’altare di detto Santo”. Il Pirri la ricordava per le sue notevoli dimensioni “ex circumferentia palmorum 6” e ne dava notizia pure il Mongitore. Realizzata in rame dorato con inserimenti di baccelli di corallo, tramite la tecnica del retroincastro, caratteristica della più antica produzione delle opere delle maestranze trapanesi del corallo, reca la seguente iscrizione: “Seraficus Ordo Min. Conv. in Ecclesia Dei semper colluxit” e “Fra M. Bavera” e “A.D. 1633”. È certamente inusuale che un maestro corallaro firmi una sua opera, ma il Bavera dovette essere un grande scultore che ha lasciato un segno tale che il suo nome è sinonimo della migliore produzione dell’arte dei maestri corallari trapanesi, la cui produzione era conosciuta, ambita e richiesta dalla più ricca e raffinata committenza del mondo allora noto. Ricordato da P. Benigno di Santa Caterina nello stesso altare dov’era la lampada e elogiato dal Pirri, come “signum Crucifixi in integro pretioso corallo palmari affabre sculptum in toto fere orbe singolare”, essendo infatti realizzato con un unico pezzo di corallo di notevoli dimensioni (braccia escluse), il Crocifisso di corallo del Museo Pepoli di Trapani, proveniente, come la lampada, dal Convento di San Francesco di Trapani, è concordemente dalla critica attribuito a Matteo Bavera. Il Cristo, dalle splendide fattezze anatomiche e dall’ispirata espressione del volto, è posto su una croce d’ebano con intarsi di tartaruga e madreperla, altri materiali peraltro cari alle maestranze trapanesi, con aureola, targa con la scritta INRI fregi d’argento. Si tratta certamente di una scultura fortemente espressiva che bene si inserisce nella tradizione della produzione legata ai Francescani. Pure riferito al Bavera generalmente dalla critica dopo il Mondello, al di là dei dubbi del Sorrentino, è il calice dello stesso Museo di Trapani, sempre della stessa provenienza. Lo spiccato gusto classico dell’opera spinse Maria Accascina a datarlo in epoca neoclassica. La tecnica del retroincastro con cui venivano realizzate le opere più antiche delle maestranze trapanesi del corallo non lascia dubbi sulla datazione seicentesca del calice. Il calice, di rame dorato, è ornato di smalti bianchi e blu, tipicamente trapanesi, e testine di cherubini alate con ali d’argento smaltate di verde, di gusto ormai tendente al Barocco, e raffinatissimi cammei di corallo raffiguranti angeli che reggono i simboli della Passione di Cristo. Rimandano a questi cammei e potrebbero riferirsi a Matteo Bavera, o a maestro a lui vicino, i cammei in corallo raffiguranti scene mitologiche del bracciale del Tesoro della Madonna di Trapani della prima metà del XVII secolo, donato al Santuario da “Donna Angiola, moglie del baronello della Moxharta”, don Giovanni Fardella. (M.C. Di Natale)
Bibliografìa: A. Mongitore, 1743, p. 115; R. Pirri, ed. 1733, t. II, p. 879; P. Benigno da Santa Caterina, ms. 1810, p. 79; G. Di Marzo, 1880-1883, vol. II, p. 378; F. Mondello, 1882, pp. 51-52; P.M. Rocca, 1884, p. 429; C. Filangieri, 1891, vol. I, p. 45; A. Sorrentino, 1915, p. 340; M. Serraino, 1968, pp. 110, 124-125; M. Accascina, 1974, p. 424, fig. 294; A. Daneu, 1975, pp. 57, 83, 157 nn. 265-266, tav. XV; B. Liverino, 1984, p. 114; E. Tartamella, 1985, pp. 82, 132, tavv. 9, 30; V. Abbate, schede nn. 29, 30, 31, in L’arte…, 1986, pp. 180, 182, 184; M.C. Di Natale, Arti decorative…, 1992, pp. 70-71; Eadem, scheda I.8, in Il Tesoro nascosto…, 1995, pp. 103-104; Eadem, I cammei…, 1997, p. 269; Eadem, Gioielli…, 2000, pp. 67, 69; Eadem, Oro, argento…, in Splendori…, 2001, p. 31 e scheda n. 19, p. 314; Eadem, Il corallo…, 2002, p. 12; Eadem, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, pp. 30-31; Eadem, Fra Matteo…, in Francescanesimo e cultura…, 2011; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, pp. 45-46; Eadem, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem; Eadem, Orafi, argentieri e corallari…, in Artificia Siciliae…, 2016, pp. 26-27.
Bellina
Baldassare Bellina, nato a Trapani nel 1858 e morto nel 1932, operò fino ai primi anni del ‘900 mantenendo una bottega che oggi è ricordata dalle immagini fotografiche pubblicate da Enzo Tartamella che lo ricorda come “storicamente ultimo dei grandi incisori di corallo presenti a Trapani”. La sua vicenda professionale può ben rappresentare le profonde trasformazioni che investono l’economia di Trapani nel XIX secolo e le ultime battute dell’attività corallifera. Nel 1810 le botteghe dei corallari sono appena dodici, e quando il 6 maggio 1883 fu fondata la Banca del Popolo di Trapani, Società Anonima Cooperativa “tendente a procacciare il beneficio del credito alle classi lavoratrici”, i corallari che sottoscrivono le azioni, dieci ciascuno, per un valore di lire 2.500, sono solo cinque tra i quali Baldassare e Francesco Bellina, probabilmente a causa del fallimento che coinvolse molti di coloro che, in seguito alla scoperta dei banchi coralliferi di Sciacca, intorno al 1875, avevano impiegato i loro capitali in questa impresa che si rivelò ben presto controproducente, per la scarsa qualità del corallo e per la violenta e abbondante immissione di materia prima su un mercato che rispose con l’abbassamento dei prezzi. La Banca prevedeva nel suo statuto la possibilità di effettuare anticipazioni di denaro contro deposito di corallo, segno che, nonostante in quegli stessi anni si fosse notevolmente ridotto a Trapani il numero dei laboratori, ancora un importante ruolo aveva la lavorazione del corallo sull’economia locale. Nel 1890 né Baldassare né Francesco Bellina risultano i quattro corallari iscritti alla camera di commercio di Trapani, ma ivi figura come negoziante in corallo un Giuseppe Bellina. Il secolo si era aperto all’insegna della crisi dell’attività di pescatori e lavoranti del corallo a causa principalmente della scarsezza di materia prima e al tempo stesso della crescente organizzazione dell’“industria” del corallo di altri paesi, in particolare della vicina Torre del Greco. I più coraggiosi trapanesi e torresi si associarono: è il caso di Baldassare Bellina che costituisce con Gennaro Liguori di Torre del Greco una società che possedeva tre coralline con equipaggio misto. E. Tartamella riferisce che una delle coralline di Baldassare Bellina effettuò nel 1929 “una strana pesca”: un guscio d’uovo sul quale era cresciuto un ramo di corallo. Alla concorrenza di Torre del Greco si aggiunse quella giapponese. Molti furono i genovesi e i torresi che si recarono in Giappone per estendere lì il circuito dei propri traffici, e un Bellina, Antonio, fu l’unico trapanese a tentare quest’impresa. (R. Vadalà)
Bibliografia: B. Liverino, 1984, p. 208; E. Tartamella, 1985, pp. 140, 145, 147, 149, figg. pp. 70, 85; S. Costanza, 1986, pp. 42, 49 n. 82; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Boemi
Innocenzo Boemi, corallaro trapanese, è indicato dal Serraino tra i maestri che operarono tra il XVII e il XVIII secolo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 113; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Bonfiglio
Nicola, corallario, prende in locazione il 27 gennaio 1715 da tale Francesco Santoro fino al successivo mese di agosto una casa solerata sita nel quartiere Albergheria “in vanella nominata di Martello”, dietro un canone di 1 onza e 1 tarì (ASPa, Notai Defunti, IV Stanza, G.D. Azzarello, n. 3104, c. 659r.). (P. Scibilia – G. Travagliato)
Bibliografia: G. Travagliato, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Bono, Bona (de, di)
Il corallaro e scultore trapanese Vito de Bono è attivo nel XVII secolo. Domenico Artale locò allo scultore l’opera e il servizio di Domenico Giacometto per sette anni: per i primi quattro il ragazzo doveva arrotondare il corallo, nei due successivi “perciarlo” e nel settimo scolpirlo. Nel 1687 venivano ascritte allo scultore: un grande quadro d’architettura con colonne e statua dell’Immacolata, un’acquasantiera di media grandezza e la fonte in rame, una macchina con la statua di S. Rosalia, un’acquasantiera con la statua di S. Rosalia, un ramo di corallo sul quale era scolpita la vita di S. Caterina. Quasi certamente si tratta della stessa persona che nel 1628 aveva firmato i Capitoli della Maestranza, in qualità di lavorante, con il nome Vito di Bona. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 110, 113; E. Tartamella, 1985, p. 220; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 34; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 50; Eadem, Apparati effimeri…, in OADI. Rivista…”, a. IV, n. 7, giugno 2013, p. 75; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Bongiorno
Ricordato dalle fonti come esperto scultore in avorio e perfezionatore del bulino, che egli stesso costruiva per il suo uso, Leonardo nacque a Trapani negli ultimi anni del XVII secolo. Vestì l’abito ecclesiastico e si dedicò alla scultura su avorio, alabastro bianco e pietra incarnata, mentre il fratello Giuseppe fu scultore in pietra e marmo. Il Fogalli ricorda la fama raggiunta dalle sue opere anche all’estero, e come “Gli stessi Viceré contemporanei a lui, e successivi fra loro [al numero non inferiore di cinque] si diedero l’impegno di conoscerlo di presenza e di fare acquisto de’ suoi egregi lavori”; perfino, uno di questi regnanti avrebbe fatto da “padrino” ad uno dei figli di Leonardo Bongiorno, assegnandogli “un generoso patrimonio”. Si specializzò nella realizzazione di statuette di piccola grandezza in avorio, poste a protezione entro campane o cassettine di cristallo; “Ei ne inondò la Sicilia e l’Europa” (Di Ferro). Diverse sue sculture in avorio a carattere religioso, vennero trasportate a Malta dai Cavalieri gerosolimitani “che sovente approdavano in Trapani e facevano compra di così nuova ed elegante specie di scoltura in avorio”. Morì a Trapani “carico d’anni” e, secondo le fonti, in ricchezza. (R. Vadalà)
Bibliografia: P. Benigno di Santa Caterina, ms. 1810, p. 190; R. Gregorio, 1821, tomo VI, p. 140; G.M. Di Ferro, 1825, p. 214; Idem, Biografia…, tomo II, 1830, p. 210, tomo III, 1831, pp. 99, 210 nota 12; G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 660; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Bonsignuri (Bonsignore)
Giuseppe, in qualità di maestro corallaro firma i Capitoli della Maestranza delli Corollari della città di Trapani nella loro prima stesura del 1628 e poi in quella definitiva del 1633. (R. Vadalà)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 113; E. Tartamella, 1985, pp. 220 – 221; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Bordino (Bordin)
Figlio di Francesco e Vincenza Ilardi, Pietro Bordino, di origini francesi, nacque a Trapani il 13 marzo 1803 e risulta ancora vivo nel giugno del 1863. La sua formazione artistica risentì del nozionismo appreso dai suoi maestri, Francesco Cutrona per l’arte del disegno, Giuseppe Scuderi per la lavorazione in creta e in cera, e il grande Michele Laudicina per l’arte di incidere cammei in pietre dure. Per le sue particolari capacità Pietro Bordino fu considerato dal Laudicina “l’unico suo scolare, oltre ai nipoti Giuseppe, Michele, Raffaello, in grado di supplirlo nell’insegnamento durante la sua assenza e addirittura dopo la sua morte. Nel 1846 Bordino partecipò al concorso a cattedra come incisore di cammei, in sostituzione del celebre incisore cavalier Rega direttore dello studio di Napoli. Ma il ministro Santangelo, incaricato della selezione del successore, preferì un artista napoletano. Tra le opere del Bordino sono da annoverare diverse incisioni in pietre dure nonché varie teste intagliate fra le quali quella di Psiche, che riproduce caratteri antichi nelle forme e nello stile. Altre sue opere sono: Pallade con elmo, Paride, Arianna e Bacco, un leone a mezzo rilievo, una Diana su carro, incisa in profondità, un Imperatore romano con globo, cavallo marino e tridente, tutte opere lavorate su calcedonia, e una quadriga con Apollo e le dodici costellazioni e un toro nel tentativo di cozzare, realizzate su corniola. (P. Lipani)
Bibliografia: A. Gallo, ms. XV.H.15, sec. XIX, ff. 789v, 792-794; A. Azzarello, 1987, p. 16; P. Lipani, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Bova
Scultore in corallo trapanese attivo nel XVII secolo, Vito è già morto nel 1685, quando viene redatto l’inventario delle sue opere, documento che ci permette di conoscere la sua produzione. Sono elencati: otto crocifissi, due quadri d’architettura con la Madonna Immacolata e la statua di re Carlo II, un quadro di architettura con San Giuseppe e la figura di re Carlo II, una fonte con Sant’Anna e la Madonna, una fonte con la fuga in Egitto ed il Padre Eterno, una macchina di Santa Rosalia, una statua di San Francesco, numerosi crocifissi di varia grandezza conservati dentro le rispettive custodie, oltre a numerosi anelli, fermagli e finimenti. Particolarmente significativa è la presenza di due “quadri d’architettura”, probabilmente capezzali con sfondo architettonico, contenenti la figura, peraltro affiancata da immagini sacre, di Carlo II, sovrano particolarmente caro ai sudditi e protagonista di un importante Trionfo di collezione privata palermitana, che proprio al Bova potrebbe essere ascritto. (R. Vadalà)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 113; V. Abbate, scheda I.32, in Wunderkammer..., 2001, p. 124 e prec. bibl; M.C. Di Natale, Il corallo…, 2002, p. 17; Eadem, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 34; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 50; Eadem, Apparati effimeri…, in OADI. Rivista…”, a. IV, n. 7, giugno 2013, p. 73; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Bretto
Definito gallus, ovvero francese, Stefano Bretto, con atto del 27 marzo 1540 si obbliga a lavorare, come paternostraro, per due anni nella bottega palermitana di mastro Naiimo Mussolotti, cui ha precedentemente chiesto un prestito di 1 onza e 6 tarì. (G. Travagliato)
Bibliografia: G. Travagliato, doc. I.50, in Splendori…, 2001, p. 745; Idem, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Bruno
Francesco Bruno partecipa nel 1880 al Concorso per titoli al posto di insegnante d’Incisione in corallo e pietre dure nella scuola d’Arti e Mestieri di Trapani. In quell’occasione presenta un ornamento modellato in cera su piano di lavagna; la commissione incaricata (di cui fanno parte gli insegnanti dell’Istituto di Belle Arti di Roma, Pio Siotto, incisore in cammei, Luciano Bizzarri, scultore, e Domenico Bruschi, pittore) ritiene che, non avendo inviato nulla d’inciso in corallo o in conchiglia, “non dà argomento a valutarsi la sua capacità nell’intaglio della materia voluta” (Verb. Municipio di Trapani 9 dicembre 1880). Verrà dunque preferito il concorrente Giovanni Pizzitola. (R. Vadalà)
Bibliografia: R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Brusca
Scultore in corallo attivo nel XVII secolo a Trapani, Antonio Francesco Brusca detiene un’avviata bottega. Nel 1665 consegna ad un certo Grimaudo, napoletano, un crocifisso in corallo, montato su croce di rame dorato guarnita di corallo, e cinque anelli d’oro, per farli vendere a Napoli. Nel 1668 incarica Andrea De Amelia di vendere a Cagliari un San Tommaso, un Crocifisso, un astuccio, e due “addrizzi”, cioè finimenti femminili comprendenti ciascuno un paio di orecchini, un bracciale e una spilla. È tra i firmati nel 1665/1666 degli Statuti che a Trapani riuniscono i “Professori di scultura d’ogni materia”. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 111; A.M. Precopi Lombardo, Tra artigianato…, 1997, p. 111 nota 27; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 32; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 109; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 48; C. del Mare, L’eredità trapanese…, in OADI. Rivista…”, a. IV, n. 7, giugno 2013, p. 166; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Buba
Maestro corallaro trapanese, documentato alla metà del secolo XVI, il nome di Nicolò Buba compare in un atto del 1555, stipulato tra il maestro corallaro Andrea Murriali da un lato, e Nicolò Buba, Giovan Vito Danisi, Leonardo De Caro, Antonio Zifra, anch’essi corallari, dall’altro, tramite il quale i quattro si accordavano con il Murriali per la vendita del loro prodotto lavorato. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 45 n. 8; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Bulfarachi
È attestato a Trapani, come lavorante del corallo, Ioseph, figlio minore di Saccone Bulfarachi, il quale nel 1488 mette a bottega il figlio per tre anni presso il maestro corallaro Iosep Seson, ad artem laborandi corallos. In un elenco di corallari ebrei, E. Tartamella include Busacca Bulfarachi. Questi, nel 1492 è tra gli ebrei ai quali è diretto un decreto del viceré Fernando de Acuña con il quale si disponeva la restituzione dei beni – corallo, argento, denaro e oggetti diversi – che essi stessi, in seguito all’editto di espulsione di Ferdinando I, avevano cercato di fare uscire di contrabbando dal Regno di Sicilia “ocultati inter li mataraczi et intra li caxi”. (R. Vadalà)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, pp. 94, 101; A. Sparti, 1986, doc. 333; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Buscemi
I corallari Antonio e Luciano Buscemi sono inseriti da M. Serraino nell’elenco dei maestri trapanesi che operarono nei secoli XVII e XVIII. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Butera (de)
Bracha, figlio minore di Pasquale de Butera, nel 1488 viene impiegato per un anno presso la bottega del maestro corallaro Machalufo Greco, il quale si impegna ad insegnare al ragazzo l’arte della lavorazione del corallo. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 335; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Cactanu
Sabutus, giudeo cittadino di Trapani, figlio minore di Mindochi e Perna. Secondo l’atto stipulato il 16 agosto 1474, presso il notaio Nicolò Cirami, egli è messo a bottega dalla madre presso il maestro corallaro Elia Fadaloni Cuyno per due anni. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 276; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Calamela
Pietro, scultore in legno, avorio e madreperla nato a Trapani il 4 gennaio 1716, è figlio di Sebastiano e Rosa Arbola, e fratello di Andrea, architetto e scultore in marmo. Ricorda il Fogalli che le sue opere in avorio e madreperla “sempre perfette gli diedero il nome di scultore ammirevole e non secondo”. Ancora il Fogalli descrive, tra le sue opere, un “coperchio di picciola scatola in avorio rappresentante il popolo ebraico scappato dalle truppe del Faraone, le quali seguendolo si vedono con le armi, co’ cavalli e col bagaglio tuffare e dominare dall’onde elevate del fiume (…) squisito e sorprendente lavoro”; il manufatto fu poi venduto dai nipoti dello scultore a Livorno. Altre sue sculture in legno furono vendute dagli eredi del Calamella e dallo scultore Antonio di Paola, detto Cantuscio, a Napoli, in Calabria, a Messina, a Genova, e tra queste un San Michele Arcangelo che calpesta il demonio. È autore della statua del Bambin Gesù della Chiesa del Carminello di Trapani, che fa parte del gruppo con la statua di San Giuseppe eseguita da Antonino Nolfo. (R. Vadalà)
Bibliografia: G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 661; M. Serraino, 1968, p. 138; R. Vadalà, I gioielli…, in Gioacchino…, 2004, p. 285; Eadem, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Pietro, scultore in legno, avorio e madreperla, è documentato nel 1762, anno del matrimonio con Evangelista Manca (Registro Chiesa di San Pietro, Trapani). (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in L. Sarullo, vol. III, 1994, ad vocem.
Campanella
Giuseppe, corallaro trapanese, è indicato dal Serraino tra i maestri che operarono tra il XVII e il XVIII secolo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Campiglia
Antonio e Francesco Campiglia, maestri corallari trapanesi, sono documentati nella prima metà del secolo XVII. Il primo è uno dei firmatari dei Capitoli della maestranza, stabiliti nel 1628 e dei successivi del 1633, dove compare anche il nome di Francesco, Antonio si rifornisce di corallo dai pescatori Leonardo Munsia e Francesco Buzzo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 108, 114; A. Daneu, 1975, p. 84; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Cantuscio
v. Paola (Di) Antonio
Cara, Caro (de)
Gli orafi e corallari trapanesi dal cognome Caro (de), sono documentati dal secolo XVI al XVIII. Leonardo (o Giovanni Leonardo), orafo trapanese. Stipula l’1 aprile 1555 un accordo, insieme ai colleghi Nicolò Buba, Giovan Vito Danisi ed Antonio Zifra alias Sardo, con mastro Andrea Murriali per vendere del corallo; vende, sempre a Trapani, in data 25 ottobre 1568, a tale mastro Santo Giovanpaolo, zafaranarius palermitano, una certa quantità curallorum rubeorum, per il valore di 8 onze. Stabilitosi a Palermo, nel 1612 ricopre la carica di console della maestranza cittadina degli argentieri. Nel 1610 aveva già dettato il suo testamento – anche se vivrà fino al 19 o 20 settembre 1618 – in favore della moglie Ninfa, della figlia illegittima Iulia, del fratello Pietro e del nipote Giuseppe (non ha figli maschi che possano continuare l’attività della bottega), al quale lega 3 onze annuali. Dalla lettura del testamento rileviamo le seguenti informazioni: elegge sepoltura nella cripta dell’oratorio dei Miseremini in San Matteo al Cassaro, cui lega 4 onze; tra i cospicui beni ereditari (oro, argento lavorato, gioie e perle, suppellettili, dipinti, tappeti, stigli di putia e di casa, che l’orafo Stefano Trainito stimerà e destinerà alla confraternita di Santo Stefano in San Matteo, il ricavato della cui vendita sarà diviso tra i parenti), e crediti per gioielli, come quell’onza per i pendagli di corallo fatti ad aquila della Baronessa del Miserendino, si elencano pure teste di corallo a osso di oliva e tonde, oltre ad una gran quantità di perle, smalti, coralli e pietre preziose e dure, sfuse o, divise per colore, raccolte in contenitori. Pietro senior, anch’esso orafo, fratello di Leonardo e citato nel testamento di quello, muore tra il 1546 e il 1550. Ignazio de Cara è attivo a Trapani. Nel 1676, in solidum con lo scultore Stefano Bartolotta, esegue in corallo quattro crocefissi, otto spatini (spilli a spada per ornamento dei cappelli) ed una guglia, che vende a tale Francesco Bruscia per il prezzo di 124 tarì. Il medesimo, con Antonino, Diego e Simone, già nel 1665, firma, insieme ad altri personaggi, gli statuti di un sodalizio tra Professori di scultura d’ogni materia (marmo, legno, corallo, metalli ecc.) di questa invictissima città di Trapani; per quanto riguarda il corallo, si distinguono scultori – che rivendicano l’uso del bulino e delle tecniche proprie della scultura – da fabbricatori – ai quali è riconosciuta invece la politura del corallo e l’uso della lima e del trapano per la realizzazione, principalmente, di sfere per collane e corone di Rosario. A.M. Precopi Lombardo avanza per Diego l’attività di sculture anche su materie diverse dal corallo. Mario è nel lungo elenco di maestri – un centinaio – che operarono nel ‘600 e ‘700. (G. Travagliato)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 112, 114; S. Costanza, 1986, nota 8 p. 45; S. Barraja, 1996, p. 61; S. Barraja, Una bottega…, 1996, pp. 108-120; A.M. Precopi Lombardo, 1997, pp. 88,111, nota 27; G. Travagliato, in Splendori…, 2001, doc. I.269, p. 756; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 32; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 117; S. Barraja, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces De Cara Giovanni Leonardo e De Cara Pietro; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces De Caro Ignazio, De Caro Leonardo, De Caro Mario.
Caracciolo
È attestato Vito, corallaro trapanese attivo nel XVII secolo. Veniva rifornito di corallo grezzo dai pescatori Leonardo Munsia e Francesco Buzzo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 108; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Cardamuni (Cardamono)
Mordachai è detentore a Trapani sul finire del XV secolo di bottega nella quale veniva lavorato il corallo. Nei documenti non è precisato se fosse egli stesso corallaro, ma negli anni tra il 1488 e il 1491, lavorano presso di lui sia garzoni che adulti: Mordachai Chagegi con il figlio, Sadono Chirchena e Muxa de Amuri, i fratelli Amiranus e Azaronus Lu Presti. (L. Novara)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, p. 94; A. Sparti, 1986, docc. 304, 316, 328, 345, 346; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Cardella
Scultore in avorio ed osso, Felice Cardella nacque a Nicosia intorno alla fine del XVI secolo ed appartenne all’ordine dei Carmelitani. Fu ricordato da fonti dell’Ottocento per avere eseguito alcuni lavori in osso ed avorio per il viceré duca di Ossuna. In particolare, Agostino Gallo annotò nel suo manoscritto che il duca, divenuto viceré in Sicilia nel 1611, commissionò al Cardella un’opera in avorio “di tal singolare bellezza” che volle offrirla in dono alla regina di Spagna. (I. Bruno)
Bibliografia: A. Gallo, ms. XV.H.15, XIX sec., c. 339; G. Beritelli La Via, 1852, p. 352; S. Calì, Custodie..., 1967, p. 68. I. Bruno, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Cardillo
Carmelo Cardillo, corallaro trapanese vissuto nel XVIII secolo, secondo G. Balboni portò l’arte della lavorazione del corallo a Livorno. (L. Novara)
Bibliografìa: G. Balboni, 1882, pp. 64-65; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Carollo
Giuseppe Carollo, incisore trapanese attivo tra il XVIII e il XIX secolo. È ricordato, per la sua abilità nel lavorare l’alabastro e la conchiglia, dal Fogalli, il quale scrive di lui che “fu sempre costretto a vendere i suoi egregii lavori a (…) suoi compagni e concittadini scultori per mantenersi”. Morì a Trapani nel 1841. (R. Vadalà)
Bibliografia: G. M. Fogalli, ms. 1840, f. 662. R. Bonventre, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Carrera
Illustre famiglia di artisti trapanesi che tra il XVI e il XVII secolo eccelsero nella pittura. Ne è capostipite Andrea, scultore di Madonne e incisore di ambre, vissuto intorno alla metà del XVI secolo. Ebbe dalla moglie Giovanna quattro figli: Vito, Salvatore, Vincenza, Giuseppe. Celebre l’attività di pittori di Vito, nato nel 1555, di Giuseppe e di Andrea, figlio di Salvatore e Marta Murana, morto nel 1677, che amava firmarsi anche come Carreca. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 139-142; L. Novara, in L. Sarullo, Dizionario…, I, 1994, ad vocem.
Casabianca
Vincenzo, corallaro trapanese, attivo nel secolo XVIII. È uno dei maestri destinatari di un’ingiunzione del Senato di Trapani del 1712, con la quale si vietava la lavorazione del corallo nelle abitazioni private. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Castelli
Giancristoforo, corallaro trapanese, è attivo nella prima metà del secolo XVII. Nel 1628 prende come lavorante nella sua bottega Carlo Melchiorre, figlio di Giacomo, per cinque anni. Come console firma i Capitoli della maestranza del 1633. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 128; A. Daneu, 1975, p. 84; E. Tartamella, 1985, p. 221; Eadem, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 30; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 42; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Andrea Castelli, probabilmente appartenente alla stessa famiglia di Giancristoforo, fu attivo a Palermo, con bottega “al Cassaro”. Il 29 gennaio 1633, riceveva da un paggio di Marcantonio V Colonna, un pagamento “per una guantiera tonda di rame dorato, coralli et oro all’uso et una catena di coralli sciolti”. Allo stesso artista si rivolgeva poco più di un decennio dopo l’Almirante di Castiglia, Giovanni Alfonso Enríquez de Cabrera, per “uno specchio grande guarnito di coralli”. (R.F. Margiotta)
Bibliografia: Appendice…, in Pietro Novelli…, 1990, p. 535; R.F. Margiotta, La ricerca d’archivio…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 172; M.C. Di Natale, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 46; Eadem, Orafi, argentieri e corallari…, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 27.
Castiglione
Antonio Castiglione, corallaro trapanese attivo nel secolo XVII, firma come lavorante i Capitoli della maestranza del 1628 che in data 26 maggio furono sottoscritti da trentatré maestri e sette lavoranti: i primi tre riguardavano la paga dei lavoranti. Il nome di Giuseppe è inserito da M. Serraino nell’elenco dei maestri che operarono nei secoli XVII e XVIII. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; E. Tartamella, 1985, p. 222; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Castro, Crasto (Casto, lu Crastu)
Un Nicolaus lu Crastu è citato come testimone in due atti notarili, relativi a vendite di corallo, del 27 aprile 1470 e del 17 aprile 1477 con l’appellativo “magister” verosimilmente da riferire alla sua attività di corallaro. Un Simone Crasto sottoscrive nel 1628 la prima stesura dei Capitoli della maestranza stabiliti nel 1628 e firma come Simone Castro quelli del 1633 nei quali vengono aggiornati e modificati alcuni articoli. Nei Capitoli del 1633 è presente anche Nicolò Castro. Con il cognome Casto, forse trasformazione di Castro, vengono indicati due corallari: Diego e Pietro, che certamente dovevano avere raggiunto nella seconda metà del secolo grande fama e abilità. Diego nel 1670 riceve dal viceré di Sicilia, Claudio La Moraldo di Lignè, un pagamento per l’esecuzione di due crocefissi e una “Notre Dame” in corallo come risulta dal Libro dei conti, conservato nell’Archivio Lignè a Beloeil (11 dicembre 1670). Nello stesso libro e nella stessa data è registrato un altro pagamento effettuato nei confronti di Pietro per un anello con corallo. (L. Novara)
Bibliografia: A. Daneu, 1964, pp. 84, 112-113; M. Serraino, 1968, p. 114; E. Tartamella, 1985, p. 60 n.105, pp. 220, 221; S. Costanza, 1986, pp. 42, 49 n. 82; A. Sparti, 1986, docc. 247, 303; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 31; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 48; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem Castro Nicolò e Castro Pietro; R. Vadalà in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem Crasto Simone; R. Pace, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem Castro Diego.
Chaeli
Elia, corallaro ebreo attivo a Trapani nel XV secolo. Nel 1477 vende corallo lavorato a paternostri a Giuda Sarmani. (R. Vadalà)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, p. 61; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Chagegi
Numerosi sono gli ebrei cittadini trapanesi che recano il nome Chagegi e di cui sembrerebbe capostipite Chagegi de Chagegi padre di Briga e documentato nel 1429; lungo l’arco del XV secolo diversi apprendisti o lavoranti che recano questo nome ormai cognomizzato, sono attestati in botteghe di diversi maestri corallari quasi sempre ebrei. Un Guglielmo Chagegi, vissuto nella prima metà del XV secolo, è attestato per avere abiurato la confessione ebraica e avere aderito al cristianesimo spontaneamente: è infatti ancora lontano il 1492, anno dell’editto di espulsione degli ebrei dalla Sicilia, in seguito al quale molte furono le conversioni dettate dall’interesse di mantenere il patrimonio accumulato, in qualche caso non indifferente. Briga Chagegi il 13 dicembre 1429, con il consenso del padre Chagegi de Chagegi, si impegna per un anno presso il maestro corallaro Nicola Testagrossa. Sono suoi fideiussori il padre Chagegi ed il fratello Nissim. Apprendista corallaro è anche Muxa Chagegi, figlio di Saccone. Il 12 gennaio 1469 viene assunto come garzone nella bottega del corallaro ebreo Ioseph Cuyno, rappresentante di una numerosa famiglia di corallari attiva a Trapani nel XV secolo, il quale si impegna per contratto ad insegnare al ragazzo ad penetrandum, secandum et laborandum curallos. Sono invece indicati come lavoranti Raffaele e Mordachay. Raffaele, figlio di Bracha, nasce a Trapani nel 1441 circa. In qualità di laborator curallorum è citato in un atto redatto dal notaio Scrigno il 20 marzo 1455, in cui si stabiliscono i termini della sua prestazione d’opera presso il maestro corallaro Machalufo Greco. Anche i Greco saranno presenti in gran numero nel panorama dell’artigianato trapanese di quel secolo. Nel 1468 Raffaele Chagegi presta la sua opera per tre mesi presso il corallaro Leone Levi. Il nome di Mordachay Chagegi, con l’indicazione della cittadinanza trapanese, è menzionato in un documento del 1490 che lo indica come lavorante del corallo presso la bottega di Mordachay de Cardamono. (R. Vadalà)
Bibliografìa: C. Trasselli, Sull’espulsione…, 1954, p. 19; E. Tartamella, 1985, pp. 102, 109; A. Sparti, 1986, docc. 68, 167, 226, 232, 345; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Chilfa
Tra gli ebrei trapanesi che recano il nome Chilfa Xalomus, artigiano del corallo, viene menzionato in un documento del 21 gennaio 1455 per la vendita di coralli lavorati rotondi e ad “olivetta”. E. Tartamella annovera tra i corallari ebrei attivi a Trapani nel XV secolo Muxa, Mordachay e Nissim Chilfa. (R. Vadalà)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, p. 93; A. Sparti, 1986, doc. 162; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem Chilfa Xalomus.
Chirusi
Doveva essere una bottega ben avviata intorno alla metà del XV secolo, quella di Xalomo Chirusi, maestro corallaro ebreo documentato nel 1456 quando prende a servizio per due anni Xalomo de Girachio, figlio minore di Muxa, e nello stesso anno contrae società con Amirano Barbaruso al fine di lavorare e vendere coralli a Palermo. Potrebbe trattarsi di quel Samuele Chirusi che dodici anni prima veniva messo a bottega presso Rachamino de Rachamino con contratto di garzonato stipulato presso il notaio Giacomo Miciletto il 14 gennaio 1444 dai suoi fratelli Muxa ed Elia Chirusi. Nel 1441 un Raffaele Chiruso contrae società con Samuele Cuyno: quest’ultimo avrebbe lavorato il corallo che Raffaele si impegnava a vendere in Sardegna. (R. Vadalà)
Bibliografia: C. Trasselli, 1948, p. 44; G. Bresc-Bautier, H. Bresc, 1982, p. 45; A. Sparti, 1986, pp. 154, 167, doc. 104, 105; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Chirkena
È documentato alla fine del secolo XV a Trapani Sadono Chirkena, corallaro di religione ebraica. Nel 1488 assieme a Muxa de Amuri si impegna a “incidere et… taglari” corallo per Mordachai Cardamuni, dietro compenso “pro incisura” di 12 grani per ogni libbra di corallo. (L. Novara)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 105; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Ciminello
Indicato dagli storici trapanesi come l’inventore del bulino, strumento per incidere e scolpire il corallo, Antonio Ciminello è nato a Trapani nel 1520 circa, da una famiglia di discreta agiatezza; ebbe indubbiamente capacità inventive fuori dal comune che lo portarono alla ricerca continua, alla sperimentazione e all’invenzione. Il Di Ferro lo definisce “meccanico” e gli attribuisce doti istintive per il disegno e inclinazione verso la geometria. Al Papa Paolo III che voleva trasferire l’obelisco egiziano proveniente da Eliopoli, dal circo di Nerone in altro luogo, il Ciminello, come altri ingegneri del tempo, presentò un progetto rimasto però senza esito. Tra le sue invenzioni vanno ricordati: l’ordigno d’artiglieria detto “vite”, l’albero e la vela di prua per le galee, sistemi di movimento e suono per piccole statuine. Partecipando alla difesa di Gerba nel 1560 provvide, tramite metodi che non volle mai svelare, a dissalare l’acqua e a renderla potabile, salvando così migliaia di soldati che rischiavano di morire per sete. Il Di Ferro avanza l’ipotesi che il Ciminello abbia eseguito anche lavori in corallo e precisamente il gruppo cosiddetto della “Casta Susanna” ed una mano, entrambi conservati nel Museo Settala di Milano, indicati come opera de “il gran siciliano”, da Pietro Francesco Scarabelli nella descrizione del Museo. La scena della casta Susanna tra due sarcastici vecchioni, realizzata in un unico ramo di corallo “cinabrino”, è resa con gusto, vivacità e perizia tecnica. Non conosciamo l’anno della sua morte. Di lui si sa inoltre che, dalla moglie Francesca, ebbe due figli, Nicolò nato nel 1554 e Leonarda nel 1573. (L. Novara)
Bibliografia: L. Orlandini, 1605, p. 44; P. F. Scarabelli, 1667, pp. 7, 16-17; V. Nobili, 1698, p. 782; A. Mongitore, 1742-1743, p. 225; G. M. Di Ferro, Biografia…, tomo III, 1831, pp. 60, 61, 63, 69; F. De Felice, 1936, p. 18; A. Daneu, 1975, pp. 51-59; S. Costanza, 1986, p. 27; M. Guttilla, 1986, p. 125; M.C. Di Natale, Oro, argento…, in Splendori…2001, p. 31; Eadem, L’arte del corallo…, in Mirabilia coralii…, 2009, p. 55, 57; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 111; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, pp. 39-40; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem; S. Intorre, Coralli trapanesi …, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 106.
Ciotta
Nota famiglia trapanese di corallari e scultori che lavorarono diversi materiali: legno, corallo, avorio, pietre dure. Tra la fine del secolo XVI e gli inizi del XVII fu attivo Leonardo, maestro corallaro, il quale era possessore di beni immobili. Il nome di Giuseppe compare in documenti degli inizi del secolo XVII; sposato con Giovanna Mazzini, è padre di Giacomo, Mario senjor, Ippolito e Pietro. Le notizie riguardanti un altro Giuseppe Ciotta, maestro corallaro del secolo XVIII, cui fa riferimento S. Costanza, riguardano probabilmente un discendente omonimo che aveva tenuto bottega in una delle isole del quartiere Casalicchio di Trapani, denominata “di mastro Ciotta” per la presenza, fin dal secolo XVII di esponenti della famiglia; nel secolo XVIII, il chierico Giacomo, figlio del maestro Giuseppe, vi possedeva delle proprietà immobiliari. Giacomo nel 1600 va a bottega dal maestro Alberto Speziali il quale dovrà corrispondergli, nel corso di tre anni, una retribuzione che aumenterà annualmente e proporzionalmente al perfezionarsi della pratica (S. Costanza, 1986, p. 30). Mario senjor, corallaro attivo nel secolo XVII, era figlio di Giuseppe e fratello di Pietro e Ippolito. Nel registro della chiesa di S. Lorenzo di Trapani, nell’anno 1623, è registrato il suo matrimonio con Francesca Peri dalla quale ebbe Mario junior, famoso scultore. Come maestro firma i Capitoli della maestranza dei corallari del 1628 e i successivi del 1633. Nel 1643 si impegnò ad eseguire alcuni crocefissi in corallo su croce di rame e di argento, da inviare a Messina. L’attuale presenza nel Duomo e nel Museo Regionale di Messina di crocefissi in corallo indurrebbe a credere che siano prodotti importati da Trapani e forse quelli provenienti dalla bottega di Mario Ciotta, ma non va sottovalutato il fatto che Pietro, fratello di Mario, dopo l’insurrezione artigiana del 1671/72, costretto ad abbandonare Trapani, perché escluso dallo indulto, si trasferì a Messina nel 1673 per sfuggire alla giustizia e lì aprì una bottega dove lavorò il corallo e l’avorio e fu autore di crocefissi e “santici”. Ippolito lavorò il corallo, l’avorio e il legno. Figlio di Giuseppe e fratello di Mario major e Pietro, eseguì numerose opere in corallo e ne insegnò le tecniche di lavorazione a tanti giovani, tra cui un certo Giovanni Felice che frequentò la bottega del Ciotta per volere del padre. Sue opere documentate sono quelle che nel 1680 consegnò al palermitano Diego Grassellino, e precisamente due “macchine” in corallo con le rispettive figure di S. Francesco Saverio e S. Francesco di Paola su vascello, ed altri due vascelli. Le macchine erano in genere composizioni scenografiche di rame, corallo, smalto e argento, formate da una sorta di carro trionfale a forma di vascello (del tipo del carro di S. Rosalia, disegnato da Paolo Amato per il festino del 1693) sul quale veniva collocata la figura di un Santo. Anche i vascelli erano ricche composizioni in corallo, rame, smalto e argento, con caravella collocata su base esagonale, la cui tipologia è documentata da due esemplari di collezione privata di Palermo: l’analogia del soggetto incoraggia Lucia Ajovalasit ad ipotizzare che le due caravelle palermitane potrebbero essere quelle uscite dalla bottega di Ippolito Ciotta nel 1680. Sebastiano, corallaro e scultore, fu attivo nel secolo XVII. In qualità di console della maestranza dei corallari firma i Capitoli del 1628 e come semplice maestro quelli del 1633. Nel 1631 sposò Maria Peri, sorella di Francesca, moglie di Mario Ciotta senjor. Nella sua bottega lavorò il giovane Giuseppe Gervasi che vi entrò a soli otto anni, con un contratto per sei, stipulato tra lo zio Giacomo Tobia e il maestro Ciotta. Inoltre Sebastiano subaffittò al collega Antonino Bartolotta una bottega nei pressi di via dei Corallari, nella quale era possibile tenere lavoranti ed espletare “artem corallarii”. Eseguì numerose opere in corallo ed avorio, soprattutto crocefissi e “santici”. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 110-113, 120, 129; E. Tartamella, 1985, pp. 139, 220-221; S. Costanza, 1986, pp. 30, 41, 45; L. Ajovalasit, scheda n. 160, e M.C. Di Natale, schede nn. 104-105, in L’arte…, 1986, pp. 271-272, 350; L. Novara, in L. Sarullo, Dizionario…, vol. III, 1994, ad voces; M.C. Di Natale, Oro, argento…, in Splendori…, 2001, pp. 33, 49; Eadem, Il corallo…, 2002, p. 13; Eadem, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, pp. 31, 32, 34; Eadem, L’arte del corallo…, in Mirabilia coralii…, 2009, p. 73; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 115; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, pp. 47, 50; Eadem, Apparati effimeri…, in OADI. Rivista…”, a. IV, n. 7, giugno 2013, p. 73-75; Eadem, Un Crocifisso di corallo…, in Una vita…, 2013, pp. 79-80; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces; M.C. Di Natale, Orafi, argentieri e corallari…, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 20; S. Intorre, Coralli trapanesi…, 2016, p. 15.
Coculla
Corallari e scultori trapanesi, Leonardo e Vincenzo Coculla o Cuculla sono documentati tra la fine del secolo XVII e gli inizi del XVIII. Serraino inserisce Leonardo nel capitolo “Del corallo” ma più precisamente trattasi di uno di quei maestri trapanesi che lavorarono indistintamente l’avorio, il corallo, la madreperla, l’alabastro e la pietra incarnata; nel 1706 eseguì una statua in alabastro per la Chiesa Madre di Comiso. Vincenzo, nel 1701 stipulò un contratto con un tal Giacomo Maltese con il quale si impegnava ad andare a Genova per lavorare il corallo. Il contratto, prorogabile ogni sei mesi, consentiva al Coculla di condurre con sé anche un lavorante al quale il Maltese avrebbe corrisposto uno stipendio mensile di due scudi e mezzo; la paga del maestro sarebbe stata invece di quattro scudi e dodici tareni al mese. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 113, 122; L. Novara, in L. Sarullo, Dizionario…, vol. III, 1994, ad vocem; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 32; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces; S. Intorre, Coralli trapanesi …, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 106.
Comentato (de)
Matteo, orafo palermitano documentato attivo dal 1542, acquista il 12 luglio 1555, dal sacerdote Pietro de Morana, cappellano di San Giacomo la Marina, restam unam de paternostris de curallo tundis parvettis per 18 tarì. (G. Travagliato)
Bibliografia: G. Travagliato, doc. I.230, in Splendori..., 2001, p. 754; Idem, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Connori
Matteo, argentiere palermitano, sembrerebbe aver lavorato anche il corallo, almeno a giudicare dai seguenti oggetti ritrovati nella sua bottega dopo la morte, avvenuta nel 1511: cruchectas duas de curallo guarnutas de argento, unam magnam et aliam parvam; unam cruchectam de curallo sguarnutam; unum curallum guarnutum cum tribus ingastis de argento; duas<sic>curallos a dintigleri; unum librettum de curallo guarnutum di argento; dui cori di curallu guarnuti di argento; unum par paternoster<sic>de curallis; unam caxectam, intus quam sunt certi residui de curalli; unu parudi paternostri di curallu, cum una cruchecta bianca di matriperni et uno Asgnu<sic>Dei di oru ismantatu; una buxuletta, intra la quali su certi paternostri di curalli et uno morsu di curallu ingastatu; unu Santu Sebastianu di curallu guarnutu di oru; dui cavalli di curallu di scacchi; una Pietati di curallu cum la cruci guarnuta di argentu; dui testi di meculu; dui meculi in testi di menzu rilevu; uno paro di paternostri di curallu tundi, cum li partimenti di cargidonia (ASPa, Notai defunti). (G. Travagliato-P. Scibilia)
Bibliografia: S. Barraja, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem Gnori (Connori, Conori) Matteo.
Consales
È documentato alla prima metà del secolo XVIII Bartolomeo, corallaro trapanese. Il suo nome compare in un’ingiunzione del 1712 emanata dal Senato di Trapani per vietare ai maestri di lavorare il corallo nella propria abitazione. L’ordine si rivolgeva in particolare a ventisei corallari, ai quali se ne aggiungevano altri sette che non tenevano bottega nella via della maestranza: Bartolomeo Consales era tra questi. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Corso
Famiglia di corallari ricordata da S. Costanza come una di quelle che avevano costituito nei secoli XVI e XVII il “gotha dell’arte” e che intorno alla metà del XVIII vede i propri membri “sospinti dal loro stesso successo verso una condizione di soddisfatta possidenza”, annoverando canonici e notai. Tra i corallari attivi nei secoli XVII e XVIII, M. Serraino ricorda un Giovan Battista e un Nicola. Nicola nel 1673 riscuote una somma di denaro per la vendita a Napoli di cinque crocifìssi in corallo. Frequenti sono nel Seicento i rapporti degli artigiani trapanesi con i mercati delle altre città isolane e fuori dall’isola, per la vendita di vari oggetti tra cui spiccano numerosi i crocifissi in corallo su rame dorato di cui sono uno splendido esempio quelli della seconda metà del XVII secolo arricchiti dallo smalto e dall’argento oggi in numerose collezioni isolane. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 112-114; S. Costanza, 1986, p. 41; M.C. Di Natale, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 117; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 48; C. del Mare, L’eredità trapanese…, in OADI. Rivista…”, a. IV, n. 7, giugno 2013, p. 166; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Cosenza (Cusenza)
Paolo Cosenza nacque a Trapani l’11 gennaio del 1736 e morì nella stessa città il 16 giugno 1789. È stato menzionato dalle fonti ottocentesche come scultore e poeta trapanese, particolarmente esperto nella lavorazione del corallo, dell’avorio e dell’ambra. La sua iniziale inclinazione per il disegno, infatti, fu subito incoraggiata dal padre che lo inviò a studiare nella bottega del pittore Giuseppe La Francesca, e seguendo la sua predisposizione ben presto si dedicò all’incisione, esercitandosi sulle pietre dure. Tra i suoi primi lavori i biografi trapanesi menzionavano un Tizio trafitto da Apollo “sovra a corallo”, ispirato dal racconto del sesto libro dell’Eneide e che “stabilì la sua fama, gli aprì la strada di un guadagno utile e vantaggioso”. In avorio scolpì un cammeo con la dea della Persuasione, descritta da Di Ferro “con un braccio disteso in atto di declamare”, mentre teneva “nell’altra mano un fulmine ed una catena di fiori, significando il potere della ragione e il diletto del sentimento”. Lo stesso studioso attribuì all’artista un cammeo su ostrica, rappresentante il Nilo come un vecchio sdraiato accanto al fiume, con il volto coperto da un velo e circondato da un paesaggio occupato da papiri, coccodrilli e qualche uccello egiziano. Secondo la critica a lui contemporanea, queste opere gli attirarono da un lato “una gran folla di rivali” che aspiravano allo stesso merito, dall’altro gli procurarono una vasta committenza, costituita anche da viaggiatori stranieri. Non sempre però l’artista ricevette il consenso della sua clientela, in quanto peccava molto spesso di “troppo rapida immaginazione” accompagnata da una certa incostanza che gli impediva di lavorare a lungo su una stessa opera. Successivamente, come scrisse Di Ferro, l’artista volendo “moltiplicare gli oggetti cari ad un lusso raffinato” e “produrre nuovi fornimenti”, si dedicò alla lavorazione dell’ambra, sostanza che sapeva essere stata usata dai greci come “principale figura nei loro ornamenti”. A questo proposito lo scrittore Rosario Gregorio, nei suoi “Discorsi intorno alla Sicilia”, ricordava Paolo Cosenza come “l’inventore dell’incisione sull’ambra”. Una delle prime opere rappresentava Tamiri musico di Tracia, dall’aspetto trasandato e triste, in piedi accanto alla sua Pelia. A terra, accanto al personaggio centrale, l’artista raffigurò una lira con le corde spezzate, volendo simboleggiare così la decadenza delle Belle Arti. Con lo stesso materiale eseguì anche diverse collane, bracciali, orecchini e altri monili. La sua passione per la poesia – con la quale, pur non avendo frequentato le scuole, era entrato in contatto grazie alla conoscenza di vari letterati ed alla continua lettura dei classici – lo spinse a cimentarsi in composizioni poetiche. Alla sua penna le fonti attribuiscono due sonetti contenuti nella raccolta di poesie in lode del dotto P. Luigi da Precida. (I. Bruno)
Bibliografia: A. Gallo, ms. XV.H.15, XIX sec., cc. 275r e v; R. Gregorio, 1830, I, p. 140; G.M. Di Ferro, Biografia…, tomo III, 1831, p. 96, 100, 103; G.M. Fogalli, ms. 1840, p. 664; F. De Felice, 1936, p. 26; P.E. Sgadari di Lo Monaco, 1940, p. 36; E. Tartamella, 1985, p. 87; D. Ruffino, in Ori..., 1989, p. 410; D. Malignaggi, 1994, p. 100; M.C. Di Natale, I cammei…, 1997, p. 270; I. Bruno, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Nato intorno alla metà del secolo XVIII, Rosario Cosenza, figlio di Paolo, seguì l’arte del padre lavorando coralli, ambre, conchiglie, alabastri, “ma fuori d’imitarlo non poté vincerlo affatto” (Fogalli). È documentato come maestro corallaro, nel registro della chiesa di San Lorenzo di Trapani degli anni 1819-1822 quando aveva circa sessanta anni. (R. Vadalà – L. Novara)
Bibliografia: P. Benigno di Santa Caterina, ms. 1810, I, p. 337; G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 664; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Costantino
Bracha, figlio minore di Muxa lu Costantino, ebreo cittadino di Trapani, nel 1455 si impiega per imparare l’arte presso il maestro corallaro Mindocho Rizu. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 170; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Cristaldo
Francesco, è citato con la qualifica di paternostraro in un atto di procura stipulato a Palermo il 13 ottobre 1618. (G. Travagliato)
Bibliografìa: G. Travagliato, doc. I.334, in Splendori…, 2001, p. 760; Idem, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Crivello (Crinillo)
Corallaro trapanese nato nel secolo XVII, Giovanni è fra i trentatré maestri che nel 1628 firmarono e approvarono i Capitoli della Maestranza e tra i trentasei che nel 1633 sottoscrissero i successivi con aggiornamenti e modifiche. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 113; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; A. Daneu, 1975, p. 84; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Curatolo (de)
Corallaro, indicato con il solo cognome de Curatelo, tra i maestri ai quali è diretta una ingiunzione del 1712, emanata dal Senato di Trapani, con la quale si vietava di praticare la lavorazione del corallo nelle abitazioni private, poiché la cosa era sconveniente sia per la Maestranza che per il pubblico o i forestieri che volessero comprare corallo lavorato. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Curvino (de)
Corallaro trapanese, neofita cristiano, Iacopo è documentato nell’anno 1550 quando, insieme con il collega Angelo Lo Presti, s’impegna a lavorare corallo per Geronimo de Cuxino, al fine di estinguere un debito contratto con quest’ultimo. (L. Novara)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 370; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Cutugno
I nomi di Nicola e Pietro Cutugno compaiono assieme a quello di altri maestri corallari in un ordine giuratorio del 30 luglio 1712, con il quale ingiungeva ai suddetti maestri di non lavorare il corallo nelle loro case perché era dannoso sia per la maestranza che per il pubblico o i forestieri che volessero comprare corallo lavorato. Pietro inoltre, in qualità di console della maestranza, nel 1742 firma, per ratifica ed approvazione, l’atto con il quale si stabilivano le somme da corrispondere ai lavoranti e alle donne, a secondo delle libbre o dei crivelli di corallo lavorato. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 113; E. Tartamella, 1985, p. 224; S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Cuxa
Tra gli ebrei cittadini trapanesi che recano il nome di Cuxa e che esercitano l’attività di corallari, sono documentati Muxa, Busacca, e i fratelli Xamuel e Iosep. Muxa è attestato nel 1425, quando compra corallo dal nobile Lanzone Fardella. Xamuel risulta documentato dal 1448 al 1455 per la vendita di corallo lavorato a paternostri e a bottoni e nell’anno 1455 per la vendita di corallo lavorato a bottoni è suo socio in affari il fratello Iosep. Infine, in un documento del 1477 è citato Busacca, che avrebbe fornito al corallaro Minto Ysacca il suo “cribello”, per “penetrare” il corallo fornito a questo da Mordachai Cardamuni. (R. Vadalà)
Bibliografia: G. Bresc Bautier, H. Bresc, 1982, p. 47; Tartamella, 1985, pp. 60, 93, 118; A. Sparti, 1986, docc. 125, 126, 140, 168; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem; Eadem, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem Cuxa Busacca; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces Cuxa Iosep e Cuxa Xamuel.
Cuyno (Cuchino)
Affermata doveva essere nel XV secolo a Trapani l’attività dei Cuyno: numerosi sono gli artigiani del corallo di origine ebraica attestati con questo nome e verosimilmente tutti afferenti allo stesso gruppo familiare. I molti atti notarili stipulati per compravendita di corallo grezzo o lavorato, anche fuori dall’isola, e i diversi contratti di garzonato o apprendistato, possono essere considerati segno di una attività ben avviata. Già Aldo Sparti ritiene che Cuyno e Cuchino siano varianti di uno stesso cognome, come nel caso di Iuda Cuyno, che nel 1478 prende a bottega Busacca de Alexandria perché impari l’arte di lavorare il corallo. Busacca, oltre alle consuete prestazioni all’interno della bottega si impegna ad accudire la figlia neonata del maestro: è frequente come in questo caso, che le mansioni del giovane apprendista esulino dallo specifico lavoro della bottega interessando in alcuni casi la vita della famiglia presso cui è domiciliato. Lo studioso identifica questo Iuda Cuyno con Iuda Cuchino che nel 1474 impiega per tre anni Nissim di Xamuel Laurifici. Allo stesso modo riteniamo sia lo stesso artigiano quello registrato indifferentemente come Charonus Cuyno e Cuchino in atti dal 1412 al 1458, e che risulterebbe tra i capostipiti di questa lunga discendenza. Nel 1412 Charonus Cuchino con Faronius de Iusifo, si impegna a pagare Andrea della Franchisca per l’acquisto di corallo grezzo. Charonus intratterrà ancora rapporti con Andrea della Francisca nel 1443 come risulta da un atto del notaio Miciletto dove risulta con il nome Cuynus. Nel 1427 con Faronio de Medico e Amurusu de Marsiglia costituisce una società per la vendita di paternostri di corallo che saranno consegnati per mano dello stesso Charono a Israel de la Perna che li venderà a Trapani e nel Regno di Sicilia, principalmente a Palermo: H. Bresc vede in questa società il tentativo degli artigiani di avviare in proprio l’attività commerciale per sottrarsi al monopolio dei mercanti. Il rilievo della figura di Charonus Cuynus è valutabile anche da un documento del 1433 da cui si apprende che in quell’anno esegue la stima di una partita di coralli. Presso la sua bottega vengono impiegati diversi giovani con contratto annuale: Sabuti e Mordachai Greco nel 1438 e Sadias Lu Presti nel 1458. Attivo all’inizio del secolo XV è anche Fadalono Cuyno documentato dal 1418 al 1449 in atti relativi all’acquisto di corallo grezzo e all’impiego di Busacca Taguaf presso la propria bottega, e padre verosimilmente di quell’Elia citato nei documenti come Fadaloni e attivo nella seconda metà del secolo. Tra il 1469 e il 1471 sono documentati rapporti commerciali con Abraam Ablas, Nissim Levi e Iudas Sarmani ai quali vende coralli lavorati comu nexinu di la petra seu mola, cioè semplicemente levigati, così come venivano fuori dalla mola per la pulitura, e che venivano in alcuni casi definiti da un’approssimativa rotondatura. Anche nel caso di questo maestro, diversi sono i contratti di garzonato e apprendistato, che si susseguono per far fronte ai ritmi lavorativi della bottega: nel 1474 prende a bottega Sabuti Cactanu il quale si impegna oltre che per i servizi ordinari, anche ad vendemiandum et salmentandum, nel dicembre del 1475 Machalufo Samarruni e ancora nel 1476 si impegna ad insegnare l’arte a Iosep, il quale si impiega presso di lui per due anni come garzone. Presso la sua bottega, Elia Fadaloni aveva accolto come garzone da novembre ad aprile del 1467, Nissim Cuyno, figlio di Samuele, ad laborandum corallos, e lo stesso Nissim verrà nuovamente impiegato per due mesi e mezzo a partire dal 19 gennaio del 1469 ad penetrandum corallos. Si intrecciano così le attività delle botteghe: Samuele infatti aveva a sua volta un’avviata bottega nella quale nel 1440 lavorava il giovane Charono de Purfachi e nel 1488 i fratelli Iuda e Nissim Nigia; il fratello minore di questi, Machalufo Nigia, alla stessa data è allocato presso la bottega di Nissim Cuyno, che doveva essere divenuto maestro già nel 1486 quando accoglieva nella sua bottega come garzone Turi Muxa. Nel 1441 Samuele aveva creato una società con Raffaele Chiruso per vendere e comprare corallo in Sardegna: Samuele aveva il compito di lavorare il corallo a Trapani e consegnarlo al socio. Ancora nella prima metà del secolo opera Brachamo: nel 1436 prende a bottega Muxa de Laurifici impegnandosi, oltre al regolare stipendio, a fornirgli i calzari e nel 1444 si accorda con un tale Giovanni di Benincasa perché questi venda per suo conto a Venezia del corallo lavorato a olivetta. Nel 1449 è documentato Isacco Cuyno per aver venduto corallo lavorato ai palermitani Agostino de Paulo e Gerardo de Spera. A questi fitti rapporti commerciali extra moenia, si devono aggiungere le relazioni intrattenute da Xalomo, citato nei documenti come figlio di Lucio, che nel 1456 fornisce al nobile Enrico La Mattina del corallo lavorato “secondum la mustra ki havi mastru Andrea de Firrario de urbe Panormi”: un’opera di riferimento palermitana e un committente di alto prestigio, Enrico La Mattina, che altre volte interviene nel settore del corallo non solo per commissionare opere, ma anche per la compravendita di corallo grezzo da cui trae profitti rilevanti. Xalomo inoltre nello stesso 1456 si impegna con Amiranu Barbaruso per la lavorazione e la vendita del corallo: Xalomo, ricevuti i rotoli di corallo lo consegnerà lavorato ad Amirano per la vendita a Palermo. Documentato dal 1449 al 1474 è Iosep Cuyno, figlio di un Elia che risulta già morto nel 1456, e padre di un Charonus, forse nipote di quel Charonus documentato a partire dal 1412, che prosegue l’attività paterna, risultando documentato tra il 1486 e il 1491. Figlio di Iosep, forse quello già citato, è Muxa documentato tra il 1468 e il 1469 per la lavorazione e la vendita di corallo. Ricordiamo infine Mordachay: documentato per la vendita di corallo lavorato a partire dal 1450, si impiega insieme al figlio Bracha, presso la bottega di Sabet Cuyno ad rotundandum corallos. Un Sabet Cuynu, forse lo stesso, è documentato a Trapani nel gennaio del 1479, come cittadino palermitano. (R. Vadalà)
Bibliografia: G. Trasselli, 1948, p. 44; G. Bresc-Bautier, H. Bresc, 1982, pp. 45, 47; E. Tartamella, 1985, pp. 55, 60, 109, 197; A. Sparti, 1986, docc. 1, 3, 59, 63, 70, 82, 87, 93, 104, 106, 130, 141-142, 174, 176, 179, 184, 188, 220, 224, 225, 227, 232, 233, 237, 242, 250, 253, 254, 255, 263, 265, 268, 272, 276, 282, 287, 289, 290, 291, 314, 315, 318, 319, 321, 329-330, 351 e p. 349; R. Vadalà e L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
D’Amico
Vito, corallaro e scultore trapanese, è indicato dal Serraino tra i maestri che operarono tra il XVII e il XVIII secolo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Daidone
La nota famiglia di argentieri Daidone è documentata a Trapani lungo tutto il XVIII secolo e fino agli inizi del XIX. È forse avo di questi abili maestri, lo scultore in corallo trapanese Giacomo Daidone, attivo nel XVII secolo. Nel 1625, insieme agli orafi Sebastiano Domingo e Pietro Gallo e agli scultori in corallo Matteo Bavera e Giuseppe Barraco, si impegna con Antonino Saltarello, orafo e corallaro, a lavorare oro e corallo ad Alcamo, Palermo e in altri centri dell’isola, per un salario annuo di 24 onze ciascuno. (R. Vadalà)
Bibliografìa: G. Di Marzo, 1880-1883, vol. II, p. 378; P.M. Rocca, 1884, p. 429; C. Filangieri, 1891, vol. I, p. 45; A. Daneu, 1964, p. 83; B. Liverino, 1984, p. 114; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 30; Eadem, L’arte del corallo…, in Mirabilia coralii…, 2009, p. 73; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 46; R. Cruciata, Capolavori trapanesi…, in OADI. Rivista…”, a. IV, n. 8, dicembre 2013, p. 49; F.P. Campione, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem; M.C. Di Natale, Orafi, argentieri e corallari…, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 26.
Danguida
Pittore e scultore in avorio, Ascanio Danguida visse nel XVI secolo e appartenne all’ordine dei gesuiti. Lo storico Agostino Gallo scrisse che l’artista, originario di Nicosia, si distinse sia nel campo della pittura sia in quello della scultura e “tenuto in molta considerazione in Roma fu creato canonico lateranense”. Morì probabilmente nel 1601. Beritelli La Via lo menzionò tra le personalità illustri di Nicosia e affermò che era un canonico regolare lateranense “non men destro nel maneggiare il pennello, che nell’impugnare la penna”. (I. Bruno)
Bibliografia: A. Gallo, ms. XV.H.15, XIX sec., c. 325; G. Beritelli La Via, 1852, p. 352; I. Bruno, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Danisi
Maestro corallaro trapanese, documentato alla metà del secolo XVI, Giovan Vito Danisi, nel 1555, insieme ai colleghi Nicolò Buba, Leonardo De Caro, Antonio Zifra, stipula un contratto con il maestro corallaro Andrea Murriali, per la vendita del prodotto lavorato. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 45 n. 8; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Diabeni
Vincenzo, corallaro trapanese, attivo nel secolo XVII. La sua firma è tra quelle dei trentasei maestri che nel 1633 approvarono e sottoscrissero le modifiche e gli aggiornamenti ai precedenti Capitoli della Maestranza del 1628. (L. Novara)
Bibliografia: A. Daneu, 1975, p. 84; E. Tartamella, 1985, p. 221; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Ditta
Antonino e Vincenzo Ditta esercitarono l’attività di corallari a Trapani, nel secolo XVIII; i loro nomi compaiono in documenti dell’epoca. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, vol. I, 2014, ad vocem; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Federico (de, di)
Corallaro documentato nella prima metà del XVII secolo. Il suo nome figura tra i debitori e testimoni annotati nel Libro di Conti di Francesco Valescio (v.), suo suocero. Il 22 novembre 1634 gli viene commissionato una custodia “di ramo ingastata di corallo” dalla fondatrice del monastero dell’Assunta, suor Teresa dello Spirito Santo, al secolo Juana della Cerda duchessa di Montalto.
Bibliografia: G. Mendola, Quadri, palazzi…, in La Sicilia…, 2006, p. 164; V.A. Anselmo – G. Travagliato, ad vocem Valescio, infra; P. Palazzotto, Il monastero…, in Sacra et pretiosa…, in corso di stampa.
Felice
Il giovane Giovanni Felice, figlio di Pietro, viene messo a bottega, per apprendere l’arte, presso il corallaro e scultore trapanese Ippolito Ciotta, documentato al 1680. (R. Vadalà)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 110; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Fileccia
In documenti del secolo XVI compaiono i nomi dei corallari e scultori trapanesi Giacomo, Vincenzo e Vito Fileccia. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Dizionario…, vol. I, 2014, ad vocem; Eadem, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Filippi (de)
Due corallari trapanesi attivi nel secolo XVII portano il cognome de Filippi: Andrea e Antonio. Il primo è uno dei trentatré maestri firmatari dei Capitoli della maestranza, stabiliti nel 1628. Il nome di entrambi compare tra quelli dei trentasei corallari che approvarono e sottoscrissero, nel 1633, i successivi capitoli, apportando modifiche e aggiornamenti. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Fiumara
Giuseppe, corallaro vissuto nel XVII secolo. Acquisì la cittadinanza trapanese “per duttionem uxoris”. Nel 1601 lavora nella bottega di Francesco Raineri “ad faciendum artem curallarii” collaborando con lui per tre anni per un compenso annuo di 12 onze e dichiarandosi disponibile a recarsi in Sardegna con lo stesso Raineri. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 45; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Flexes
Bernardo, corallaro trapanese vissuto nel secolo XV. Nel 1443 risulta già morto e la vedova Giovanna, assieme a Charono e Samuele Cuyno promette di saldare, in due soluzioni, un debito contratto dal marito con Andrea La Francesca per l’acquisto di corallo. (L. Novara)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 104; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Fontana
I corallari trapanesi Ernesto e Melchiorre Fontana furono attivi nel secolo XVII; il loro nome si ricava da documenti dell’epoca. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Forti
Famiglia trapanese di incisori e scultori che operano tra il XVIII e il XIX secolo. “Credibile non sembra come costoro in unica volontà e con un vincolo di perfetta e costante società siasi riuniti all’esercizio di scolpire e incidere ostriche e alabastro (…) senza riuscir l’uno meno dell’altro” (Fogalli). Le notizie più tarde riguardano Giacomo, figlio di Leonardo e Paola, che nel 1750 sposa Vincenza Pipitone. Da un inventario delle opere presenti nella sua bottega alla data 31 marzo 1779, risultano numerose sculture in pietra, avorio, osso, ambra, pietra lattea e madreperla: cinquanta croci di pietra, sessanta acquasantiere grandi e piccole, trenta figurine di pietra alte cm. 25, dodici figure di pietra alte più di cm. 25, ventiquattro figure di pietra alte cm. 10,3, un San Sebastiano di pietra, tre storie d’avorio, un Cristo morto, quindici croci d’osso, cinque figure d’avorio, un Cristo d’avorio ed inoltre molte figure di osso, cocci di ambra e pietra lattea, guglie di avorio e oggetti di madreperla. Altro è l’omonimo Giacomo Forti, sposato con Angela e padre degli scultori e incisori su alabastro e conchiglia, Nicolò, morto nel 1801 all’età di 52 anni, e nato quindi intorno al 1749, e Michele, morto nel 1825: di quest’ultimo il Fogalli ci riferisce che nasce nel quartiere trapanese di S. Pietro e che nella sua bottega produssero lavori “de quali fece un grosso traffico per fuori regno”. Proseguì l’attività paterna il figlio di Nicolò, Giacomo jr., che, “nato per accidente in Napoli” e ancora vivo e in esercizio nel 1840, quando il Fogalli scrive le sue Memorie, viene da questi ricordato come scultore “nella sola specie in alabastro ed in conchiglie”. Alla stessa famiglia appartiene Pietro, figlio di Girolamo e Maria e cugino in primo grado di Michele e Nicolò, che esercitando anche lui l’arte scultorea su alabastro e conchiglie, come i suoi parenti, “divenne ugualmente ricco, insigne e padrone di una generosa bottega”. Non conosciamo il rapporto di parentela con Leonardo Forti, argentiere operante a Trapani e divenuto maestro nel 1776. (R. Vadalà)
Bibliografia: P. Benigno di Santa Caterina, 1810, I, p. 337; M. Fogalli, ms. 1840, f. 666; M. Serraino, 1968, p. 122; L. Novara e R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Furco
Attiva famiglia di corallari e scultori trapanesi, dei secoli XVI e XVII. Un Gaspare risulta, nella seconda metà del XVI secolo, possessore di beni immobili. Leonardo e Nicolò sono tra i maestri che firmarono sia i Capitoli della maestranza nel 1628, sia del 1633 con modifiche e aggiornamenti. Gaspare, diverso dal precedente, nel 1688 affidò al mercante Andrea De Amelia, per venderli a Cagliari, due crocefissi su croci incastonate di corallo ed una statuina di Maria Immacolata. Era inoltre possessore di beni immobili. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 112, 114; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; S. Costanza, 1986, p. 45 nota 11; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 32; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Gaetano (di).
Corallari e scultori trapanesi del secolo XVIII. I nomi di Giuseppe e Vincenzo compaiono in documenti dell’epoca. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Gagliano
Giuseppe, corallaro trapanese attivo nel secolo XVII. È uno dei maestri che approvarono e firmarono sia i capitoli della Maestranza del 1628, sia quelli del 1633 con aggiornamenti e modifiche. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; A. Daneu, 1975, p. 86; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Gallo
Simone, corallaro trapanese, è documentato nel 1628 e nel 1633, anni in cui firma i primi Capitoli della maestranza e i successivi, modificati e aggiornati. In documenti del secolo XVIII compare il nome di un altro corallaro: Gaetano. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; L. Novara, in Dizionario…, vol. I, 2014, ad voces.
Galvaro
È attestato Giacomo Galvaro, corallaro trapanese attivo nel XVII secolo. Veniva rifornito di corallo dal grossista Vito Morana Barlotta. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 108; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Gammina
Leonardo, corallaro, è tra i maestri ai quali è diretta una ingiunzione del Senato di Trapani del 1712, con la quale si vietava la lavorazione del corallo nelle abitazioni private, poiché la cosa era sconveniente sia per la maestranza che per il pubblico o i forestieri che volessero comprare corallo lavorato (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Ganga
Francesco, argentiere e corallaro palermitano documentato attivo dal 1616 al 1640. Nel febbraio del 1638 si obbliga in solidum con l’argentiere Giuseppe Oliveri a realizzare una sfera d’argento supra deorata et corollata dove s’ha da mettere l’ostia consacrata del Santissimo Sacramento, una raiia dorata et una intagliata di corallo, destinata al tesoro della cattedrale di Cefalù, con argento, oro e cristalli forniti dal committente, il vescovo Ottavio Branciforte, al prezzo di dieci onze; l’opera dovrà essere consegnata entro la successiva Domenica delle Palme. (G. Travagliato)
Bibliografia: S. Barraja, 2001, p. 672; R. Termotto, 2002, p. 20; M.C. Di Natale, Don Camillo…, in La Madonna…, 2009, p. 123; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 116; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 47; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem; M.C. Di Natale, Orafi, argentieri e corallari…, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 36.
Garofalo (de)
Paolo de Garofalo, lavorante del corallo abitante di Trapani, nel 1429 si impiega presso la bottega del magistro Nicola Testagrossa, impegnandosi, oltre ad assolvere i tradizionali compiti, a sorvegliare la bottega e a seguirlo nei viaggi che lo avrebbero portato fuori Trapani. (R. Vadalà) Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 67; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem; S. Intorre, Coralli trapanesi …, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 106.
Gaudi (Gaudio)
Iosep Gaudi, trapanese, il 4 settembre 1476 si impiega come garzone per due anni, sotto la responsabilità del padre Sibiteni, presso la bottega del maestro corallaro Elia Cuyno, il quale si impegna ad insegnare l’arte al ragazzo. Potrebbe essere una variante dello stesso cognome quella di Sadias Gaudio che, in qualità di garzone presso la bottega di Machalufo de Medico, è citato in un atto del 27 aprile 1470. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, docc. 291, 248; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Genovese
Antonino, scultore di cammei, attivo a Trapani agli inizi del XIX secolo. Presumibilmente lavorò anche il corallo. (L. Novara)
Bibliografia: P. Benigno di Santa Caterina, 1810, I, pp. 337-338; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Gergentano
Corallari trapanesi di religione ebraica, vissuti nel secolo XV. Aronne e Montotera Gergentano si impegnano nel 1492 a trasferirsi a Napoli per lavorare paternostri per lavorare paternostri per un mercante di quella città, per la durata di un anno e dietro compenso di trecento ducati comprensivi di vitto e alloggio. (L. Novara)
Bibliografia: G. Filangeri di Satriano, 1888, pp. 344-345; E. Tartamella, 1985, pp. 79-80, 94; C. del Mare, L’eredità trapanese…, in OADI. Rivista…”, a. IV, n. 7, giugno 2013, p. 165; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Geronimo, Girolamo (de, di)
Nota famiglia di corallari trapanesi attivi nel secolo XVIII. Giuseppe, verosimilmente lo stesso indicato da M. Serraino con cognome di Girolamo, e Sebastiano ricevettero nel 1712 l’ingiunzione da parte del Senato di Trapani di non lavorare il corallo nelle proprie abitazioni, in quanto la cosa era sconveniente sia per la maestranza che per il pubblico o i forestieri che volessero comprare corallo lavorato. Il nome di Antonino de Geronimo, citato dal Serraino come di Girolamo, compare tra quelli dei firmatari dell’atto del 1742, con il quale si stabilivano le quote in denaro da corrispondere ai lavoranti e alle donne per ogni libbra o crivello di corallo lavorato. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 113-114; E. Tartamella, 1985, p. 224; S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Gervasi
Giuseppe Gervasi, all’età di otto anni, viene messo a bottega per otto anni presso lo scultore in corallo Sebastiano Ciotta, attivo nella prima metà del XVII secolo. Non sono noti eventuali rapporti di parentela con lo scultore trapanese Vincenzo Gervasi, attivo al 1621. (R. Vadalà)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 110, 127; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Giacalone
Con il cognome Giacalone, in documenti dei secoli XVII e XVIII, sono citati i corallari e scultori trapanesi Didaco, Giacomo, Vincenzo e Vito (secolo XVII), Alberto, Angelo e Mario (secolo XVIII). (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, vol. II, 2014, ad voces.
Giacometto
II giovane Domenico Giacometto viene locato da Domenico Artale a servizio presso il corallaro e scultore trapanese Vito De Bono, per apprendere l’arte, certamente dopo il 1628 quando il maestro, documentato fino al 1687, figura ancora come lavorante. Il contratto prevede una permanenza in bottega di sette anni: per i primi quattro il ragazzo doveva arrotondare il corallo, nei due successivi “perciarlo” e nel settimo scolpirlo. (R. Vadalà)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 110; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Gioiuzza
Famiglia di corollari trapanesi attivi nel XIX secolo, oltre che in quella città, anche a Palermo, Napoli e a Parigi, dove aprono negozi alla ricerca di centri commercialmente più favorevoli. É noto Giuseppe, presente con la sua ditta a varie esposizioni nazionali e internazionali: premiato nel 1873 all’Esposizione Universale di Vienna e nel 1876 a Filadelfia, dove è presente accanto alle note ditte Ascione di Torre del Greco e Melillo di Napoli, espone a Parigi nel 1878 “bigiotterie in corallo montate in oro e bigiotterie artistiche”. Alla stessa Esposizione di Parigi è inoltre presente la ditta “Gioiuzza Lomonaco Vincenzo e C.”, indicata come palermitana ma residente a Parigi, che espone “Oreficerie e coralli”. (R. Vadalà)
Bibliografia: Esposizione…, 1878, pp. 123-124; A. Putaturo Murano, 1989, p. 14; A. Periccioli Saggese, 1989, pp. 55, 62; M.C. Di Natale, Gli epigoni…, 1996, p. 85; Eadem, I cammei…, 1997, p. 270; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Giorgio (di)
II corallaro Alberto di Giorgio nasce a Trapani da Carlo e Maria Vamella e viene battezzato il 20 ottobre 1792. È uno dei principali artefici trapanesi della lavorazione in corallo nel XIX secolo, cui si dedicò, come riporta il Fogalli, dopo un periodo di studio e di affinamento della tecnica. Quest’ultima è particolarmente celebrata in relazione all’unica opera nota dell’artista, una “collana di corallo a maglie d’unico pezzo, unitamente alla medaglia con ritratto di S.M. [Ferdinando II]”, presentata all’esposizione organizzata a Palermo dall’Istituto d’Incoraggiamento d’Agricoltura, Arti e Manifatture nel 1834. In quell’occasione riscosse una medaglia d’argento. L’opera, la cui fattura fu anche rivendicata da Domenico Signorino, rivelava a detta del Fogalli, “tutta la forza del patetico, che rende ammirevoli, sublimi ed inimitabili i lavori [da lui] prodotti”, e mostrava il Re in una mitica versione da guerriero ellenico, di chiara matrice neoclassica, “nudo nel corpo, ma ornato dal collo in sotto di vestimenti da lanciere, con lo scudo, le croci, coi cordoni e fiocchi e altri geroglifici reali”. (P. Palazzotto)
Bibliografia: G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 668; Catalogo di saggi…, 1834, pp. 8, 27; M.C. Di Natale, Gli epigoni…, 1996, p. 87; M.C. Di Natale, Cammei…, 1997, p. 272; M. Grimaldi, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Giovanni (di)
Francesco, corallaro trapanese, attivo nel secolo XVII, come maestro firma sia i capitoli della maestranza stabiliti nel 1628 che i successivi del 1633 con aggiornamenti e modifiche. Il nome di Vincenzo è inserito da M. Serraino nell’elenco deimaestri che operarono nei secoli XVII e XVIII. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; E.Tartamella, 1985, pp. 220-221; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Girachio (de)
Corallaro trapanese di religione ebraica, Sadono de Girachio si dedicò anche al commercio di corallo lavorato. Nel 1468 si impiega presso Nissim Romano ad rotundandum curallos. Nel 1477 compra del corallo lavorato da Josep Seson e ne vende di grezzo a Raphael Grecus. (L. Novara) Bibliografia: E. Tartamella, 1985, p. 93; A. Sparti, 1986, docc. 229, 279, 288, 308; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Grammatico
I corallari trapanesi Giovanni e Giuseppe, attivi nel secolo XVIII, sono tra i maestri ai quali è diretta l’ingiunzione del 1712 con la quale il Senato di Trapani vietava di lavorare il corallo nelle case private. Il nome di Giovanni compare inoltre tra quelli dei firmatari dell’atto del 30 luglio 1742 con il quale si stabilivano le norme di pagamento per i lavoranti e per le donne. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 113; E. Tartamella, 1985, p. 224; S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Grazia (de)
Antonio, corallaro trapanese, attivo nel secolo XVIII. È uno dei maestri destinatari di un’ingiunzione del Senato di Trapani del 1712, con la quale si vietava la lavorazione del corallo nelle abitazioni private. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Greco (Grecus )
Numerosi artigiani dediti alla lavorazione del corallo sono documentati a Trapani dal XV secolo al XVIII con il nome Greco, nei documenti più antichi a volte citato come Grecus o Grecu. Si tratta di un cognome ampiamente diffuso su tutto il territorio isolano e per altro rintracciato anche in altri ambiti produttivi: ricordiamo gli intagliatori lignei catanesi della seconda metà del XVIII secolo, Francesco e Antonino, o gli argentieri, Pietro, operante a Catania nel XVI secolo e Antonino Joanni attivo nel 1612 nella stessa Trapani. Ma la tendenza, almeno fino ai primi decenni del Settecento, a mantenere l’attività familiare ci spinge ad osservare l’attività dei corallari trapanesi Greco riferendoli in vario modo ad uno stesso ambito familiare ove si è mantenuta per tre secoli la stessa attività. Affermata doveva essere laloro attività a Trapani già nel XV secolo: numerosi sono gli artigiani del corallo, di origine ebraica, attestati con questo nome. I molti atti stipulati per compravendita di corallo grezzo o lavorato, anche dall’isola, e i diversi contratti di garzonato o apprendistato, ci sembrano possano essere considerati segno di un’attività ben avviata. Quasi tutto il secolo ricopre l’attività di Faronio, figlio dell’ebreo Iosep: nel 1418 era già maestro e prende a bottega per un anno Salomo de Scono, figlio di Bracono; quando in un atto del 14 luglio 1488 viene menzionato in qualità di suocero di Ayeti lu Presti, doveva verosimilmente avere già lasciato l’attività. Nel 1453 è ricordato in un inventario redatto dal not. Formica, in quanto debitore degli eredi di Andrea e Disiata Insaffa e nel gennaio del 1458 vende del corallo lavorato al corallaro Nissim Romano, come spesso accadeva tra i maestri trapanesi del XV e XVI secolo per la commercializzazione dei loro manufatti fuori la città di Trapani. Ulteriori esempi sono forniti dal contratto del 1471 in base al quale Elia Greco vende del corallo lavorato a paternostridi colore rosso intenso ovvero “sangui et picati”e dall’accordo stipulato nel 1477 tra Sadoni de Girachio e Raphael Grecus, corallaro. Quest’ultimo è documentato fino al 1488 quando compra da Ayeti lu Presti un servo negro di 10 anni di nome Bugar segno di raggiunto benessere. Ricca di interessanti attestazioni documentarie è anche l’attività dei fratelli Mordachai (anche trascritto come Mirdochai o Mordochai) e Sabutus, figli di Sadoc, che nel 1438 svolgono per un anno garzonato presso il maestro corallaro Charono Cuyno, appartenente ad una prestigiosa famiglia di corallari ebrei. Nel 1456 i due fratelli comperano da Federico La Mattina gli introiti della tonnara di Bonagia, sulle coste trapanesi, dando in pagamento 50 libbre di corallo che, secondo contratto, deve essere lavorato “secundum la mustra de li curalli ki havi magister Andria de Firraru de Panhormo”. Sabutus risulta documentato fino al 1460. Mordachai risulta menzionato in alcuni atti notarili come padre di Sadoc che lo affianca negli affari, come risulta da un documento del 16 dicembre 1476. Nel 1479 salda un debito del corallo lavorato, arrotondato, pulito e infilato, alla condizione che, versando la somma dovuta entro un mese, gli sarebbe stato restituito il corallo.E’ inoltre noto Machalufus per alcuni contratti di garzonato e apprendistato: nel 1455 impiega nella sua bottega Raffaele Chagegi, quattordicenne figlio di Bracha, per impegnarsi in tutto ciò che è pertinente alla lavorazione del corallo e nel 1488 prende a bottega Bracha, figlio minore di Pasquale de Butera con l’impegno di insegnargli l’arte. Ancora nel XVII secolo è attestata l’attività di maestri corallari Greco, come quell’Agostino che partecipò all’insurrezione artigiana del 1672-1673 in cui ampia parte ebbero proprio i corallari, e venne, come molti altri, espulso dalla città con bando del marchese Bajona del 1 aprile 1673. Un altro è tra i maestri che nel 1742 sottoscrivono un atto del notaio F. Amico in cui vengono apportate, per intervento del Senato cittadino, alcune modifiche ai Capitoli della maestranza. È infine citato da Serraino Francesco Greco che veniva rifornito di corallo dal rais Giacomo La Lasigna. (R. Vadalà)
Bibliografia: C. Trasselli, 1948, p. 45; M. Serraino, 1968, pp. 120, 108; G. Bresc – Bautier, H. Bresc, 1982, p. 47; E. Tartamella, 1985, pp. 16, 59, 55, 109, 118, 139, 224; A. Sparti, 1986, docc. 2, 87, 157, 167, 178, 185, 194, 257, 296, 307, 309, 315, 335, 338, 340; L. Novara e R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Grimaldi
È attivo a Trapani nel XVII secolo il corallaro CosmoGrimaldi. Nel 1628 è maestro e firma i Capitoli della Maestranza. (L. Novara)
Bibliografìa: E. Tartamella, 1985, p. 220; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Guarnotta
I fratelli Francesco Antonio, Giovan Battista e Giuseppe, corallari trapanesi, attivi nel secolo XVIII avviarono nel 1752, a Trapani, un’industria per la lavorazione del corallo. In documenti del secolo XVIII compare inoltre il nome di Ernesto. Salvatore nel 1890 è tra i corallari iscritti alla camera di Commercio di Trapani. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 115; S. Costanza, 1986, pp. 42, 49 nota 82; M.C. Di Natale, Gli epigoni…, 1996, p. 87; Eadem, I cammei…, 1997, p. 273; L. Novara, in Arti decorative…, vol. I, 2014, ad voces.
Guazo
Pietro Antonio, orafo palermitano. In un atto del 6 ottobre 1553, vanta un credito di 5 onze e 18 tarì, in cui è compreso il prezzo unius restae de paternostris de curallo cum octo partitoribus de auro, probabilmente realizzata nella propria bottega, verso tale Pietro Soler. (G. Travagliato)
Bibliografia: G. Travagliato, doc. 1.191, in Splendori…, 2001, p. 752; Idem, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Guida
I fratelli Carlo e Leonardo Guida, celebri incisori e scultori trapanesi, furono attivi nel secolo XIX. Carlo (1838-1863) lavorò in modo geniale sia il corallo che la conchiglia, creando pregevoli cammei alcuni dei quali furono acquistati dal Museo di Dublino (“L’officina di Vulcano”, “Putto che intreccia l’edera”, “Amore e Psiche”). Praticò anche la pittura, sotto la guida di Leonardo Mazzarese e Leonardo Marrone. Per la qualità dei suoi lavori, la Commissione governativa d’Italia lo invitò ad esporre sue opere alle Esposizioni internazionali di Firenze del 1861 e di Londra del 1862. Nonostante avesse ricevuto vari riconoscimenti, sia in Italia che all’estero, a Firenze e a Nuova Orleans, la sua breve vita fu molto infelice: finì infatti i suoi giorni a soli ventitré anni, nel 1863, in un manicomio di Palermo. Leonardo, eccellente incisore di coralli, nacque a Trapani il 3 agosto 1843 e morì il 3 marzo 1929: fu anche autore dei mezzobusti del dott. Solina e di Garibaldi. Con altri quattro corallari nel 1883 fu tra i primi a sottoscrivere azioni presso la neocostituita Banca del Popolo per il valore di L. 2.500. Il suo nome compare fra i corallari iscritti alla Camera di Commercio di Trapani nel 1890. De Felice lo ha considerato “l’ultima fiamma di questa nostra gloriosa arte” e Maria Accascina qualificato esponente della scultura trapanese. Per l’alta qualità delle sue opere in corallo e dei cammei, nel 1882 la commissione della Camera di Commercio ed Arti di Messina gli conferì una medaglia di bronzo. Nel 1883 ebbe inoltre il brevetto di incisore e fornitore della Reale Casa, per avere inciso due cammei per Umberto I e Margherita di Savoia; gli viene inoltre attribuito un cammeo raffigurante Vittorio Emanuele II. Fu autore di Crocefissi e di una piccola scultura raffigurante Ebe, la coppiera degli dei, nell’atto di mescere il nettare; due puttini in lotta per un pappagallo che stava accovacciato su un ramo, attribuitagli da Briguccia e scolpiti in un unico ramo, furono presentati alla Mostra Internazionale di Londra del 1862. (L. Novara) Bibliografia: E. Gabrau, Relazione…, 1864, p. 361; Esposizione…, 1864, p. 31; F. Mondello, 1883, p. 60; F. De Felice, 1936, p. 27, nota 2; S. M. Briguccia, Il cammeo…, 1957, pp. 23-26; M. Accascina, 1975, p. 425; M. Serraino, 1976, p. 275; E. Tartamella, 1985, p. 140; S. Costanza, 1968, p. 49 nota 82; G. Bongiovanni, in L. Sarullo, Dizionario…, vol. II, 1993; P. Lipani, in L. Sarullo, Dizionario…, vol.. III, 1995, ad vocem, M.C. Di Natale, Gli epigoni…, 1996, pp. 87-88; Eadem, I cammei…, 1997, p. 273; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces; S. Intorre, Coralli trapanesi…, 2016, p. 49.
A Leonardo Guida è stato recentemente attribuito da Sergio Intorre il sottomano ricamato in fili d’oro e coralli già nella collezione March. L’opera, che reca al centro lo stemma dei Savoia, fa parte di un completo da scrittoio in cristallo blu eseguito per la regina Margherita di Savoia ed ereditato dalla Principessa Reale Maria Beatrice. (R.F. Margiotta)
Bibliografia: S. Intorre, Coralli trapanesi…, 2016, pp. 49, 77
Iackinu
Bracha, figlio di Asisa e Iosep Iackinu, ebrei, operaa Trapani nel XV secolo. Nel 1472 viene impiegatodalla madre presso la bottega del corallaro losepCuyno, perché svolga tutti i servizi pertinenti ad artem laborandi curallos et faciendi pargamena. (R.Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 268; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Ilardi
Gaspare, corallaro trapanese indicato dal Serraino tra i maestri che operarono tra il XVII e il XVIII
secolo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Ioeli (de)
Machalufo, ebreo della città di Trapani, è documentato il 25 febbraio 1455, data in cui si mette a servizio del nobile Federico de la Matina per lavorare il corallo. Ioeli si presenta dal notaio senza un parente adulto che si assuma l’impegno contrattuale con il datore di lavoro, se pure, nel documento pubblicato da Aldo Sparti, si legge [minor] annis decem et octo ut apparet per eius aspectum. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 166; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Jona (de)
Nissim, maestro corallaro trapanese di religione ebraica, vissuto nel secolo XV. È documentato dal 1467 al 1474 per la vendita di corallo lavorato e per avere accolto nel 1472 il giovane Daniele Ammar nella sua bottega ad artem laborandi corallos. (L. Novara)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, p. 93; A. Sparti, 1986, docc. 220, 246, 251, 264, 269, 278; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
La Commare
Famiglia di corallari e scultori trapanesi documentata dal secolo XVI al XVIII. I nomi di Antonio, Blasio e Paolo compaiono in documenti del secolo XVI, quelli di Filippo e Giuseppe in documenti del secolo XVII. Un altro di nome Antonio lavorò il corallo nel secolo XVIII. Quest’ultimo è inserito nell’elenco dei corallari che non avevano la bottega nella via della maestranza (via Torrearsa), ai quali è diretta un’ingiunzione del Senato di Trapani del 1712 con la quale si vietava loro di lavorare il corallo nelle private abitazioni. Anche a Matteo è destinata la medesima ingiunzione. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
La Francesca
I fratelli Carlo e Giovanni Battista sono attivi a Trapani alla metà del XVII secolo. Nel 1651 Giovanni Battista s’impegna a realizzare una “trabacca” (paviglione), con ventiquattromila pezzi di corallo, per la Duchessa di Terranova, palermitana. Il contratto stabiliva inoltre che in caso di morte del fratello, Carlo avrebbe completato l’opera. L’anno successivo, nel 1652, lo stesso G. Battista vende al padre gesuita Don Giacono Mirabili, quattro candelabri per altare, incastonati di corallo. Nel XVII secolo sono attivi a Trapani anche alcuni argentieri con il cognome La Francesca. (R. Vadalà)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 115; A. Buscaino, 1990, p. 112; R. Cruciata, Capolavori trapanesi…, in OADI. Rivista…”, a. IV, n. 8, dicembre 2013, p. 49; G. Bongiovanni, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces. Si veda anche R.F. Margiotta, La ricerca d’archivio…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 172; M.C. Di Natale, Orafi, argentieri e corallari…, e R.F. Margiotta, doc. n. IV.2, in Artificia Siciliae…, 2016, pp. 18, 296, che ricordano Sebastiano La Francesca, fratello di Giovanni, mercante di corallo grezzo e lavorato e corallaro.
La Motta
Agostino, corallaro e scultore di corallo di Trapani. Nel 1626 si obbligava con Francesco Valescio per lavorare a Palermo e a Trapani. (R.F. Margiotta)
Bibliografia: G. Davì, Per una storia…, in Il tesoro…, 2008, p. 1171; M.C. Di Natale, Orafi, argentieri e corallari…, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 34.
La Nave
Gaspare, corallaro trapanese, attivo nel secoloXVIII. È console della Maestranza nel 1742, anno
in cui firma il documento con il quale si stabilivanole somme di denaro da corrispondere ai lavoranti ealle donne, oltre che alcune norme sugli acquisti di corallo grezzo. (L. Novara)
Bibliografìa: E. Tartamella, 1985, p. 224; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
La Pica
Natale La Pica lavorò il corallo nel secolo XVII, a Trapani; nel 1628, come lavorante firma i Capitoli della Maestranza dei corallari. (L. Novara)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, p. 221; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
La Rosa
Blasi e Giuseppe, corallari e scultori trapanesi, furono attivi a Trapani nel secolo XVII; i loro nomi compaiono in documenti dell’epoca. (L. Novara)
Bibliografia: L. Ajovalasit, in Dizionario…, II, 2014, ad vocem.
La Targia
Antonio e Giulio, corallari trapanesi attivi nel secolo XVII, sono tra i maestri firmatari dei Capitoli della maestranza del 1628 e dei successivi, aggiornati e modificati nel 1633. Giulio si rifornisce di corallo dal raìs Pietro Giglio. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 108, 114; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
La Torre
Gioacchino, orafo palermitano, consegna il 24 aprile 1708 a don Giovanni Ciancio 250 onze, in denaro e gioielli, stimati dall’argentiere Antonino Napoli, tra cui un paro di brazzola di curallo, un paro di curalli di bambino ed una corona di curallo incatinata d’argento. (G. Travagliato) Bibliografia: C. Sorce, doc. 1.379, in Splendori…, 2001, p. 763; G. Travagliato, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Laudicina
Celebre famiglia di corallari e intagliatori trapanesi la cui attività, fiorente fino alla seconda metà del XIX secolo, si estende anche fuori dall’isola. Nel 1742 sono attivi Vito e Gaspare, tra i maestri che firmano le modifiche apportate ai Capitoli della maestranza dei Corallari e che sono presenti nel 1748 in un censimento degli immobili urbani compiuto dal Senato di Trapani, dal quale si evince che i due corallari avevano le loro botteghe sulla via Grande. Tra la fine del XVIII secolo e la prima metà del XIX sono attivi i figli di Gaspare, attestato anche come mercante di corallo, e Maria Scaduto, Alberto e Michele sr. che fecero parte di quella scuola trapanese dedita ai lavori in alabastro, pietra lattea, cammei sopra conchiglia e madreperla che eccelse raggiungendo in alcuni casi fama nazionale. Michele, nato a Trapani il 2 febbraio 1762, si segnala certamente per la lunga attività e per la fama raggiunta come creatore di cammei dalla resa conforme al gusto dell’antico che imperava nel periodo. Michele Laudicina potè certamente vantare una formazione di alto livello: prima sotto la guida dell’abate Francesco Nolfo, maestro nell’arte dell’incisione, poi di Valerio Villareale, campione del neoclassicismo siciliano (per i rapporti con il Villareale cfr. R. Vadalà, Mito e natura…, in Materiali preziosi…, 2003); dopo un soggiorno di otto anni a Malta, dove – riferiscono il Fogalli e il can. Mondello – fondò una scuola per l’insegnamento dell’incisione su conchiglia “con molto suo lustro e suo lucro”, si recò a Roma dove risedette sedici anni. Qui frequentò la scuola di glittica di Giovanni Pichler e continuò gli studi con Filippo Saecli e i professori Santeroli e Mastrino. Compì numerosi viaggi in varie città: Firenze, dove stette quattro anni, e Vienna, dove ne trascorse altri quattro, e poi Venezia, Genova, Napoli, Milano, Roma, impegnato in compravendita di cammei antichi e in importanti commissioni. A Vienna fu incaricato dall’Imperatore di eseguire il ritratto dell’Imperatrice, sulle ali dell’aquila imperiale, incisione su pietra dura. Si trova a Palermo dal 1814, incaricato per l’insegnamento di Glittica presso la Regia Accademia di Belle Arti. Le ricerche di F. Pipitone hanno recentemente confermato quanto riportato dalle fonti ottocentesche, precisando che la scuola venne istituita il 21 marzo 1814 dietro richiesta dello stesso Laudicina ed ebbe vita fino al 20 aprile 1818 dopo anni di difficoltà finanziarie cui aveva fatto riscontro uno scarso numero di allievi freqentanti. Il Fogalli annota che il Laudicina, grato al sovrano,incise in suo onore un gran numero di cammei e che “il primo cammeo con la reale persona a cavallo fu da lui personalmente donato ad esso augusto Ferdinando”. Nel 1819, infatti, è a Napoli e qui entra in contatto con la corte reale. Racconta Agostino Gallo, principale fonte per le notizie biografiche su Michele Laudicina, che le sue capacità vennero apprezzate da Luisa Migliaccio Principessa di Partanna e seconda moglie di Re Ferdinando I, la quale convinse il re a commissionare al Laudicina un suo ritratto su cammeo d’agata, raffigurante il sovrano a cavallo, in una mano le briglie, nell’altra la lira. Michele Laudicina tornò a Trapani sul finire del 1820, dopo avere fatto domanda per essere riammesso alla Regia Università di Palermo nella carica di maestro d’Incisione. La stessa richiesta viene presentata ancora negli anni successivi, quando, rientrato a Trapani, dove trascorrerà il resto della sua vita, chiederà di essere nominalo Direttore della Scuola di Disegno. Egli otterrà infine la direzione della Reale Accademia di Belle Arti della città, carica mantenuta fino alla morte. Tra le sue opere ricordate dal Gallo, vi sono: i ritratti reali di Francesco I e Isabella su calcedonio e i ritratti di Donna Amalia, moglie del Principe di Trabia, e del poeta Giovanni Meli. Il Briguccia gli attribuisce una tabacchiera con ritratto “in casa del notaio Barresi”, dove pure si individua dello stesso scultore un Esculapio e due Baccanti. Lo stesso studioso considera l’acme dell’opera del Laudicina un cammeo raffigurante Saggezza, Forza e Bellezza: “tre figure sovrapposte di profilo. In superficie, è il florido turgore femminile delle carni bianchissime di una donna. Usando l’ultimo velo del bianco, che sovrapposto al bruno realizza il color marroncino chiaro, egli sfrutta codesto tono per un’immagine virile, aitante, possente nella concezione e nella realizzazione dando la perfetta sensazione dell’uomo rotto a tulle le fatiche. Incidendo il bruno, nella figura di un vecchio barbuto egli presenta l’ultima età dell’uomo, accoppiando il colore che appunto contraddistingue codesta età. Per quest’opera soltanto il Laudicina può essere chiamato l’arcangelo del cammeo conchigliare trapanese”. Sono inoltre a lui tradizionalmente attribuiti i sei cammei in conchiglia raffiguranti purissime scene mitologiche, secondo il corrente gusto neoclassico, conservatipresso il Museo Regionale Pepoli di Trapani: Ebe che offre da bere all’aquila, simbolo di Giove; Giove e Ganimede; Venere sul suo carro a forma di conchiglia trainato da delfini; una testa di Giove; due volti femminili, uno ornato di pampini e uno di fiori. Morì il 16 novembre 1832 a Palermo dove si era recato per affari. Proseguono l’arte di famiglia i figli di Alberto, che si distinsero nell’incisione di cammei e bassorilievi: Giuseppe, Michele e Raffaello che frequentano a Palermo la scuola del Patania per il disegno e del Villareale per la scultura, e risultano attivi nella prima metà del secolo XIX. Si distingue per la “non ordinaria abilità” Michele (Trapani 1804-Palermo 1836), che lavorò per qualche tempo a Napoli preferendo l’incisione dei metalli. Tra il 1830 e il 1836 è attivo presso la Regia Zecca di Napoli. Nel 1835 realizza un cammeo raffigurante Giove su un’aquila che scende dall’Olimpo ed espone alla mostra di Belle Arti del 1855 sei cammei in conchiglia con Michele Traversa. Anche gli altri fratelli soggiornarono a Napoli, centro ormai della produzione in pietre dure e certamente mercato più favorevole. A Napoli matura l’attività di Giuseppe, che il Gallo ricorda come stretto da un forte vincolo affettivo e di stima al fratello Michele. Nato il 25 settembre del 1800, si formò alla scuola dello zio Michele, e a Napoli i suoi pregiati lavori gli assicurarono la fama. Il can. Mondello ricorda alcuni suoi cammei dai consueti soggetti mitologici: Giove e Ganimede, due Baccanti, Psiche e una testa di Ercole. Egli precammei all’Esposizione nazionale di Firenze del 1861. Giuseppe tornerà in Sicilia per un breve periodo alla morte del fratello e in quell’occasione fece realizzare dal Villareale un busto in marmo da inserire nel monumento funebre che fece costruire per il fratello a Napoli. Il busto del Villareale venne eseguito sulla base del ritratto di Michele Laudicina eseguito intorno al 1830 dal pittore Natale Carta, oggi conservato presso il Museo Pepoli di Trapani. Tra le opere documentate di Giuseppe, il Gallo ricorda unatesta di Giove coronato di quercia, imitante il gusto antico, del 1839, presente presso casa Gallo a Napoli. È verosimilmente altro il Giuseppe Laudicina che nel 1880 partecipa al concorso per titoli al posto di insegnante d’Incisione in corallo e pietre dure nella scuola d’Arti e Mestieri di Trapani, bandito dal Municipio di Trapani. Giuseppe presenta un finimento muliebre “dove tolta la esecuzione fatta con bastante meccanismo e pulitezza di lavoro, non essendo questi pregi dimostrati in soggetto di importanza, sia di figure che di ornamento, il concorrente perciò non sembra all’altezza dello scopo desiderato, sebbene lo stesso Signore Laudicina unisce al finimento un Cameo in Conchiglia ritratto di S. Maestà il Re, il quale però non è troppo giusto nello stile del Bassorilievo applicato al Cameo” (Verb. Municipio di Trapani 9 dicembre 1880). Così la commissione incaricata (di cui fanno parte gli insegnanti dell’Istituto di Belle Arti di Roma, Pio Siotto, incisore in cammei, Luciano Bizzarri, scultore, e Domenico Bruschi, pittore) gli preferisce per l’incarico Giovanni Pizzitola. (R. Vadalà) Bibliografia: A. Gallo, ms. XV.H.15, XIX sec., ff. 789, 815-817; P. Benigno di Santa Caterina, ms. 1810, p. 337; G.M. Fogalli, ms. 1840, ff. 668-670; F. Mondello, 1883, pp. 40, 43-44; F. Meli, 1941, p. 16; S. Briguccia, Il cammeo…, 1957, p. 26; A. Daneu, 1964, p. 115; M. Serraino, 1968, pp. 113-114; E. Tartamella, 1985, pp. 87, 224; S. Costanza, 1986, pp. 39,48 nota 78; A. Putaturo Murano, 1989, p. 14; A. Perriccioli Saggese, 1989, p. 55; M.C. Di Natale, Arti decorative…, 1991, p. 76; M.R. Bonanno, Michele Laudicina, in L. Sarullo, vol. II, 1993, p. 282; M.C. Di Natale, Gli epigoni…, 1996, pp. 83-85; Eadem, I cammei…, 1997, pp. 270, 272; Eadem, 2000, p. 255; F. Pipitone, 2002, pp. 55-73; L. Novara, P. Lipani e R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
L’aurifichi (de)
Più volte compare, tra i nomi degli artigiani trapanesi, in diverse varianti, il nome L’aurifichi. Nissim Laurifichi (Laurifici), figlio del trapanese ebreo Xamuel, è documentato nel 1474 in un atto del notaio Castiglione dal quale si evince che per tre anni viene impiegato dal padre come lavorante nella bottega di Giuda Cuchino. Muxa de lu aurifici, figliastro dell’ebreo trapanese Busacca de Bono, è documentato tra il 1436 e il 1476; nel 1436, nominato come de l’aurifichi, lavora per sei mesi nella bottega di Brachamo Cuyno. Un altro documento lo attesta operante nel 1450, data in cui vende del corallo lavorato a Busacca de L’aurifichi. A partire dal 1461 appare documentato con il nome Muxa L’aurifichi: il 15 dicembre di quell’anno paga con del corallo lavorato, 15 pezze e mezzo di velo di seta fatto a Bologna vendutogli da Vincenzo de Albertu. (R. Vadalà)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, p. 111; A. Sparti, 1986, docc. 82, 147, 202, 282, 292; A.M. Precopi Lombardo, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Lazzara
II primo dei Lazzara, corallari trapanesi, documentato è Gaspare, attivo nel secolo XVII; il suo nome compare in documenti dell’epoca. Giuseppe è inserito da M. Serraino nell’elenco dei nomi dei maestri che operarono nei secoli XVII e XVIII. Matteo, vissuto nel secolo XVII, firma come maestro i Capitoli della maestranza stabiliti nel 1628 e i successivi del 1633 con aggiornamenti e modifiche. Antonino compare tra i possessori di case nel censimento effettuato nel 1748 dal Senato di Trapani, sugli immobili urbani. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; S. Costanza, 1986, p. 39; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Levi
Leone e Nissim, maestri corallari trapanesi di religione ebraica, vissuti nel XV secolo. Leone è documentato dal 1468 al 1477 per acquisti e vendite di corallo; egli è detentore di bottega nella quale lavora per tre mesi Raphael Chagegi ad perchandum et rotundandum curallos. (L. Novara) Bibliografia: Tartamella, 1985, pp. 60, 93, 118; A. Sparti, 1986, docc. 226, 243, 247,252, 272, 286, 297-299; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem Leone Levi.
Lignarolo (Lo)
II primo dei Lo Lignarolo ad essere documentato è Antonino, corallaro trapanese del secolo XVI; il suo nome compare in documenti dell’epoca. Bernardo, vissuto tra la fine del secolo XVI e gli inizi del XVIII, è indicato come possessore di immobili. Antonio Lignarolo fu attivo a Trapani nel secolo XVIII. La sua firma è tra quelle dei maestri che sottoscrissero l’atto del 30 luglio 1742 con il quale si regolamentarono la paga dei lavoranti e delle donne, e l’acquisto di corallo grezzo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; E. Tartamella, 1985, p. 224; S. Costanza, 1986, p. 45 nota 11; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Lo Buzzo (Lo Busso)
II primo ad essere documentato con il cognome Lo Buzo è Leonardo, corallaro trapanese, vissuto tra la fine del secolo XVI e la prima metà del XVII. Nell’anno 1600 acquista, assieme ad altri tre maestri, corallo rustico da Andrea Incandila per la somma di 43 onze, 4 tarì e 5 grani. Francesco e Giuseppe, attivi nel secolo XVII, firmarono come ‘lo Buzzo’, trascritto da Serraino Lo Busso, i Capitoli della maestranza dei corallari trapanesi nel 1628. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; E. Tartamella, 1985, p. 221; S. Costanza, 1986, p. 45 nota 10; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Lombardo
Giovanni, corallaro trapanese del secolo XVII, veniva rifornito di corallo da Vito Morana Barletta. Il nome di Nicolo è inserito da M. Serraino nell’elenco dei maestri corallari che operavano a Trapani nei secoli XVII e XVIII. Domenico è presente come testimone alla stipula di un contratto nel 1812. Innocenzo, corallaro e scultore trapanese del secolo XVIII, è indicato in documenti dell’epoca. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 108, 113; E. Tartamella, 1985, p. 65; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Lo Monaco
Nicola, corallaro e scultore trapanese del XVI secolo. Il suo nome compare in documenti dell’epoca. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Lo Salato
Filippo, corallaro trapanese, attivo nel secolo XVII. Nel 1633, come maestro, firma i Capitoli della Maestranza che apportano modifiche e aggiornamenti ai precedenti del 1628. (L. Novara) Bibliografia: E. Tartamella, 1985, p. 221; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Luna
Francesco, corallaro e scultore trapanese del XVIII secolo. Il suo nome compare in documenti dell’epoca. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Luparello
Francesco, scultore in corallo e avorio, nato a Trapani e ivi operante tra la fine del XVII secolo e i primi anni del XVIII. Fu maestro di Andrea Tipa e del figlio Antonino. È inoltre noto Pietro, scultore in legno, operante anche con l’argento e le pietre dure, attivo tra il 1763 e il 1804. Nel maggio del 1802 fa richiesta al sovrano Ferdinando IV di Borbone di ottenere, unitamente al figlio Antonio, la cattedra della pubblica Scuola di Disegno, istituita a Trapani nel 1792 e non ancora aperta. La richiesta del Luparello, a quella data già anziano, non viene accolta e, nonostante successiva supplica del1803, gli vengono preferiti i pittori Francesco Cutrona e Francesco Matera, nominati nel luglio del1804. (I. Bruno)
Bibliografia: P.E. Sgadari di Lo Monaco, 1940, p.73; L. Novara, Luparello Pietro, in L. Sarullo,
Dizionario…, vol. III, 1994; F. Pipitone, 2002, pp.40-54; I. Bruno, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Lu Presti (Lo)
Corallari ebrei attivi a Trapani nel XV secolo. Sadias Lu Presti, figlio di Davide, nasce intorno al 1441. Viene menzionato in un atto del 3 novembre 1458, redatto presso il notaio Francesco Formica, in cui Sadias è qualificato come lavorante presso la bottega di Charono Cuyno. Un altro esponente di questa famiglia, Xalomo, il 4 luglio 1455 si mette a servizio del nobile Federico la Matina ad rotundandum curallum. Sono ancora attestati Amiranus e Azaronus, figli di Giuda, che nel 1491 sono lavoranti, sotto la responsabilità del padre, presso la bottega di Mordachai Cardamono ad ritundari curalli, operazione necessaria per la realizzazione dei grani per rosario, o paternostri, e delle sferette per le collane. Nel secolo successivo è attestato un Angelo Lo Presti, che nel 1550 si impegna a lavorare corallo per Geronimo de Cuxino così da estinguere un debito. (R. Vadalà)
Bibliografia: C. Trasselli, 1948, p. 44; E. Tartamella, 1985, p. 109; A. Sparti, 1986, docc. 169, 188, 346, 370; R. Vadalà e L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Machalufo
Isacca Machalufo, corallaro trapanese, di religioneebraica, è detentore di una bottega nella quale accoglie nel 1467, ad laborandum curallos, il giovane Nissim de Messina che riceverà uno stipendio di un’onza all’anno. (L. Novara)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 223; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Magliocco
Filippo senior. Corallaro trapanese, vanta con atto del 9 settembre 1551 un credito di 24 once e 18 tarì, pro pretio tante quantitatis corallorum, nei confronti di tale Pietro de Leonardo de marca de Ancona, il quale si impegna a saldare entro la successiva festa di Natale (ASPa, Notai Defunti, I stanza, not. Giovanni Luigi Commentato, vol. n. 6266). (G. Travagliato-P. Scibilia)
Bibliografia: G. Travagliato, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Antonio, Filippo e Giovanni Pietro Magliocco, corallari trapanesi, vissuti nel secolo XVII, nel 1628 firmano i Capitoli della maestranza, Antonio e Giovanni Pietro come maestri e Filippo come console; nel 1633 sottoscrivono come maestri la seconda stesura dei capitoli con modifiche e aggiornamenti. Giovanni Pietro si rifornisce di corallo dai pescatori Leonardo Munsia e Francesco Buzzo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 108, 114; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Majorana
Scultore trapanese in alabastro attivo nel XIX secolo, Giuseppe Majorana nasce nel quartiere trapanese di S. Lorenzo nel 1798 da Carlo Lionora e Brigida Majorana. Adotta il cognome materno “pel motivo di trovarsi nel lato materno alcuni individui viventi e più circospetti di quei del lato materno”. Dopo la morte del padre, Giuseppe si trasferisce a Livorno dove esercita l’arte e dove sposa una certa Aloisia Ruggeri. Muore nel 1836. (R. Vadalà)
Bibliografia: G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 671; R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Maltese
Francesco Antonio e Matteo, corallari trapanesi attivi nel secolo XVIII, sono tra i destinatari di un ordine giuratorio con il quale il Senato di Trapani, nel 1712, vietava ai maestri di lavorare il corallo nelle proprie abitazioni. Matteo è inoltre indicato tra i corallari che non avevano la bottega nella strada della maestranza (odierna via Torrearsa), come invece era prescritto. Il nome di Giuseppe, seguito da “alias Muneglia” compare nell’atto del 30 luglio 1742 con il quale i maestri corallari stabilirono le paghe da corrispondere ai lavoranti e alle donne ed alcune norme per regolamentare l’acquisto di corallo grezzo. Un altro Maltese corallaro, Santoro, compare in documenti del secolo XVIII. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 11 3; E. Tartamella, 1985, pp. 224; S. Costanza, 1986, pp. 42, 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, 2014, ad voces.
Mancuso
Domenico, corallaro trapanese attivo nella metà del secolo XVIII. Nel 1712 è tra i destinatari di un’ingiunzione emanata dal Senato di Trapani per vietare ai maestri di lavorare il corallo nella propria abitazione. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Maniscalco
È conosciuta l’attività di Antonino, corallaro e scultore trapanese attivo nel secolo XVII. Nel 1668 affida ad Andrea De Amelia alcuni suoi manufatti perché questi li vendesse a Cagliari: un finimento, un crocifisso, dieci anelli, sette capezzali con effigi della Madonna, di Santa Rosalia, di San Giovanni, di Maria Maddalena, ed inoltre piccole statuine. Coinvolto nell’insurrezione artigiana del 1671/72, venne condannato a morte e poi escluso dall’indulto, fu costretto a fuggì Trapani. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 112, 120; E. Tartamella, 1985, p. 139; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 32; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Manzone
Antonino, corallaro trapanese, attivo nel secolo XVIII. Nel 1742 sottoscrive, con altri maestri, il documento con il quale si stabilivano le somme di denaro da corrispondere ai lavoranti e alle donne, oltre che alcune norme sugli acquisti di coralli grezzo. È ancora documentato nel 1748, data risulta proprietario di immobili. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 113; E. Tartamella, 1985, p. 224; S. Costanza, 1986, p. 39.
Marceca
Giuseppe, corallaro trapanese, attivo nel secolo XVIII. È documentato nel 1742, anno in cui sottoscrive, con altri maestri, il documento con il quale si stabilivano le somme di denaro da corrispondere ai lavoranti e alle donne, oltre che alcune non l’acquisto del corallo grezzo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 113; E. Tartamella, 1985, pp. 224.
Marchese
Famiglia di corallari trapanesi. Dalle ricerche documentarie risultano un Battista operante tra il XV e il XVI secolo, e Antonino attivo nel secolo XVIII. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, 2014, ad voces.
Maria (de)
Gaspare, corallaro e scultore trapanese, è indicato dal Serraino tra i maestri che operarono tra il XVII e il XVIII secolo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 113; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Marino
Il cesellatore ed incisore Gioacchino Marino nasce a Trapani nel 1805 dove “acquista la meccanica di far da argentiero, orefice e gioielliere” (Fogalli). È uno di quegli artefici trapanesi dell’epoca intenti alla lavorazione artigianale ed artistica di materiali per la creazione di raffinati manufatti e gioielli. Noto ben presto per l’incisione su conchiglia e ostrica, gli viene in particolare riconosciuto il merito di avere inventato una nuova tecnica di pulitura e incisione della lignite, con la quale realizzò orecchini, braccialetti e tabacchiere. Una di queste collane “lavorata a bulino con croce e pendenti dello stesso gusto” fu da lui presentata all’esposizione organizzata a Palermo dall’Istituto di Incoraggiamento d’Agricoltura, Arti e Manifatture nel 1836. Francesco Marino, anch’egli trapanese e scultore in legno ed alabastro, lavora a bottega con Alberto Aleo fin dagli anni ‘30 del XIX secolo, partecipando alle esposizioni palermitane dell’Istituto d’Incoraggiamento d’Agricoltura, Arti e Manifatture negli anni 1834, 1836, e 1840. Nel 1840 scolpisce i due angeli tedofori in legno posti ai lati della statua della Madonna di Trapani nel santuario eponimo. (P. Palazzotto)
Bibliografia: Catalogo di saggi…, 1834, pp. 7, 27; Catalogo dei saggi…, 1836, pp. 7, 47; Catalogo dei saggi…, 1840, pp. 42-43; G.M. Fogalli, ms. 1840, ff. 671-672; M. Vitella, scheda III,3, in Il Tesoro…, 1995, pp. 246-247; M. Vitella e R. Bonventre, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Marrone
Ignazio Marrone nacque a Trapani nel 1790 da Leonardo e Michela Romeo e morì nel 1865. É ricordato dalle fonti locali dell’Ottocento come “pregiato scultore ed incisore dì cammei”. Sin da giovane, come scrisse Fogalli, si dedicò “al disegno, alla scultura e all’incisione in conchiglia, indi in corallo e finalmente in legno e in marmo”, lasciando “opere di alta considerazione”. Tra queste lo stesso studioso menzionò una statua in marmo della Madonna di Trapani, “alta palmi tre in marmo orientale, fornita di scherzi d’oro nelle vesti, negli orli, nella corona di lei, e del bambino suo figlio”. L’opera, firmata e datata “Ignazio Marrone di Trapani fece nell’anno 1839”, fu donata a Ferdinando II dallo stesso artista, che non accettò la ricompensa offerta dal re in cambio della statua. (I. Bruno)
Bibliografia: G.M. Fogalli, ms. 1840, p. 672; F. Mondello, 1878, p. 141; I. Bruno, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Martino (de, di)
Francesco, curallaro de civitate Drepani. In un documento del 20 aprile 1552 vanta un credito di 11 once e 11 tarì verso Nicola Santo de Sanctis ed Astolfo de Augustino di Cascia, marce Ancone, i quali promettono di saldare entro il successivo mese di agosto, pro prettio tante quantitatis curallorum laboratorum (ASPa, Notai Defunti, I stanza, not. Giovanni Luigi Commentato, vol. n. 6266). Raggiunta una condizione sociale piuttosto agiata, detta testamento il 13 aprile 1576, ob pestis morbum contagiosum, in cui lega 169 onze e 12 tarì in favore dei figli Antonio e lacobella, dei nipoti, di chiese, conventi e confraternite trapanesi. (G. Travagliato-P. Scibilia)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 27; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 31; Eadem, L’arte del corallo…, in Mirabilia coralii…, 2009, p. 73; G. Travagliato, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Il nome di Girolamo Di Martino compare tra quelli dei sette lavoranti che firmarono, dopo i maestri corallari, i Capitoli della maestranza di Trapani, stabiliti nel 1628. Francesco, corallaro trapanese, fu attivo nella seconda metà del secolo XVII. Temendo di morire improvvisamente di peste, fa testamento con cui dispone di lasciare ai figli Antonio e lacobella solo una parte dei suoi averi, mentre destina la maggior parte a chiese e confraternite per il refrigerio della sua anima. Il nome di Giuseppe compare in documenti del secolo XVII. Inoltre è presente un Vito de Martino tra i firmatari degli Statuti del 1666 che a Trapani riuniscono i “Professori di scultura d’ogni materia”, marmorai, falegnami, ma anche corallai, orefici e argentieri. (L. Novara)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; A.M. Precopi Lombardo, Tra artigianato…, 1997, pp. 88, 111 nota 27; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Marsiglia (de)
Amurusu, maestro corallaro trapanese di origine ebraica. Nel 1427, insieme a Charono Cuchino e Faronio de Medico, costituisce una società commerciale per la vendita di paternostri di corallo con Israel de la Perna al quale i tre soci devono consegnare corallo lavorato per il valore di 10 onze, affinchè quest’ultimo lo venda a Trapani e a Palermo. (L. Novara)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, pp. 55, 94; A. Sparti, 1986, doc. 63; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem Amurusu de Marsiglia.
Mathafiono (de)
È documentato nel secolo XV Mathafiono de Mathafiono, corallaro trapanese di religione ebraica. È indicato come maestro in un atto del 29 marzo 1468 del not. N. Girami, dove si precisa che è creditore di Emanuele de Sansone per la lavorazione di una certa quantità di corallo di proprietà comune. (L. Novara)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 228; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem De Mathafiono Mathafiono.
Maurello
Giovanni Maurello è indicato dal Serraino tra i maestri corallari trapanesi che operarono tra il XVII
e il XVIII secolo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Mazzarese
Incisore, ricordato dalle fonti ottocentesche per essere stato uno dei primi a “scolpire sul nicchio marino”, Salvatore Mazzarese si distinse per l’abilità nello sfruttare la varietà dei colori naturali di questa materia. Sono poche le notizie biografiche esistenti sull’artista. Pare che sia nato a Trapani nella prima metà del XVIII secolo e che si sia trasferito a Roma, dove visse fino alla morte. Sposò Francesca Marceca da cui ebbe due figli: Giuseppe, che si dedicò alla pittura e Anna che, stabilitasi a Napoli, si affermò nel campo della lavorazione delle pietre dure. (I. Bruno)
Bibliografia: A. Gallo, ms. XV.H.15, XIX sec, c. 275; G.M. Di Ferro, Biografia…, tomo III, 1831, p. 99, nota 2; G.M. Fogalli, ms. 1840, p. 673; Thieme Becker, 1930, XXIV, p. 306; I. Bruno, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Medico, Medici (de)
Corallari trapanesi di religione ebraica attivi nel XV secolo. Sono attestati Machalus, Faronio e Iosep. Nel 1470 Machalufus prende per un anno nella sua bottega il giovane Sadias Gaudio, figlio di Iudas, ad laborandum et rotundandum curallos con uno stipendio di 24 tarì. Tra il 1471 e il 1479 è documentato Iosep, che E. Tartamella cita pure come Giuseppe Medici, per acquisti e vendite di corallo. (L. Novara)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, pp. 59-60, 93; A. Sparti, 1986, docc. 248, 261, 264, 301, 303, 316; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Mendula
II giovane Rocco Mendula è documentato presso la bottega di Francesco Mussonico, corallaro trapanese attivo nel XVII secolo, al quale viene affidato dal padre Vincenzo, per apprendere l’arte di lavorare il corallo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 110; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem Mussonico Francesco.
Miano
Doveva essere un orefice abile anche nella lavorazione del corallo, Matteo Miano, palermitano che si rifornisce di corallo dal pescatore trapanese Francesco Buzzo, già documentato nella prima metà del XVII secolo. (R. Vadalà)
Bibliografìa: M. Serraino, 1968, p. 108.
Milanti (Minanti)
Famiglia di scultori trapanesi. Ne è capostipite Antonio, corallaro, nato a Marsala e attivo a Trapani nella prima metà del XVII secolo. Dovrebbe trattarsi del maestro citato dal Serraino come Antonio Minanti. A Trapani sposa una certa Giacoma da cui ha i figli Vincenzo e Leonardo. Vincenzo sposa nel 1643 Antonia Di Via, da cui ebbe i figli Diego e Francesco. Leonardo sposa nel 1655 Rosa Castelli, figlia dello scultore Cristoforo, ed è padre di Giuseppe e Cristoforo, affermati scultori in marmo e legno che svolgono un’intensa attività a Trapani e Palermo tra il XVII e il XVIII secolo. Non sappiamo se Vincenzo e Leonardo continuarono l’attività paterna, anche se Leonardo, con i nipoti Diego e Francesco, è tra i firmati nel 1665/1666 degli Statuti che a Trapani riuniscono i “Professori di scultura d’ogni materia”. Si tratta di un importante documento che pone l’accento sulla tecnica piuttosto che sulla materia adoperata, e che include diversi scultori del corallo che rivendicano l’uso del bulino e delle tecniche proprie della scultura, distinguendosi così dai corallai fabbricatori, ai quali è riconosciuta la politura del corallo e l’uso della lima e del trapano per la realizzazione, principalmente, di sfere per collane e corone di Rosario. (R. Vadalà)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 114, 128-129; I. Bruno, L. Novara, V. Zoric, in L. Sarullo, Dizionario…, III, 1994, ad voces; A.M. Precopi Lombardo, Tra artigianato…, 1997, pp. 88, 91, 99, 111 nota 27; L. Novara, in Arti decorative…, 2014, ad vocem Milanti Antonio.
Milioti
Marco, corallaro documentato a Palermo nel 1725 quando stima le opere in corallo di don Gaetano Ventimiglia lasciate in eredità al suo successore, il principe Giuseppe Emanuele Ventimiglia. (R.F. Margiotta)
Bibliografia: S. Anselmo, Le opere d’arte…, e Inventario…, in Cinquantacinque racconti…, 2013, pp. 373-382, 383-399; R.F. Margiotta, Dizionario…, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 337.
Minaudo
Rocco e Mario, corallari trapanesi, furono attivi nel secolo XVIII. Rocco è uno dei maestri firmatari dell’atto del 30 luglio 1742, con il quale si stabilivano delle norme sulla retribuzione dei lavoranti e delle donne e sull’acquisto di corallo grezzo. Dal censimento sugli immobili urbani, effettuato nel 1748 dal Senato di Trapani si ricava che Mario Minaudo era proprietario di case e magazzini, nella via dei corallari. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 113; E. Tartamella, 1985, p. 224; S. Costanza, 1986, p. 39; L. Novara, in Arti decorative…, 2014, ad voces.
Mineo
Mariano e Nicolò Mineo lavorarono il corallo a Trapani nel secolo XVIII. Mariano nel 1765 fu console della maestranza; con tale carica, assieme ai consoli delle altre maestranze informò il Senato di Trapani, tramite un dispaccio, di avere effettuato, nell’ordine indicato, l’offerta del vino. Nicolò, come console della maestranza, firma l’atto del 30 luglio 1742 con il quale si stabilivano delle norme per la retribuzione dei lavoranti e delle donne e per l’acquisto del corallo grezzo. Il suo nome compare inoltre nei dati del censimento effettuato dal Senato di Trapani sugli immobili urbani nel 1748, in quanto proprietario di case e magazzini nella via dei corallari. L’incisione a bulino del nome Nicolò Mineo sulla lamina d’argento del paliotto d’altare conservato al Museo Pepoli di Trapani, ha indotto De Felice e Scuderi ad individuare come autore del paliotto Nicolò Mineo, sul quale, allo stato attuale delle conoscenze, non risulta alcuna documentazione che comprovi l’attività di argentiere. Poiché il tipo di incisione non corrisponde ad una bulla di garanzia è da credere che Nicolò Mineo sia stato il committente o uno dei committenti dell’opera. (L. Novara)
Bibliografia: F. De Felice, 1936, pp. 37, 41; V. Scuderi, Il Museo…, 1965, pp. 19-20; M. Serraino, 1968, p. 113; V. Scuderi, Architettura…, 1973, p. 56; S. Costanza, 1986, p. 39; V. Scuderi, Paliotto…, 1987, p. 174; E. Tartamella, 1985, pp. 224; L. Novara, scheda II.172, in Ori…, 1989; L. Novara, in Arti decorative…, 2014, ad voces.
Minniti
Antonino, aurifex palermitano, si obbliga con atto del 29 luglio 1547 nei confronti del nobile notaio Pietro Pellegrino di Palermo a polire et ingastare bene et magistrabiliter, ut decet, quondam matrem pernam ipsius nobilis notarii Petri existentem penes ipsum magistrum Antoninum, illius magnitudinis, laboris delicate modo, forma et aliis iuxta formam cuiusdam designi predicti notarii Petri existentis penes dictum magistrum Antoninum et subscripti per manus ambarum partium, quod designum ipse magister Antoninus teneatur et debeat conservare ad opus illud demonstrandi in fine dicti operis, nec non idem magister Antoninus promisit etiam dicto nobili notorio Petro stipulanti facere quemdam puerum in illo loco dicti operis eligendo per eumdem notarium Petrum dictumque opus deorare in totum seu in parte ad electionem et libitum voluntatis ipsius nobilis notarii Petri, et hoc prò magisterio unciarum trium et tarenorum sex ponderis generalis, quod opus, ut supra, faciendum revideri per duos aurifices, eorum comunes amicos, comuniter eligendos; mastro Antonino s’impegna ad ultimare il lavoro entro due mesi ed il notaio Pietro promette di pagargli il compenso pattuito alla consegna dell’opera (ASPa, Notai Defunti, I stanza, not. Antonino Lo Iacono, vol. n. 4297). (G. Travagliato – P. Scibilia)
Bibliografia: G. Travagliato, in Arti decorative…, 2014, ad vocem.
Mirabile (Mirabili)
Il primo corallaro trapanese dal cognome Mirabile ad essere documentato, è Vito, vissuto tra la fine del secolo XVI e la prima metà del secolo XVII. Nell’anno 1600 acquista corallo rustico, assieme ad altri maestri, da Andrea Incandila, per 45 onze, 4 tarì e 5 grani. Come console della maestranza firma sia i Capitoli del 1628, sia quelli del 1633. Giovanni e Giuseppe, attivi nel secolo XVII, sono tra i firmatari dei Capitoli della maestranza del 1633 con i quali vennero apportate variazioni e modifiche ai precedenti del 1628. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; S. Costanza, 1986, p. 45 nota 10; L. Novara, in Arti decorative…, 2014, ad voces.
Molinaro
Natale Molinaro, corallaro e scultore trapane XVII secolo. Il suo nome compare in documenti dell’epoca. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Monaco (de)
Francesco, corallaro trapanese vissuto nel secolo XVI. Accumula un cospicuo capitale che lascia in eredità sia ai suoi discendenti, sia a chiese e confraternite della città. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 27; M.C. Di Natale, Oro, argento…, in Splendori…, 2001, p. 33; Eadem, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 31; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Montalto
Nel 1628 Francesco Montalto firma come lavorante i Capitoli della maestranza dei corallari di Trapani. Non sappiamo se successivamente diventò maestro. (L. Novara)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, p. 221; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Morasca
Pietro, scriptorarius palermitano, il 21 giugno firma un atto d’obbligo con il sacerdote Serafino Lo Castro per “un paro di comodini torti e ritorti di palmi quattro e mezzo di dietro di tavola veneziana foderati d’ebbano violato e friciati di corallino con tre canni fiaccati rame per ognuno, toppe, manigli all’inglesa con pezzi lisci di ramo giallo, cimase e piedi del medesimo rame, con suoi balati di bardiglio di Genova, e di più una moffetta di palmi quattro ed un terzo, lunga e larga quattro palmi due ed un terzo, torta e ritorta, ma secondo l’idea di quella che tiene in suo potere il detto reverendo di Lo Castro, di tavola veneziana con cime, calcioni, tavoloccia con il panno foderata del medemo ebbano e friciata dell’istesso corallino, con suoi toppi, scudi, e piedi all’inglesa, e magistrìbilmente travagliati benvisti a mastro Orazio Vaccarini (anch’esso scrittoraro forse congiunto del precedente e di Pietro, noto anch’esso dal 1698), da terminarsi di tutto legname di bianco tanto li detti comodini quanto la detta moffetta con le sue canne fiaccate e disegno del lavoro d’ebbano per li quattro di giugno 1769”, al prezzo di onze 15 (ASPa, Notai Defunti, VI Stanza, G.M. Pezzino, n. 28774, cc. 504-505). (G. Travagliato)
Bibliografia: G. Travagliato, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Mordachai
Muxa Mordachai, maestro corallaro trapanese di religione ebraica, nel 1477 prende per un anno nella sua bottega, come garzone, il giovane Salomo Romano ad artem laborandi corallos e si impegna ad insegnargli l’arte e a pagargli uno stipendio di 12 tarì (L. Novara)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 305; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Morgana
Antonio Morgana fu “scultore in picciolo” che “operò solamente il bulino e mai lo scarpello” (Fogalli). Attivo fino agli ultimi anni del secolo del secolo XVIII, viene ricordato dal Fogalli per le sue statuette della Madonna di Trapani “piene di leggiadria, esattezza e perfezione”. (R. Vadalà)
Bibliografia: P. Benigno di Santa Caterina, ms. 1810, I, p. 337; G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 674; R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem
Morreale
Saverio, fabricator corallarium, attivo a Trapani nel secolo XVIII. Nel 1768 vendette al messinese Giuseppe Spataro alcune libbre di corallo di qualità “carbonetto e squallo”, in parte “smontato”, in parte “ammezzato”. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 115; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Motisi (Mautisi)
Corallaro trapanese Matteo Motisi è inserito da M. Serraino tra i maestri attivi tra il XVII e il XVIII secolo. Sono inoltre presenti in documenti del XVII secolo Andrea e Giacomo e in documenti del XVIII secolo Giuseppe, Leonardo e Francesco Antonio. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Murriali
Figlio di Giovanni, il corallaro Andrea Murriali è attivo nel XVI secolo. Tra il 1546 e il 1551 stipula diversi contratti con acquirenti di Ancona per la vendita dei suoi manufatti, raggiungendo nuovi mercati, in particolare la fiera di Senigallia. Negli stessi anni e nei successivi egli risulta avere raggiunto una buona posizione sociale e un ruolo di rilievo in seno alla Maestranza. Nel 1547 possiede un mulo per il trasporto, nel 1552 compra un carato della tonnara di S. Giuliano, nel 1553 compra una vigna con tremila viti in contrada S. Marco ed altri immobili. Nel 1555 è console della Maestranza e, in questa veste, invia al viceré De Vega, anche a nome degli altri consoli e dei maestri e lavoranti, una supplica affinchè non venisse estesa agli oggetti in corallo la proibizione di acquisto e vendita da parte degli zafaranarj (ambulanti) di oro, argento e perle. L’esclusione dei prodotti in corallo dal divieto viene successivamente chiarito, ma, nello stesso anno 1555, Murriali, che doveva avere consolidato rapporti commerciali anche al di fuori dell’isola, si accorda con alcuni colleghi, Nicolò Buba, Giovan Vito Danisi, Leonardo De Caro, Antonio Zifra, per la vendita del prodotto lavorato da questi ultimi. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 26, p. 45 note 8, 9, 12-14, p. 46 nota 40; M.C. Di Natale, Oro, argento…, 2001, p. 31; Eadem, L’arte del corallo…, in Mirabilia coralii…, 2009, p. 55; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 109; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 39; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Musico
Domenico, corallaro e scultore trapanese del XVIII secolo. Il suo nome compare in documenti dell’epoca. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Musmeci
Scultore in legno e in avorio, Giovanni Musmeci nacque ad Acireale intorno al 1750 e morì nel 1808. Appartenne ad una illustre famiglia della sua città natale e, come riporta Vigo, fu nipote di “quel Saverio che celebrò Borelli” e “germano a quel Francesco – barone di Torreamera – compianto nel 1778”. Fu allievo di Pietro Paolo Vasta dal quale apprese il disegno. Si dedicò alla scultura in legno e in avorio, ma secondo Gallo lo fece “con mediocre bravura”. Vigo sostenne invece che “lavorò in grande sul legno… e sull’ambra e sulle conchiglie di tutto o mezzo rilievo con leggiadria”. (I. Bruno)
Bibliografia: A. Gallo, ms. XV.H.15, XIX sec., c. 650; L. Vigo, 1827, p. 70; L. Vigo, 1841, pp. 23, 41; I. Bruno, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem
Mussolotti
Paternostraro palermitano, Naiimo è titolare di una bottega con apprendisti e lavoranti, tra cui compare, nel biennio 1540-1542, tale Stefano Bretto, al quale ha precedentemente concesso un prestito di 1 onza e 6 tarì. (G. Travagliato)
Bibliografia: G. Travagliato, doc. 1.50, in Splendori…, 2001, p. 745; Idem, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Mussonico
Francesco, corallaro trapanese attivo nel XVII secolo. Nella sua bottega accoglie il giovane Rocco Mendula, affidatogli dal padre, per insegnargli l’arte di lavorare il corallo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 110; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Naso
Corallaro e scultore trapanese del XVIII secolo, il nome di Tommaso Naso compare in documenti dell’epoca. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Nigia
Famiglia di artigiani del corallo di origine ebraica, attestata a Trapani sul finire del XV secolo. Sono noti i tre figli di Alia per la loro attività di lavoranti presso le botteghe di Samuele Cuyno e di suo figlio Nissim, esponenti di una delle più attive famiglie di corallari del secolo XV: il 14 febbraio 1488 Atia impiega per due anni il figlio minore Machalufus presso la bottega di Nissim Cuyno, ad rotundandum corallos. Lo stesso 14 febbraio 1488 Atia mette a bottega, sotto la sua responsabilità, i figli Iudas, di 12 anni, e Nissim, di 8, presso Samuele Cuyno, rispettivamente per uno e tre anni, con la stessa mansione del fratello Machalufus, di arrotondare il corallo, lavoro manuale che veniva svolto dai lavoranti di bottega con la pietra molara, in seguito alle operazioni di pulitura e taglio dei coralli, e che in modo particolare riguardava il corallo destinato alla fabbricazione dei paternostri o delle sferette per collane. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, docc. 329, 330; R. Vadalà, in Arti decorative…, 2014, ad vocem.
Nissim (de)
Nissim de Nissim, corallaro trapanese di religione ebraica, è documentato dal 1463 al 1475. Nel 1475 risulta socio di Sadono Alluxi nell’arte di lavorare il corallo. (L. Novara)
Bibliografìa: A. Sparti, 1986, doc. 212, 284, 288; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Niza (de)
Giuseppe, scultore trapanese, è indicato dal Serraino tra i maestri che operarono tra il XVII e il XVIII secolo, lavorando avorio, ambra, conchiglia e altri materiali, realizzando “opere preziose che non meno del corallo furono ricercate e si dispersero in tutto il mondo”. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 122; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Nolfo
Illustre famiglia di scultori trapanesi operante dagli ultimi decenni del XVII ai primi del XIX secolo. A proposito del capostipite della famiglia, le fonti riportano notizie confuse. Di Ferro, seguito da Gallo, scrisse che fu Domenico il vecchio, scultore in marmo del XVII secolo, mentre il registro della chiesa di S. Lorenzo di Trapani attesta che fu un certo Giuseppe, sposatesi nel 1684 con Giacoma Bongiorno. Gli altri membri della famiglia, che si distinsero come scultori non solo in marmo, ma anche in legno e in avorio e che contribuirono con le loro opere al prestigio dell’artigianale trapanese furono Antonio e i figli Domenico e Francesco. Antonio (Trapani 1696-1784) eseguì numerose sculture in legno per le chiese trapanesi, molte delle quali riproducevano il simulacro della Madonna di Trapani, di cui realizzò anche copie in avorio. Una di queste fu mandata a Napoli presso il Principe di Bisognano e Pacco, nel 1740. Accanto ai figli Domenico e Francesco, che si dedicarono insieme a lui alla scultura, ebbe inoltre un importante ruolo nella realizzazione dei gruppi dei Misteri. Domenico (Trapani 1730-1782?), seguendo le orme del padre, si dedicò allo studio della scultura e dell’architettura. Visse a Trapani, dove mise su famiglia e si mantenne, oltre che con la sua professione di scultore, anche con la rendita di alcuni terreni di cui era proprietario e con l’attività di mobiliere. Scolpì una serie di statue in legno per le chiese di Trapani e dei dintorni. Insieme con il padre ed il fratello è considerato uno dei principali maestri dell’arte trapanese del presepio, ovviamente dopo Francesco Matera. Si dedicò anche alla scultura in marmo e realizzò un presepio nella chiesa cattedrale di S. Lorenzo e le tre statue raffiguranti la Madonna di Trapani, S. Giovanni Battista e S. Alberto, per la facciata del Municipio e il S. Antonio di Padova, nella chiesa dell’Itria. In collaborazione con il fratello scolpì alcuni gruppi per la processione dei Misteri di Trapani. Francesco (Trapani 1741-1809) fu uno dei maggiori scultori trapanesi del Settecento. Si formò inizialmente nella bottega del padre osservando le opere di quest’ultimo e quelle del fratello. Eseguì in avorio i suoi primi lavori. Completò la sua formazione a Napoli, dove lavorò nella bottega dello scultore Niccolo Pecorella, suo concittadino, che era giunto in quella città per volere di Carlo III. A Napoli eseguì statuine in avorio raffiguranti la Madonna di Trapani. In seguito fece conoscere i suoi crocifissi in avorio a Roma, ottenendo numerosi consensi. Tornato a Trapani, aprì una fiorente bottega. L’artista manifestò la sua abilità non soltanto nelle piccole statuine in avorio e in legno che riproducevano la Madonna di Trapani – che eseguì in gran numero insieme al padre per diverse città della Sicilia – ma anche in altre opere in legno come l’Addolorata, originariamente esposta nella chiesa del Carmine e attualmente conservata nel deposito della Curia vescovile, la Pietà nella chiesa di S. Pietro, e la Madonna di Trapani, eseguita per l’antica chiesa filippina di S. Giovanni ed ora nella chiesa di S. Nicola. Sembra che anche Francesco, come il fratello, si fosse dedicato all’arte del presepe. Nel 1791 entrò a far parte della congregazione di S. Filippo Neri, spinto dal desiderio di ritirarsi in solitudine. Decise allora di lavorare essenzialmente per la chiesa filippina di S. Giovanni, sede della confraternita, dove volle che fosse collocata su un altare l’ultima sua opera, una statua della Madonna di Trapani. (I. Bruno) Bibliografia: A. Gallo, ms. XV.H.15, XIX sec., c. 678; G.M. Di Ferro, Biografia…, tomo III, 1831, p. 169; M. Serraino, 1968, pp. 114, 122, 133; I. Bruno, voci Nolfo Antonio, Nolfo Domenico, Nolfo Francesco, in L. Sarullo, vol. III, 1994, pp. 245-247; L. Novara, Nolfo Giuseppe, in L. Sarullo, vol. III, 1994, p. 247; M.C. Di Natale, Gli epigoni…, 1996, pp. 83, 85; L. Novara, in Arti decorative…, 2014, ad vocem Nolfo Giuseppe.
Norrito
Giacomo, nato nel 1826 a Trapani, fu scultore su ostrica e alabastro con cui realizzò “piccoli lavori
(…) che montò con molta finezza e vivacità”. Il Fogalli, che ci fornisce le uniche notizie sul Norrito,
ricorda alcune coperture in alabastro “ossia machinette per contenere orologi sostenute da colonne edornate di vari geroglifici, animali e diverse figure”. (R. Vadalà)
Bibliografia: P. Benigno di Santa Caterina, ms. 1810, I, p. 337; G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 676.
Noto
Intagliatore in legno e osso, Gaspare Noto (Palermo 1822-1904), con il figlio Rosario Noto e Liguori (Palermo 1867), è ricordato per la collaborazione, esclusivamente esecutiva, alla realizzazione di alcuni degli arredi “neonormanni” del tutto rivestiti in osso (1890-1891 ca.), che furono presentati da Andrea Onufrio all’Esposizione Nazionale di Palermo nel 1891, all’Esposizione di Belle Arti e Industria Artistica di Barcellona (1898) e all’Esposizione Universale di Parigi (1900). Gli si devono in particolare le sedie a faldistorio, gli sgabelli, il divano, e il completamento della credenza in gran parte operata da Rosario Bagnasco. (P. Palazzotto)
Bibliografia: P. Palazzotto, Andrea Onufrio…, in Materiali preziosi…, 2003.
Orestano (Oristano)
Corallaro e scultore trapanese, Santoro Orestano partecipò all’insurrezione artigiana del 1671/72 e per questo venne impiccato nel marzo del 1673 insieme con un altro corallaro, Giuseppe Zizo. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 113, 120; S. Costanza, 1986, p. 37; M.C. Di Natale, Il corallo…, 2002, p. 17; Eadem, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 30; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 117; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 48; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Orlando
Appartennero a questa famiglia di origine trapanese i fratelli Pietro, Giuseppe e Andrea, scultori e intagliatori attivi nel XVII secolo. Le fonti riportano che i tre fratelli lavorarono con la stessa abilità il legno, il marmo, l’avorio, l’alabastro e il corallo. É peraltro, come risulta da un atto del 29 aprile del 1685 del notaio Matteo di Blasi, che fecero parte della maestranza denominata “ars Corallarior Sculptorum coralli”, i cui capitoli furono approvati il 26 maggio 1628. Meno certo è il rapporto di parentela con lo scultore Alberto Orlando, conosciuto principalmente per avere intagliato insieme ad Antonio Rallo le due porte in noce scura della Cappella del Crocifisso nel Duomo di Monreale. Il più noto fu Pietro, di cui esistono notizie differenti sulla data di nascita e sulla famiglia. Secondo Serraino, nacque nel 1651 da Giuseppe e Filippa Torre ed ebbe come fratello lo scultore Alberto con il quale si dedicò pure alla scultura in corallo, figurando nel 1685 nella Corporazione dei Corallari. Nel 1672 sposò Mattia Saporito nella chiesa di S. Nicola, dalla quale ebbe cinque figli. Fogalli, invece, affermò che Pietro Orlando, figlio di Rosario e Cecilia, era stato attivo all’inizio del Seicento ed era morto nel luglio del 1637. Tale data però contrasta con il fatto che lo scultore fu il maestro di Leo Bongiorno, di Mario Ciotta e di altri artisti che vissero e operarono nella seconda metà del Seicento. Secondo il biografo, l’artista ebbe due fratelli Giuseppe e Andrea, che coltivarono come lui la scultura e che lo collaborarono nell’esecuzione di alcune opere. Uomo erudito, amante della cultura, sembra che abbia pubblicato un libro sulla pittura e sulla scultura di Trapani. Dedicatesi all’arte, spinto da una naturale inclinazione verso la ricerca del bello ideale e da un innato gusto estetico, unì a queste sue innate capacità una preparazione teorica e culturale, convinto dell’importanza educativa e morale dell’arte. Lo scultore eseguì numerosi crocifìssi in legno tra i quali quello di grandezza naturale della chiesa dell’Annunziata a Trapani, concordemente attribuitegli dalla critica, e il Cristo in croce tra i due ladroni che in origine si trovava nel salone degli infermi dell’ospedale di S. Antonio Abate e che oggi è conservato nella chiesa di S. Nicola. Quest’ultima opera sembra che sia stata realizzata dall’artista con la collaborazione del fratello Giuseppe. Altri invece l’attribuiscono ora ad Andrea Tipa, ora alla sola mano di Giuseppe Orlando. Le fonti menzionano ancora tra le opere migliori di Pietro Orlando il Cristo in croce tra la Vergine Addolorata e S. Giovanni, situato nella chiesa del Cannine, sempre a Trapani. Di qualità mediocre è invece giudicata la statua lignea di S. Antonio di Padova col Bambino in braccio nella chiesa di S. Francesco d’Assisi di Trapani, tanto che si ritiene che sia una delle prime prove dell’artista o che sia realizzata da uno dei due fratelli. Alla produzione dell’artista sono ascritte anche altre opere come un Cristo morto nella chiesa dei Cappuccini, il gruppo scultoreo raffigurante il Cristo morto tra la Madre e S. Giovanni addolorati nel Convento dei Padri Agostiniani, sempre a Trapani. Padre Benigno da S. Caterina attribuì allo scultore le statue in legno di Gesù, Maria e Giuseppe, che si trovano nella chiesa di S. Maria dell’Itria a Trapani e un Crocifisso presente nella cappella del Santissimo Crocifisso della stessa chiesa. La più celebre opera dell’artista è il maestoso armadio in legno della sacrestia della chiesa del Collegio, considerato dalla critica il suo capolavoro. Sono state attribuite all’artista anche alcune statue in stucco nella chiesa dell’Immacolata Concezione, che raffigurano otto dottori della chiesa. Le statue, secondo Serraino, furono invece eseguite da Alberto Orlando. Dalle notizie riportate dal Mongitore si ricava che nella cappella del Crocifisso della chiesa parrocchiale di S. Margherita si venerava “l’immagine di un Ecce Homo miracoloso racchiuso entro una cassetta di tartaruga, munita di cristalli”. A Erice lo scultore scolpì in legno una “mirabile” statua raffigurante S. Giuliano, collocata nella chiesa del Santo, un S. Giuseppe “nell’altare del patriarca S. Giuseppe che in origine era del SS. Crocifisso…, dono del celebre Antonio Palma fatto alla chiesa del Castello Ericino” e un Crocifisso nella chiesa di S. Antonio. Dalle notizie riportate da Di Ferro si desume inoltre che la decorazione in stucco della Cattedrale di Mazara è opera di Pietro Orlando, così come le statue dell’Addolorata e di S. Giovanni del gruppo scultoreo della Crocifissione, che si trovano nella chiesa del Collegio dei Gesuiti di Salemi. Grande seguito ebbe la maniera di Pietro Orlando, nella cui bottega si formano numerosi scultori trapanesi. Uno degli insegnamenti che cercò di inculcare nei suoi allievi è quello di non fermarsi “al solo diletto”, ma di rivolgersi “all’interessante. Allora il piacere non sarà effimero ma reale”. Inoltre, sostenne con fermezza che un artista “bisogna che sia fortemente appassionato, per essere patetico” perché in caso contrario “si farà conoscere costui un uomo che descrive, ma non mica uno che soffre”. (I. Bruno)
Bibliografia: I. Bruno, in L. Sarullo, III, 1994, pp. 249-252 (con bibliografia precedente); Mysterium crucis…, 2009, passim; S. Di Bella, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Pace, Paci (de)
Nicolò de Pace, corallaro trapanese ebreo, convertitosi al cristianesimo, è attivo nel XV secolo. Nel 1501, sua moglie viene assunta dal nobile Andrea Fardella per lavorare il corallo. Nel XVII secolo è documentato un Francesco Pace che nel 1628 firma come lavorante i Capitoli della maestranza dei corallari di Trapani. Non sappiamo se successivamente diventò maestro. (L. Novara)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, pp. 61, 94, 221; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem Pace Francesco.
Palazzolo
Francesco, corallaro trapanese, attivo nella prima metà del secolo XVII. Come console firma i Capitoli della maestranza stabiliti nel 1628 e come semplice maestro quelli del 1633 con aggiornamenti e modifiche. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; A. Daneu, 1975, p. 84; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 30; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Palmeri
Antonio, corallaro trapanese attivo nel secolo XVIII, è documentato al 1712 anno in cui riceve, assieme ad altri maestri, l’ingiunzione da parte del Senato di Trapani, di non lavorare il corallo nella propria abitazione. Francesco, anch’egli corallaro, nato nella seconda metà del secolo XIX, è documentato nei registri della chiesa di S. Lorenzo di Trapani degli anni 1819/22; a quell’epoca aveva circa trentaquattro anni. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Paola (Di)
Antonio, scultore in ostriche, conchiglie, crostacei, alabastro e avorio, viene ricordato con il soprannome Cantuscio. Poche notizie ci sono giunte, ma sappiamo che acquistò delle statue dello scultore Pietro Calamella (n. 1716) per venderle fuori dell’isola e dunque che visse nel XVIII secolo. Si trasferì a Napoli, dove morì. (R. Vadalà)
Bibliografia: P. Benigno di Santa Caterina, ms. 1810, I, p. 337; G.M. Fogalli, ms. 1840, ff. 661, 662.
Sebastiano, corallaro trapanese attivo nella prima metà del XVIII secolo. È tra i corallari ai quali nel 1712 è diretta un’ingiunzione emanata dal Senato di Trapani per vietare la lavorazione del corallo nelle abitazioni private. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Parisi de Summa (de)
È documentato Nicola de Parisi de Summa, corallaro trapanese vissuto nel secolo XV. Nel 1418 compra corallo da Andrea de Garofalo. (L. Novara)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 23; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Pecorella (Picorilla)
Scultore in avorio trapanese, Nicolò Pecorella fu attivo nel XVIII secolo. Si trasferì a Napoli per volere di Carlo III di Borbone, il quale, apprezzando le sue doti artistiche, gli offrì ospitalità nel Palazzo Reale e una rendita di 25 ducati al mese. In questa città ebbe come allievo il concittadino Francesco Nolfo che si era allontanato da Trapani per completare la sua formazione. Dallo stesso Carlo III ricevette la direzione dell’officina di Carlo a Mortelli e la sorveglianza degli scavi archeologici di Ercolano, Stabia e Pompei. L’artista fu più volte lodato da Fogalli per avere fatto risplendere in quei “posti sublimi…il prodigio dei suoi lavori scolpiti, e specialmente nella figura degli apostoli in avorio…, tutti in un pezzo, raffigurati nella perfetta loro somiglianza”. (I. Bruno) Bibliografia: G.M. Fogalli, ms. 1840, p. 679; F. Mondello, 1878, p. 140; M.C. Di Natale, Gli epigoni..., 1996, p. 85; Eadem, I cammei…, 1997, p. 272; I. Bruno, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Pesce
In documenti del secolo XVI, compaiono i nomi dei corallari e scultori trapanesi Andrea e Leonardo Pesce. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, 2014, ad voces.
Piacentino
Ignazio Piacentino, qualificato come incisore in coralli, è attestato nel 1881. In quell’anno, per sostenere la candidatura di Giovanni Pizzitola al posto di insegnante d’incisioni in corallo e pietre dure nella scuola d’Arti e Mestieri di Trapani, sottoscrive, insieme ad altri scultori, pittori e negozianti di corallo e gioielli, una dichiarazione inviata al Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, nella quale si affermava che “i più bravi giovani trapanesi lavoranti in corallo e cammei hanno imparato e si sono perfezionati nell’officina del signor Pizzitola Giovanni di Giuseppe sotto la sua direzione”. (R. Vadalà)
Bibliografia: R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Pianelli
É noto Sebastiano, documentato nel 1712 tra i maestri che ricevono un ordine giuratorio del Senato cittadino con cui si vietava di lavorare il corallo presso il proprio domicilio, “cosa assai nociva e ditrementosa al publico e persona forastieri che volessero comprare coralli operati”. In documenti del XVIII secolo è individuato un Antonino. (L. Novara)
Bibliografìa: S. Costanza, 1986, p. 48 n.71; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Pirao
Nel 1665/1666 Giovanni Pirao è tra i firmatari degli Statuti che a Trapani riuniscono i “Professori di scultura d’ogni materia” tra cui diversi scultori del corallo che rivendicano l’uso del bulino e delle tecniche proprie della scultura, distinguendosi così dai corallai fabbricatori, ai quali è riconosciuta la politura del corallo e l’uso della lima e del trapano per la realizzazione, principalmente, di sfere per collane e corone di Rosario. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. M. Precopi Lombardo, Tra artigianale…, 1997, pp. 88-91, 111 nota 27; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 32; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 117.
Pisciotta
Scultore e intagliatore in marmo e in legno, Baldassarre Pisciotta (1715-1792), tiene bottega a Trapani in via dei Corallari, insieme ad Antonio Nolfo, Leonardo Safina e Giuseppe Piombino, scultori in legno che si occupano anche dell’intaglio dell’avorio e delle pietre dure. Baldassare, autore di “lavori in marmo, in legno, in alabastro ec.” (Di Ferro), è autore di numerose statue e apparati decorativi per chiese trapanesi e palermitane e di alcuni gruppi dei “Misteri della Passione” che si portano ogni anno in processione il Venerdì Santo a Trapani. Nel 1747 sposa Angela Domingo da cui nasce nel 1749 il figlio Gaspare che si occuperà principalmente della lavorazione del corallo. (R. Vadalà)
Bibliografia: G.M. Di Ferro, Biografia…, tomo II, 1830, p. 210-218; M. Serraino, 1968, pp. 114, 138; R. Sinagra, Pisciotta Baldassare, in L. Sarullo, vol. III, 1993.
Piscopo
Simone Piscopo, trapanese, lavorò il corallo nella prima metà del secolo XV. Nel 1429 si impiega
presso il maestro Nicola Testagrossa ad laborandum curallos dietro compenso di tre fiorini al primo anno, tre e mezzo al secondo e cinque e mezzo al terzo. (L. Novara)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 66; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Pittureri
Giuseppe, palermitano, con atto del 29 giugno 1684, si obbliga con don Guglielmo Moncada, Principe di Calvaruso, a “farci una pittinera d’osso di tartuca liscia con un caxione sotto et uno sopra vacante d’osso di tartuca liscio, con lo darreri d’ebbano violato senza firmaturi […]”, al prezzo di 7 onze e 18 tarì, da consegnarsi entro il 31 luglio successivo (ASPa, Notai Defunti, III Stanza, Crisostomo Barresi, n.1593, c.839r.). (P. Scibilia – G. Travagliato)
Bibliografia: G. Travagliato, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Pizzardo
Famiglia di corallari trapanesi documentata nei secoli XVII e XVIII, Battista, Pietro e Vito firmano sia i Capitoli della maestranza del 1628 sia quelli del 1633 che Vito sottoscrive come console. Battista è tra quei maestri, ricordati dal Serraino, che, oltre al corallo, si dedicarono a lavorare l’avorio, l’alabastro, la madreperla, la pietra incarnata. Un altro corallaro dal nome Pietro, vissuto nel secolo XVIII, compare nel 1742 come firmatario dell’atto con il quale si stabilirono le norme per il pagamento dei lavoranti e delle donne e per l’acquisto di corallo grezzo. M. Serraino nell’elenco dei maestri che operarono nei secoli XVII e XVIII, inserisce inoltre il nome di Giuseppe. (L. Novara) Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 113-114, 122; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221, 224; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Pizzitola
II corallaro trapanese Giuseppe Pizzitola, nato nel 1797 e attivo nei primi anni del XIX secolo, risulta menzionato con la qualifica professionale nell’atto di nascita del figlio Giovanni, valente scultore del corallo e della conchiglia, insieme a Michele Laudicina e Carlo Guida ultimo grande rappresentante dell’affermazione artistica trapanese in quest’arte. Giovanni nasce da Giuseppe e da Francesca Martinez il 9 luglio 1837 a Trapani, dove muore il 22 luglio 1915. Nel 1859 frequenta la Scuola di Disegno I classe, come si evince dal diploma consegnato nel dicembre di quell’anno “in premio dei buoni studi” dalla Deputazione del Real Liceo di Trapani, e a partire dal 1863 circa ha una sua bottega in società con Giuseppe La Cherba, negoziante di coralli, che gli fa da finanziatore. Già nel 1863 partecipa all’Esposizione Provinciale di Belle Arti di Trapani presentando un lavoro in conchiglia raffigurante Muzio Scevola e ottenendo il primo premio con una menzione onorevole di primo grado. L’anno seguente partecipa con cammei in conchiglia alla Prima Esposizione Annuale di Arti e Mestieri indetta a Trapani dalla Società degli Operai in occasione della festa nazionale, e in quell’occasione gli è conferita la menzione onorevole di primo grado; è in quest’occasione che presenta un altro lavoro in conchiglia raffigurante Ercole e Lica, per il quale ottenne il primo premio con medaglia d’argento, come egli stesso dichiara in un suo “curriculum” manoscritto del 1881 destinato al Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio. I lavori citati furono però venduti. Il cammeo con Ercole e Lica venne in seguito ricomprato dal figlio Baldassare, ma andò poi perduto durante l’ultima guerra e ne rimane oggi solo una riproduzior grafica. Il cammeo riproduceva un disegno della colossale statua del Canova, realizzata tra il 1795 e il 1815. Tra le carte e i documenti, conservati dagli eredi, vi è pure un disegno raffigurante l’episodio ariostesco di Angelica e Medoro, cui il Pizzitola si dovette ispirare per la fattura di un’altra sua opera. Nel 1871, sposa Paola Costa di Marsala. Il Briguccia in un suo articolo del 1937 gli attribuisce tre sculture che allora erano di proprietà del cav. Giuseppe Pizzitola, figlio di Giovanni, oggi conservate al Museo Pepoli di Trapani: si tratta di una scultura raffigurante un putto pensoso, una seconda scultura rappresentante due putti che si rincorrono, la terza opera infine è una statuina di corallo raffigurante un puttino poggiato su un globo con un’aquila tra le mani. La figura è posta su un piedistallo in coirallo e madreperla, arricchito dallo stemma di Trapani in corallo e da altri motivi decorativi. L’opera viene riferita, evidentemente per refuso tipografico, a Francesco Pizzitola da Vincenzo Scuderi nell’Indice delle opere e degli artisti del suo Il Museo Nazionale Pepoli in Trapani, sebbene nel testo egli citi non Francesco ma Giovanni “che con i suoi cammei e puttini di caldo sentimento veristico, fu l’ultimo dei grandi intagliatori trapanesi di coralli e conchiglie”. Vincenzo Scuderi attribuisce a Francesco anche due cammei con le immagini dei Profeti Mosè e Isaia ispirati da angeli, erroneamente citati come raffiguranti ambedue Mosè dal De Felice che li riferisce a Giovanni. Dall’Inventario del Museo Pepoli (vol. II) e da un ricco carteggio conservato presso l’Archivio della famiglia Pizzitola, risulta che le opere sono state vendute dal comm. Giuseppe Pizzitola, figlio dello scultore, al Museo (cat. nn. 6201 e 6202) il 14 ottobre 1939, per la somma di L. 10.000. Le opere sono quelle presentate dal Pizzitola in occasione del concorso per titoli al posto di insegnante d’Incisione in corallo e pietre dure nella scuola d’Arti e Mestieri di Trapani. Nel 1880 viene, infatti, bandito il concorso dal Municipio di Trapani e Giovanni presenta un “lavoro in conchiglia raffigurante Mosè e un puttino con animale in corallo a tutto rilievo” (Verb. Municipio di Trapani 9 dicembre 1880). La commissione incaricata (di cui fanno parte gli insegnanti dell’Istituto di Belle Arti di Roma, Pio Siotto, incisore in cammei, Luciano Bizzarri, scultore, e Domenico Bruschi, pittore) lo “ritiene unanimemente capace all’insegnamento e lo preferisce agli altri due concorrenti” (ibidem), Francesco Bruno e Giuseppe Laudicina. Avendo il Laudicina fatto ricorso, il Consiglio Comunale, in seduta straordinaria stabilisce di annullare il concorso “perché la Commissione non si occupò menomamente dello esame dei titoli e perché non fu fatto constatare in modo alcuno della capacità didattica (dei concorrenti) nei lavori in pietre dure” (ibidem), e delibera di procedere alla nomina di un incaricato provvisorio, in attesa di un nuovo concorso. Giovanni Pizzitola ottiene la maggioranza assoluta dei voti dei consiglieri comunali, e ottiene l’incarico provvisorio (gli altri voti furono in favore di Giuseppe Laudicina e Leonardo Guida). L’anno successivo ripetè il concorso inviando “un lavoro in conchiglia raffigurante il profeta Isaia e un gruppo in corallo di due puttini” ed ottenne nuovamente l’insegnamento come risulta da un certificato che comprova l’incarico per l’anno 1881-1882 dell’insegnamento d’incisione in corallo durante il quale “si ottennero risultati soddisfacenti avendo il detto Professore messo in opera con ogni diligenza tutti i mezzi dell’arte sua in vantaggio degli alunni”. In occasione di questo concorso invia, inoltre, al Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, una dichiarazione firmata principalmente da corollari e negozianti di corallo e gioielli, i quali affermavano che “i più bravi giovani trapanesi lavoranti in corallo e cammei hanno imparato e si sono perfezionati nell’officina del signor Pizzitola Giovanni di Giuseppe sotto la sua direzione”. Tra questi si leggono i nomi dei pittori Gioacchino e Giuseppe Mazzarese, di Ignazio Piacentino incisore in coralli e Saverio Barrovecchio scultore in coralli, dei negozianti “in Bisciotteria” Francesco Sandias e fratelli e Salvatore Guarnotta e figlio, di Leonardo Marrone figlio dello scultore e incisore Ignazio, e di Giuseppe La Cherba, negoziante in corallo; lo stesso Giuseppe La Cherba, come si evince dalla dichiarazione manoscritta del socio dell’“officina che [Giovanni Pizzitola] ha diretta per ben 18 anni” e “gli somministrava il capitale”. Tra le altre opere di Giovanni Pizzitola di cui ancora oggi abbiamo notizia sono due cammei raffiguranti Le Tre Grazie e Il Carro di Nettuno, proprietà degli eredi. Nel 1881 partecipa con la sua classe della scuola d’Arti e Mestieri all’Esposizione di Milano, ottenendo la medaglia di bronzo. In quest’occasione invia i lavori già citati con i quali aveva partecipato al Concorso del 1880, insieme ai saggi dei suoi allievi, disegni, modellazione in cera e lavori in lava, conchiglia e corallo. Partecipa inoltre all’Esposizione di Torino del 1883/84, in cui ottiene una menzione onorevole, e all’Esposizione di Palermo del 1891/92. Nel 1883 sottoscrive, con altri quattro corollari, Saverio Barrovecchio, Baldassarre Bellina, Francesco Bellina e Leonardo Guida, ultimi rappresentanti dell’arte del corallo, azioni della Banca del Popolo di Trapani, fondata il 6 maggio di quell’anno. I cinque maestri corallari, sono tra i primi a sottoscrivere le azioni della Banca che consentiva ai propri soci di ottenere anticipazioni anche contro deposito di coralli, segno che, nonostante che in quegli stessi anni si fosse notevolmente ridotto a Trapani il numero dei laboratori, ancora un importante ruolo aveva la lavorazione del corallo sull’economia locale. Nel 1890 è iscritto alla Camera di Commercio di Trapani con altri tre corallari: Saverio Barrovecchio, Salvatore Guarnotta, Leonardo Guida e due negozianti in corallo Giuseppe Bellina e Giuseppe Caltagirone. Egli esegue la lapide che adorna la sua sepoltura, dove su un cartiglio, contornato da una raffinata cornice floreale, è inciso “Prof. Giovanni Pizzitola. Scultore. 1837-1915”. (R. Vadalà) Bibliografia: F. Musso, 1884, p. 361; Idem, 1891/92, pp. 145-146; F. De Felice, 1936, p. 27; S.M. Briguccia, 1937; V. Scuderi, 1965, pp. 18, 40; E. Tartamella, 1985, p. 140; V. Abbate, scheda n. 218, in L’arte…, 1986, p. 421; S. Costanza, 1986, p. 49 nota 82; M.C. Di Natale, Arti decorative…, 1991, p. 76; Eadem, Gli epigoni…, 1996, pp. 88-89; Eadem, I cammei…, 1997, p. 273; R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Planzone
L’intagliatore miniaturista Filippo Planzone (o Planzona), detto anche “il Siciliano” (Soprani), viene ritenuto dai suoi biografi uno dei più abili intagliatori in miniatura di avorio, legno e corallo dell’epoca (perfettamente in linea con il gusto delle mirabilia da Wunderkammer), tale da essere definito giusto erede e rinnovatore dell’arte di Mirmecide, famoso toreuta greco autore di piccolissime sculture. Nasce a Nicosia nel 1604 dove apprenderebbe i primi rudimenti del disegno, dandosi poi “per capriccio al genere di scultura su avolio o in corallo o legno con figurini di estrema piccolezza che recavasi sorpresa a vederle colla lente” (Gallo). Ottiene presto un gran successo che lo porta a trasferirsi nella più ricca Palermo dove realizza “una copia perfetta in quadrato di cipresso della deposizione di G.C. della croce di Vincenzo Anemolo [Vincenzo degli Azani da Pavia]”, donata dal principe Giovanni Lanza (forse Giovanni Lanza Ventimiglia, 1800 ca.-1868), nel 1824 ad un suo amico francese. Ancora a Palermo il Gallo annovera due sue opere in avorio possedute dal frate olivetano Antonino Fatta, una rappresentante “con sei figurine di due pollici la nascita del Redentore, cioè la Vergine col bambino microscopico, S. Giuseppe, i due animali del presepe, tre pastori e Dio padre fra le nubi [e, nell’altra] i Re Magi, la diva madre col neonato Gesù e S. Giuseppe e sopra quattro angioletti di un pollice e la stella in madreperla”; oggetti che risentono dell’influenza dell’arte trapanese e che avranno una notevole diffusione con le composizioni dei Tipa. Questi pezzi vennero ammirati dal pittore palermitano Salvatore Lo Forte per le proporzioni, e dal Gallo per “la grazie del volto della Madonna”, e per la “dignità dei tratti” delle figure, pur ravvisandovi un eccesso di “avvolgimenti” nelle vesti – sintomo negativo, a suo dire, dell’arte del Seicento – ma confermandone l’altezza artistica e indicando come peculiare qualità delle sue opere la Grazia; giudizio più che mai positivo da parte di un erudito imbevuto di cultura neoclassica quale era lo studioso. Dopo la parentesi palermitana l’artista si porterebbe a Firenze in cerca di nuovi allori, o comunque ottiene dei contatti con la corte del Granduca (probabilmente Ferdinando II), per il quale lavora in corallo una piccolissima Santa Margherita “che tiene legato il dragone con corta catenella incavata nello stesso pezzo” (Orlandi, Mongitore), ricavandone ben cinquecento scudi. Nel 1624 esegue, quindi, in avorio la famosa gabbia con il cavallo che si trova al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti a Firenze (15,8 x 6,6 cm.), pare come dono per compensare l’eccessivo prezzo della Santa Margherita. La morte lo coglie prematuramente a Genova nel 1630, per alcuni, – o nel 1636, per altri -, mentre si accinge a partire per Roma su invito del Papa Urbano VIII a cui era giunta notizia delle sue straordinarie capacità. È quindi confermato il suo soggiorno a Genova dove, secondo il Soprani, avrebbe trascorso gran parte della vita fin “da giovinetto”, arruolandosi prima “nella milizia spintovi dal bisogno”, per poi ritrovarsi portato all’intaglio e incisione su avorio, scolpendo “sovra i pomi di alcuni bastoni, una qualche maschera d’uomo, di fiera o di altro capriccioso mostro”. In seguito, la protezione del filantropo Giovan Battista Torre gli avrebbe consentito di applicarsi solo alla scultura eseguendo, tra le prime cose, “un teschio di corallo tutto voto di dentro e assottigliato quanto un foglio di carta, pendente da tre finissime catenelle scavate dallo stesso corallo”. (P. Palazzotto)
Bibliografia: R. Soprani, 1674, II ed. 1768, vol. I, pp. 439-440; P.A. Orlandi, 1719, p. 154; A. Gallo, ms. XV.H.20.2, sec. XIX, ff. 535-536r; A. Gallo, ms. XV.H.15, sec. XIX, f. 389; Thieme-Becker, vol. XXVII, 1933, p. 136; A. Mongitore, 1977, pp. 35-36; K. Aschengreen Piacenti, H. Honour, R. Lightbown, 1981, p. 40; Opere in Luce…, 2002, p. 26; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, pp. 29-30; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 45; C. Del Mare, Manifatture…, in OADI. Rivista…”, a. V, n. 9, giugno 2014, pp. 52, 58-59; P. Palazzotto, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem; S. Intorre, Coralli trapanesi …, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 106.
Polimani
Con il cognome Polimani, in documenti del secolo XVIII, sono citati i corallari trapanesi Alisio e Carmine. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Polizzi (Polisi, Politij)
Giovanni Polisi, corallaro trapanese è documentato nella seconda metà del secolo XVI e gli inizi del XVII in quanto possessore di beni immobili. Baldassare Polizzi svolse l’attività di corallaro nel secolo XVIII. Il suo nome compare tra quelli dei proprietari di beni immobili nel censimento del 1748, effettuato dal Senato di Trapani. Vincenzo firma con il cognome Politij, l’atto del 30 luglio 1742 con il quale si stabilivano delle norme per la retribuzione dei lavoranti e delle donne e per l’acquisto di corallo grezzo. É inoltre indicato come proprietario di immobili nel censimento effettuato dal Senato di Trapani nel 1748. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; E. Tartamella, 1985, p. 224; S. Costanza, 1986, pp. 39, 45 nota 11; M.C. Di Natale, Oro, argento…, in Splendori…, 2001, p. 33; Eadem, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 30; Eadem, L’arte del corallo…, in Mirabilia coralii…, 2009, p. 73; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Pompeano
Tra il secolo XVII e l’inizio del XVII è attivo Antonio, corallaro trapanese. Nell’anno 1600 acquista corallo rustico da Andrea Incandila insieme ai maestri Vito Mirabili, Giuseppe Raxa, Leonardo Lo Buzo. Antonio Pompeano risulta possessore di beni immobili. È inoltre documentato Thomas Pompeano, corallaro trapanese che nel 1619 è in società con l’argentiere trapanese Andrea De Oliveri e con l’orafo palermitano Marzio Cazzala, insieme ai quali si impegna con Caterina Pape Vignola a “ingastare una cruci”. Il Pompeano risulta poi cancellato nell’atto, dunque eliminato dall’accordo societario. Si può però ritenere possibile la collaborazione tra il Pompeano e il De Oliveri per altre opere, forse proprio quella croce reliquiaria di San Francesco Saverio, in cristallo di rocca e corallo, della Chiesa del Gesù di Casa Professa, commissionata dalla stessa Caterina Papè Vignola tra il 1619 e il 1624. La stessa collaborazione De Oliveri-Pompeano-Cazzola è stata ipotizzata da Maria Concetta Di Natale per un’altra croce di collezione privata di Palermo commissionata, ante 1666, da Cristoforo Papè, Protonotaro del Regno, fratello di Caterina, che avrebbe scelto di rivolgersi agli stessi maestri di provata abilità. (R. Vadalà)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 45 note 10-11; M.C. Di Natale, scheda II,44, in Ori e argenti…, 1989, p. 219; Eadem, Oro, argento…, in Splendori…, 2001, p. 44 e scheda n. 57, pp. 393-394; M.C. Di Natale, Il corallo…, 2002, p. 11; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 45; L. Novara e R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces; M.C. Di Natale, Orafi, argentieri e corallari…, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 36.
Prizzi
Angelo, corallaro e scultore trapanese del XV secolo. Il suo nome compare in documenti dell’epoca. (L. Novara)
Bibliografia: M. La Barbera, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Purfachi (de)
Charono, figlio di Muxa, trapanese, nel 1440 svolge il suo garzonato presso il maestro corallaro Samuele Cuyno. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 93; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Rachamino (de)
Alcune notizie documentarie fanno emergere l’attività del maestro corallaro ebreo Rachaminus de Rachamino che già nel 1444 possedeva una bottega in cui prestavano la loro opera diversi giovani lavoranti e apprendisti: con un contratto di garzonato quell’anno impiega per un anno Samuele Chinisi con l’impegno di istruirlo all’arte del corallo; nel 1449 inoltre impiega altri due garzoni, i fratelli Emanuele e Mordachay, figli di Ayeti Taguaf Ioca. Da due documenti del 12 e 13 ottobre 1450 emerge una vicenda giudiziaria che riguarda Rachamino: fu denunziato dal Vicesecreto di Trapani, Melchiorre Carissima, per aver tentato di esportare clandestinamente da Trapani 21 libbre di corallo lavorato a peternostri: il corallo gli fu dapprima sequestrato e poi restituito per metà. Nel 1480 è operante un altro de Rachamino, Samuele, che accoglie nella sua bottega Muxa Taguaf, impegnandosi ad insegnargli artem laborandi curallos. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, docc. 105, 137, 151, 152; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad voces.
Raineri
Francesco, corallaro trapanese vissuto tra la fine del secolo XVI e gli inizi del XVII, aveva accumulato un discreto patrimonio ed era possessore di beni immobili. Nel 1601 accolse nella sua bottega maestro Giuseppe Fiumara civis Drepani per duttionem uxoris che collaborò con lui per tre anni nella lavorazione del corallo e lo seguì anche in Sardegna. Il nome di un altro corallaro trapanese, Giovanni, compare in documenti del secolo XVI. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, pp. 30, 45; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Ramella
Giovanni, maestro trapanese del secolo XIX che si dedica alla lavorazione dell’ambra. È documentato nel 1812, anno in cui affida ad Antonino Sammartano alcuni manufatti in ambra del valore complessivo di 20 onze e 26 tarì, per venderli nell’isola di Malta. (L. Novara)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, p. 66; Profili…, in Argenti e ori…, 2010, p. 135; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Raxa
Giuseppe, corallaro trapanese, vissuto tra il secolo XVI e l’inizio del XVII. È documentato nel 1600 quando, insieme ai maestri A Pompeano, Vito Mirabili, Leonardo Lo Buzo acquista corallo rustico da Andrea Incandila per la somma di 45 onze, 4 tarì e 5 grani. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 45 n. 10; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Renda (di)
Tre corallari trapanesi portano il cognome Renda o Di Renda. Nicolao di Renda firma i capitoli della maestranza stabiliti nel 1628. Nel 1631 si impegna con Andrea Castelli ad eseguire in corallo quattro Madonne, una S. Rosalia, un Padre Eterno, una S. Ninfa e due pontefici. È da identificare con il maestro Nicolò Renda che si rifornisce di corallo dai pescatori Leonardo Munsia e Francesco Buzzo. Un altro corallaro dal nome Nicola è attivo nel secolo XVIII ed è indicato come possessore di beni immobili nel censimento effettuato dal Senato di Trapani nel 1748. M. Serraino nell’elenco dei maestri che operarono nei secoli XVI e XVII indica inoltre il corallaro Bartolomeo Renda. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 108, 111 E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; S. Costanza, 1986, p. 39; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
È documentato inoltre Vincenzo Renda, probabilmente appartenente alla stessa famiglia trapanese, nato nel 1605, che abitava verso la metà del Seicento in via del Pellegrino a Roma. L’artista aveva realizzato alcune opere un corallo acquistate nel 1640 circa dal cardinale Francesco Barberini, nipote di Urbano VIII. (R.F. Margiotta)
Bibliografia: C.G. Bulgari, Argentieri, gemmari…, 1959, II, p. 332; A. Gonzáles Palacios, Fine Art…, 2015, p. 38; S. Intorre, Coralli trapanesi…, 2016, p. 24.
Rinaudo (Rinaldo)
Giuseppe Rinaudo, citato come Rinaldi dal Serraino, firma nel 1665 gli Statuti che riuniscono “Professori di scultura d’ogni materia”, tra cui diversi scultori del corallo. È verosimilmente lo stesso Joseph Rinaudo, al quale è diretta una ingiunzione del 1712, emanata dal Senato di Trapani, con la quale si vietava di praticare la lavorazione del corallo nelle abitazioni private. (L. Novara) Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; A.M. Precopi Lombardo, Tra artigianato…, 1997, p. 88; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 32; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 117; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem
Rizzo (Rizu)
Nel XV secolo è attivo Mindocho Rizu, corallaro ebreo che nel 1455 accoglie nella sua bottega Bracha lu Costantinu al quale si impegna ad insegnare l’arte. Sono noti a partire dal XVII secolo alcuni scultori in corallo con il cognome Rizzo. Cono e Mario sono tra i corallari e scultori che firmarono gli statuti dei “Professori di scultura d’ogni materia di questa invictissima città di Trapani”. Cono (o Cosimo) partecipa all’insurrezione artigiana del 1671/72 e riceve una condanna a morte. Escluso dall’indulto del 1673, è costretto a fuggire da Trapani. Bernardo, corallaro trapanese, è inserito da M. Serraino nell’elenco dei maestri che operarono nei secoli XVII e XVIII. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 114, 120; E. Tartamella, 1985, p. 139 nota 239; A. Sparti, 1986, doc. 170; A.M. Precopi Lombardo, Tra artigianato…, pp. 88-89; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 32; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 117; L. Novara, in Arti decorative…, 2014, ad vocem.
Rollo
Mastro Antonino Rollo, sculpitor palermitano, del 30 novembre 1703 si obbliga, nei confronti di don Giuseppe del Bosco, Isfar e Coriillis, principe di Cattolica, e dei sacerdoti Placido Andaloro ed Onofrio Caruso, stipulanti in qualità di fidecommissari dell’eredità di Costanza del Bosco e Doria, principessa di Cattolica, a realizzare e consegnare entro il successivo mese di maggio una cornice di quattro e cinque, larga onze cinque e mezza, cioè un terzo e un’oncia e mezza, e che lo friscio debba essere di piancia di rame rosso e pure di rame rosso tirata di martello debba essere la corniciame di fuori e di dentro ben indorati, e doppo guarnita di corallo, conforme lo disegno che tengono essi detti fidecommissarii come detto di Rollo, e che il corallo debba essere di color estremo, e quello che fa li rabeschi seu imposti delli cantoneri debba essere più grosso e più rilevato di quello del campo, benché debba essere tutto equale di color estremo, ben ligato cioè perforato e legato con rame filato in una e più parti del pezzetto, secondo ricerca il bisogno per stare con sodezza, e lo rame indorato di tutta perfettione, e che detta cornice detto di Rollo l’habbia d’assettare sopra l’anima di legname, dietro pagamento di un compenso di 150 once (A.S.Pa., Notai defunti, VI stanza, not. Paolo Mottula, vol. n. 2039, c. 421r). (G. Travagliato – P. Scibilia)
Romano (Romanus)
Famiglia di corallari di origine ebraica attiva a Trapani nel XV secolo e ancora presente in città nel secolo XVIII. Ne è capostipite Nissim presente in numerosi atti di compravendita di corallo tra il 1558, quando compra corallo da Faronio Greco, e il 1471; nel 1568 prende a bottega Sadono De Girachio ad rotundandum curallos. Muxa Romanus, figlio di Brachone è documentato attivo alla fine del XV secolo. Nel 1488 viene citato come creditore di Salomus de Girachio per la vendita di coralli picati, sugagni e malblanki. Il 18 febbraio dello stesso anno prende a bottega, con il consenso della madre Milisa, Simeon Xachitanu, il quale si impegna per tre mesi ad perforandum curallos e per nove mesi ad rotundandum corallos, operazioni destinate alla fabbricazione delle sferette che venivano utilizzate per i rosari e per le collane: il corallo dopo essere stato pulito, selezionato e tagliato veniva arrotondato con la pietra molara e forato per mezzo di un trapano a vite, per essere infilato, quasi sempre con un cordoncino cerato. Nel settembre del 1490 risulta ancora creditore per la vendita di nove libbre di coralli lavorati, rotondi, infilati e colorati, a maestro Prancacius de Manna. É inoltre documentato Salomus, figlio minore di Beniamino Romano, che viene impiegato il 29 aprile 1477 presso Mordachai Muxa che si impegna con Beniamino ad insegnare al ragazzo artem laborandi corallos. Nel XVII secolo è attivo a Trapani Giovanni Romano che, con altri corallari, partecipa alla rivolta artigiana del 1672/73 e con bando del Marchese Baiona viene in seguito escluso dall’indulto ed espulso dalla città. Ancora nel 1712 è attestata la presenza dei Romano tra i corallari trapanesi: Santoro Romano viene incluso dal Senato cittadino tra quei maestri cui è diretto un ordine giuratorio con cui si vietava di lavorare il corallo presso il proprio domicilio “cosa assai nociva e ditrementosa al publico e persona forestieri che volessero comprare coralli operati”. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Ferretto, 1906, p. 118; E. Tartamella, 1985, pp. 94, 118 nota 207, 139 nota 239; A. Sparti, 1986, docc. 229, 327, 331, 344, 305; S. Costanza, 1986, p. 48 nota 71. L. Novara e R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Ruffino
Tre corallari trapanesi, attivi nel secolo XVIII, portano il cognome Ruffino – Domenico, Gaspare, Giuseppe – ed erano proprietari di immobili; ciò emerge dalla “Numerazione delle case della città di Trapani”, effettuata dal Senato di Trapani durante il censimento del 1748. Giuseppe aveva bottega dietro la chiesa di S. Annella, in una zona discostata dalla via dove tenevano bottega gli altri corallari; come maestro, inoltre, aveva firmato l’atto del 1742 con il quale si stabilivano le norme per la retribuzione delle donne e dei lavoranti e per l’acquisto di corallo rustico. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 113; E. Tartamella, 1985, p. 224; S. Costanza, 1986, p. 39; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Sacca (Xacca)
Famiglia di artigiani del corallo attiva a Trapani nel XV secolo. In un atto del 14 maggio 1422 si evince che Busacca, menzionato con l’indicazione di magistro, forse corallaro, ha messo a bottega il figlio Muxa presso il maestro corallaro Brachon de la Vaccara. Nell’atto del notaio Scanatello, Busacca e Brachon de la Vaccara precisano i termini del precedente contratto di garzonato di Muxa poiché Brachon ha utilizzato il giovane, suscitando la contrarietà di Busacca, anche presso altre botteghe. In un documento acefalo, datato 1428 da A. Sparti, il giovane viene chiamato indifferentemente Muxa e Musa X[…] e indicato come curallerius: bisogna ritenere che dopo gli anni di apprendistato, Muxa abbia messo bottega. Risulta ancora documentato nel 1449 in diversi atti che registrano vendite di corallo grezzo classificato come “bono utile et mercantile”, o lavorato a paternostri. Infine nel 1450 figura come fideiussore di Misudus Badau e viene appellato “de Urbe Panormi”. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, docc. 47, 65, 131, 135, 136; R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Safina
Leonardo, scultore trapanese attivo nel XVIII secolo. Nel 1739 sposa Chiara Castro (Registro chiesa di San Lorenzo, Trapani). Nel 1774 ha bottega a Trapani in via dei Corallari, insieme ad Antonio Nolfo e Baldassarre Pisciotta, scultori in legno che si occupano anche dell’intaglio dell’avorio e delle pietre dure. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 135; L. Novara, in L. Sarullo, vol. III, 1993, ad vocem.
Saidi
È documentato nella seconda metà del XV secolo a Trapani Charono Saidi, corallaro di origine ebraica. L’11 dicembre 1477 gli vengono affidate da Emanuele Sansone quaranta libbre di corallo grezzo, affinchè, entro un mese, le possa “secare, penetrare et rotundare”. Il Sansone pagherà per la lavorazione di ogni libbra, 4 tarì e 10 grane, ma dovrà fornire al maestro “lapides et opus rotundandi”. (L. Novara)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, p. 61, 93; A. Sparti, 1986, doc. 310; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Saladino
Pietro Antonio, corallaro trapanese attivo nel secolo XVII. Nel 1628 firma i Capitoli della Maestranza e nuovamente è tra i maestri che nel 1633 sottoscrivono i nuovi Capitoli con aggiornamenti e modifiche. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; A. Daneu, 1975, p. 84; E. Tartamella, 1985, pp. 220-22; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Salamone
Nota è l’attività dei fratelli Carlo e Vincenzo Salamone, figli di Gaspare e Atonia Alberti, sorella dello scultore Gaetano. Sono attivi tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, principalmente a Napoli, dove si trasferiscono dopo la morte della madre e dove muoiono. Il Fogalli, che ne celebra l’abilità nello scolpire “in piccolo” su alabastro, ostriche, e “pietre molli”, ne ricorda opere al Real Museo Borbonico. (R. Vadalà)
Bibliografia: P. Benigno di Santa Caterina, ms. 1810, I, p. 337; G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 714; M.C. Di Natale, Gli epigoni…, 1996, p. 85; M.C. Di Natale, I cammei…, 1997, p. 270.
Salomeno
Nel secolo XV è attivo a Trapani un Bracha Salomeno o Solomeni, che nell’agosto del 1474 vende corallo lavorato, arrotondato e infilato a Moyses de Iosep, un ebreo oriundo della Catalogna abitante a Trapani, e nel settembre dello stesso anno risulta creditore di Sadonus de Girachio per la vendita di corallo lavorato. Da un documento del 29 maggio 1488 si evince inoltre che Bracha ha lavorato del corallo per Xua de Missina, con il quale ha intrattenuto rapporti economici. (R. Vadalà) Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 274, 279, 336; R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Saltarello (Santarello)
Famiglia di esperti orafi, dei Saltarello sono noti Paolo, nato a Mazara del Vallo e particolarmente attivo ad Alcamo, e il figlio Giovan Battista, nato ad Alcamo il 22 maggio 1568 e attivo ad Alcamo e Marsala. Figlio di Giovan Battista e di Caterinella Dongiovanni, è Antonino, attivo a Trapani. É tradizionalmente attribuito a Giovan Battista Saltarello, o al figlio, il reliquiario della Sacra Spina della Chiesa Madre di Alcamo. Antonino proseguì certamente l’arte paterna ma nella sua bottega si lavorò anche il corallo. Nel 1625 la sua attività risulta ben avviata e i suoi affari estesi a diversi centri dell’isola; a quella data, infatti, presso di lui lavorano gli orafi trapanesi Sebastiano Domingo e Pietro Gallo e gli scultori in corallo Matteo Bavera, Giuseppe Barraco e Giacomo Daidone, che si impegnano a lavorare oro e corallo ad Alcamo, Palermo e in altri centri, per un salario annuo di 24 onze ciascuno. Nello stesso anno 1625 risulta debitore nei confronti del maestro palermitano Francesco Valescio per del corallo destinato alla realizzazione di cammei (notizia fornita dall’arch. Vito Anselmo, cfr. Valescio, infra). È forse suo familiare il Leonardo Santarello documentato nel 1663, quando si impegna con contratto a realizzare, per la Duchessa di Terranova, palermitana, una “trabacca” (paviglione) di rame con colonne e con puttini e “multi et diversi peczi” di corallo. (R. Vadalà)
Bibliografia: G. Di Marzo, 1880-1883, vol. II, p. 378; P. M. Rocca, 1884, p. 429; C. Filangieri, 1891, vol. I, p. 45; A. Daneu, 1964, p. 83; M. Serraino, 1968, p. 111; M. Accascina, 1974, p. 188; V. Regina, 1975, p. 167; Idem, 1976, p. 9; B. Liverino, 1984, p. 114; A. Buscamo, 1990, p. 113; R. Vadalà, scheda n. 70, Sez. Argenti, in Splendori…, 2001, p. 405; M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, pp. 29, 30; Eadem, L’arte del corallo…, in Mirabilia coralii…, 2009, p. 73; R.F. Margiotta, La ricerca d’archivio…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 172; M.C. Di Natale, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 46; M. Gulisano, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces; M.C. Di Natale, Orafi, argentieri e corallari…, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 26.
Salvato (de)
Samuele de Salvato è documentato a Trapani nel 1426 come apprendista nella bottega del corallaro
Nicola Testagrossa. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 58; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Samarruni
Machalufo, figlio minore di Busacca, ebreo cittadino di Trapani, svolge il garzonato per due anni, a partire dal 17 dicembre 1475, presso la bottega di Elia Cuyno di Fadalono. Risulta ancora menzionato in un atto del 14 gennaio 1488, in qualità di creditore di Sadonus Chirkena. (R. Vadalà) Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 290, 328; R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Sanna (de)
Corallaro trapanese attivo nel secolo XVIII. Con il solo cognome De Sanna compare tra i destinatari di un ingiunzione del Senato di Trapani che nel 1712 vietava ai maestri corallari di lavorare il corallo nelle proprie abitazioni. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Sammartano
L’attività della bottega di Baldassare Sammartano, scultore trapanese in corallo, che lavora anche l’ambra e realizza piccole sculture e gioielli, è nota da un contratto del 1812 stipulato dallo stesso con il nipote Antonino, forse suo aiutante. Il maestro affidava al nipote una partita di “lavori di corallo ligati in oro e senza ligati, giogali ed altre galanterie” per venderle a Malta, secondo la nota dei prezzi inserita nello stesso atto. Tra i numerosi manufatti elencati, per il valore complessivo di 306 onze, 26 tarì e 10 grani, figurano diverse sculture in corallo su piedistallo: una Venere “di primissimo colore”, “un ramo con vermi che si tuffano nell’acqua” e una composizione con verme che si nasconde nella tana, una Madonnina, “una donna avventata dal cane”, che doveva essere di misure e pregio superiori alle altre per il prezzo indicato, e una composizione con donna assalita da un leone. Sono inoltre cons al viaggiatore gioielli in corallo e oro tra cui diverse collane: “una catena a maglia di corallo con suo gioiello ligato in oro di corallo”, “una collana di n. 10 camei con teste, e suo gioiello ovale pendente” e inoltre: “bottonetti di polso”, cammei per anelli “con figure sane”, cuori lisci e lavorati, con altri oggetti, tra cui diversi ninnoli d’ambra. In quella stessa occasione sono affidati ad Antonino oggetti in ambra anche dal maestro Giovanni Ramella. (R. Vadalà)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 12: Tartamella, 1985, p. 65; M.C. Di Natale, Gli epigoni…, 1996, p. 85; Eadem, I cammei…, 1997, p. 270; Eadem, 2000, p. 255; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Sansone
Michele, corallaro e scultore trapanese, vissuto nel XVII secolo. Con i corallari Giuseppe Zizo e Santoro Orestano, partecipò all’insurrezione artigiana del 1671/72; per questo i tre vennero condannati a morte dal generale Bajona e impiccati nel marzo del 1673. Michele Sansone aveva eseguito opere in corallo per il principe Claudio La Moraldo di Lignè, viceré di Sicilia, che nel 1670, come risulta dal Libro dei conti dell’Archivio Lignè a Beloeil, gli aveva corrisposto un acconto per un “escribanne de cural” e uno “de lapis”. (L. Novara)
Bibliografia: A. Daneu, 1975, pp. 84, 100-l01; S. Costanza, 1986, p. 37; M.C. Di Natale, Oro, argento…, in Splendori..., 2001, p. 46; Eadem, Il corallo…, 2002, p. 14; Eadem, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 32; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, pp. 116-117; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 48; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem; S. Intorre, Coralli trapanesi…, 2016, p. 46; F.G. Polizzi, “Plus curieux…, in Artificia Siciliae…, 2016, pp. 167, 177, 189, 191.
Santoro
Benedetto, scrittoraro, vende il 27 febbraio 1676 al notaio Ambrogio Priaruggia di Palermo “dui contaluretti <sic> con l’istoria e prospettiva d’osso di tartuca e cornice d’ebbano, della conformità d’uno che già a spedito, inforrati di scornabecco”, da consegnare l’uno entro l’indomani e l’altro entro 15 giorni a decorrere dalla data, per la somma di 5 onze e 18 tarì (ASPa, Notai Defunti, V Stanza, II numeraz., n. 477, c. 587r.). (P. Scibilia – G. Travagliato)
Bibliografia: G. Travagliato, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Saporita
Matteo e Mario Saporita, rispettivamente padre e figlio, lavorarono e scolpirono il corallo, l’avorio, le pietre dure, il marmo, l’alabastro, la madreperla. Matteo fu attivo nella seconda metà del secolo XVI e nella prima metà del XVII. Mario seguì l’attività del padre e nel 1623 accolse nella sua bottega il figlio di Battista Papia al fine di insegnargli “l’arte della scultura”. Nel 1615 aveva sposato Mattia Xumona. Alberto firma gli statuti degli scultori del 1665. Tra i corallari della famiglia Saporita è documentato anche Andrea (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 122, 127; S. Costanza, 1986, p. 27; A.M. Precopi Lombardo, Tra artigianale…, 1997, p. 88; S. Costanza, 2005, p. 183 nota 22; M.C. Di Natale, L’arte del corallo…, in Mirabilia coralii…, 2009, p. 73; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Scaduto
Incisore trapanese, Agostino Scaduto lavora l’osso e l’alabastro; vissuto nel XIX secolo, è ancora vivo nel 1840, quando il Cav. Fogalli scrive le sue Memorie. Il Fogalli ricorda tra le sue realizzazioni “figurine rappresentanti il nostro divin Redentore spirato in croce e la Madonna così detta di Trapani”. (R. Vadalà)
Bibliografia: P. Benigno di Santa Caterina, ms. 1810, I, p. 338; G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 714; R. Bonventre, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Scarcella
Luca, corallaro trapanese, attivo nel secolo XVIII. È documentato nel 1742, anno in cui sottoscrive, con altri maestri, il documento con il quale si stabilivano norme per la retribuzione dei lavoranti e delle donne, e per l’acquisto del corallo grezzo. L’attività di corallaro non viene continuata dai suoi eredi. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 113; E. Tartamella, 1985, p. 224; S. Costanza, 1986, p. 41; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Scono (de)
Salomus, figlio minore di Brachono, svolge per un anno a partire dal 22 ottobre 1418 servizio di garzonato presso Fariono Greco, come aiutante alla lavorazione del corallo. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 2; R. Vadalà, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Scuderi
È noto Giuseppe, scultore “in grande e in piccolo”, cioè in legno, alabastro, avorio e conchiglie, omonimo e forse discendente dello scultore che nel XVII secolo scolpì la statua lignea della Madonna di Trapani che viene portata in processione il 16 agosto di ogni anno a Trapani. Figlio di Pietro e Sigismonda Signorino, nasce a Trapani, nel quartiere di San Lorenzo, nel 1802, e muore nel 1870. Il Fogalli ricorda, tra le sue opere, un Bambinello in legno, per la chiesa detta della “Badiella” e una statua della Madonna di Trapani per la chiesa del Carmine. Egli fu inoltre l’autore statua della Madonna di Trapani in alabastro, inviata in Spagna come dono per il sovrano Federico I e “che rese celebre il suo nome” (Fogalli). Si mantiene dunque fiorente nel XIX secolo la consuetudine delle importanti committenze che aveva qualificato già nei secoli precedenti la produzione delle botteghe trapanesi, e si mantiene viva, nel bacino del Mediterraneo, la devozione per la Madonna di Trapani, di grande impulso per la produzione artistica locale. (R. Vadalà)
Bibliografia: G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 714; R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Serra
Sono documentati in Sicilia diversi artigiani con il nome Serra e attivi come orafi, corollari e scultori. Nella prima metà del XVII secolo è documentato a Trapani come corallaro Giuseppe Serra, che firma come maestro sia i Capitoli della maestranza stabiliti nel 1628, sia quelli del 1633 con modifiche e aggiornamenti. Ancora nel secolo XVIII è attivo Francesco, che nel 1712 ricevette, come altri maestri, l’ingiunzione da parte del Senato di Trapani, di non lavorare il corallo nella propria abitazione. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Nel 1675 è attivo a Palermo, Sebastiano Serra che si impegna a realizzare per il Monastero di Santa Teresa alla Kalsa, delle rose di rame, corallo e smalto, uguali ad altre in possesso della Madre Priora. (R. Vadalà)
Bibliografia: S. Barraja, Una bottega…, 1996, p. 112; Idem, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem; S. Intorre, Coralli trapanesi…, 2016, p. 43.
Seson (Sason)
Iosep Seson, maestro corallaro ebreo, opera a Trapani nella seconda metà del XV secolo. Il 20 ottobre 1477 vende più di 41 libbre di corallo lavorato, arrotondato e infilato a Sadone de Girachio che intende rivenderlo a Roma. Il suo nome, con l’indicazione magistro, è ancora presente in due atti del 1488 redatti dal notaio Nicolo Girami: il 10 aprile impiega come garzone, con un contratto di tre anni, Iosep Bulfarachi, figlio di Sacconus, e il 14 aprile accetta un pagamento dilazionato da un suo debitore, Ayeti Lu Presti. Il maestro è già morto nel 1491 se è da identificare con lo Ioseph Sason che viene citato dal notaio Sesta in un atto del 2 dicembre di quell’anno: si tratta di una vendita di corallo effettuata dopo la morte dello stesso Sason dalla moglie Contessa. (R. Vadalà)
Bibliografia: G. Bresc-Bautier, H. Bresc, 1982, p. 47; E. Tartamella, 1985, pp. 54-55, 93; A. Sparti, 1986, docc. 308, 333, 334, 356; R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Siego (de)
Diego, maestro trapanese dedito alla scultura su avorio, ambra, madreperla e pietre dure, indicato dal Serraino come operante tra il XVII e il XVIII secolo. (R. Vadalà)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 122; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Signorino
Famiglia di scultori di origine trapanese, alla quale appartennero i fratelli Francesco e Antonio e i figli di quest’ultimo, Paolo e Domenico, attivi tra la fine del XVIII e la metà del XIX secolo. Poche sono le notizie desunte dalle fonti riguardo i due fratelli più grandi, né si conoscono loro opere. Antonio, scrisse Fogalli, “si segnalò nello scolpire in piccolo e cioè in conchiglia ed in alabastro e suo fratello Francesco nello scolpire in grosso, sul legno”. Paolo, contemporaneo di Fogalli e pertanto ancora vivo nel 1840, seguì inizialmente le orme del padre dedicandosi anche lui alla scultura in alabastro. In seguito fece fortuna e si diede al commercio occupandosi del negozio di “Munzionerie della regia Provincia”. Tra i quattro eccelse Domenico, figlio di Antonio, noto soprattutto per le sue opere in corallo e in alabastro. Fra queste le fonti ricordano una collana ricavata da un unico pezzo a maglia, di controversa attribuzione, una conchiglia “incisa sulle due valvole, cioè in una la testa di Numa Pompilio, secondo re di Roma dopo Romolo, e nell’altra una bambocciata di puttini baccanti”, e ancora una “gabbia in alabastro di un sol pezzo con un uccello al di dentro, atterrito da un serpe, che si scaglia per ucciderlo”; questi due lavori furono lodati all’Esposizione dell’Istituto d’Incoraggiamento d’Agricoltura, Arti e Manifatture di Palermo del 1834. Nel 1838 ricevette un’onorata menzione per un paio di orecchini “di madreperla con suoi pendenti e rosette eseguite in un sol pezzo, con incisione rappresentante due teste di Medusa”. (I. Bruno)
Bibliografia: G.M. Fogalli, ms. 1840, pp. 715-716; M.C. Di Natale, Gli epigoni…, 1996, p. 87; Eadem, I cammei…, 1997, p. 272; I. Bruno, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Sole (Soli)
Famiglia di scultori trapanesi attivi nel XVII secolo. Sono noti Gaspare, Vito, Andrea che nel 1665/1666 firmano gli Statuti che a Trapani riuniscono i “Professori di scultura d’ogni materia”. Andrea, scultore in corallo, nel 1667 riceve da Carlo Barresi, abitante a Palermo, la quantità di corallo necessaria per realizzare una statuina dell’Immacolata con puttini, una Santa Rosalia, un San Sebastiano, un San Gerolamo, un’Annunziata, un San Michele, un volto e una medaglia. Nel 1670 esegue delle opere anche per il principe di Lignè, viceré di Sicilia. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 112; A. Daneu, 1975, pp. 100, 112-113; A.M. Precopi Lombardo, Tra artigianato…, 1997, p. 111 nota 27; M.C. Di Natale, Oro, argento…, in Splendori…, 2001, p. 46; Eadem, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 32; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 117; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 116; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 48; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem; F.G. Polizzi, “Plus curieux…, in Artificia Siciliae…, 2016, pp. 167, 189, 190, 191.
Speziali (Spezziale)
Alberto, corallaro trapanese, attivo tra il XVI e il XVII secolo. Dal 1600 e per tre anni accoglie nella sua bottega Giacomo Ciotta, figlio di Giuseppe, al quale si impegna a insegnare l’arte e a corrispondere una retribuzione variabile in relazione al perfezionamento della pratica artigiana del giovane. Come maestro firma sia i capitoli della Maestranza del 1628, sia quelli del 1633 con aggiornamenti e modifiche. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; A. Daneu, 1975, p. 84; E. Tartamella, 1985, pp. 220-221; S. Costanza, 1986, p. 30; M.C. Di Natale, Oro, argento…, in Splendori…, 2001, p. 33; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Stabili (Stabile)
Michele Stabili, incisore trapanese vissuto tra il XVIII e il XIX secolo, lavora l’osso e l’alabastro. Il Fogalli lo ricorda in modo particolare per i suoi crocifissi “perfetti in anatomia, scultura e naturalezza”. (R. Vadalà)
Bibliografia: P. Benigno di Santa Caterina, ms. 1810,I, p. 337; G.M. Fogalli, ms. 1840, f. 716; R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Risulta attivo a Trapani nel XVIII secolo Giovanni Stabile, attestato da documenti dell’epoca. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Taguaf
Ebrei attivi a Trapani nel XV secolo come lavoranti del corallo. Busacca, figlio di Salome e Rosa Tuguaf, viene impiegato il 24 ottobre 1418, con il consenso della madre, presso il corallaro Fadalono Cuyno. Muxa, figlio di Sabet, viene impiegato per un anno a partire dal 16 luglio 1488 presso la bottega di Samuele di Mindochus de Rachamino, che si impegna ad insegnare al ragazzo l’arte di rotundari et pirchari il corallo. (R. Vadalà)
Bibliografia: E. Tartamella, 1985, p. 109; A. Sparti, 1986, docc. 3, 339; R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Tardia
Famiglia trapanese, alla quale appartennero tre scultori che, secondo la testimonianza di Fogalli, “elevarono la bella e fine scultura in tenero ed in piccolo”. Si tratta di Ignazio senior, di suo figlio Antonio e del nipote Ignazio junior. Le fonti non specificano la data di nascita dei primi due, ma lasciano intuire che vissero nel XVIII secolo. Il capostipite Ignazio si dedicò al disegno e al bulino ricevendo numerosi consensi, come mostra il fatto che – secondo quanto riporta lo stesso Fogalli – “il principe di Butera di Palermo, venuto appressamente in Trapani, gli diede incarico di scolpire in conchiglie il trionfo di Cesare Augusto” donato poi al re Ferdinando I. Un’altra opera a lui attribuita è il ritratto di Michelangelo Buonarroti che Briguccia ricorda come appartenente alla collezione del trapanese Baldassare Bellina e descrive di dimensioni “non più grandi dell’unghia”. L’artista morì a Trapani all’età di 79 anni. Il figlio Antonio, nato secondo le fonti nel quartiere di S. Lorenzo, seguì le orme paterne. Fu chiamato a Palermo dal Principe di Caramanico per scolpire su conchiglia “i ritratti al numero di 36 de’ regnanti di Sicilia con le rispettive corone, ed emblemi, e numero 98 regine con corone solamente alle prime regine mogli, e non già a quelle di seconde nozze”. A lui sono state attribuite inoltre numerose opere in corallo come “ciriegi, fraghe, amarene, pomi rossi, e simili frutta similissimi al naturale” e “per ornamento di tavola… cotte alaguste, gamberi, granchi, ed altri pesci color rossaccio”. Fogalli, tra le opere di Antonio, ricordò ancora il “primo ritratto in ostrica dell’allora principe ereditario Francesco I”. Nel 1795 nacque il figlio di Antonio, Ignazio iunior, l’ultimo dei tre Tardia scultori. Pare che Ignazio dopo avere girato un po’ tutta la Sicilia, avesse deciso di fermarsi a Messina, dove aprì un bottega affermandosi come scultore in corallo, conchiglia, ambra e madreperla. (I. Bruno)
Bibliografia: Benigno di Santa Caterina, ms. 1810, p. 337; G.M. Fogalli, ms. 1840, p. 717; A. Gallo, ms. XV.H.15, sec. XIX, e. 793; S.M. Briguccia, Il cammeo…, 1957, p. 26; A. Daneu, 1975, p. 115; M.C. Di Natale, Gli epigoni…, 1996, p. 86; Eadem, I cammei…, 1997, p. 270; Eadem, 2000, p. 260; I. Bruno, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Tartaglia (Tartaglio)
Famiglia di scultori trapanesi. Sono noti i fratelli Giacomo e Giuseppe, figli di Giuseppe senior e Leonarda Lo Giusto. Giacomo nacque nel 1678 ed ebbe bottega nella via dei Corallari, dedicandosi a scolpire l’alabastro, la pietra incarnata ed il marmo. Fu valente scultore, autore di numerose opere in legno e marmo. Di particolare rilievo è la statua di Santa Rosalia per la chiesa del Collegio dei Gesuiti accuratamente descritta dal Di Ferro che ne riconosce “quella eleganza che gli era propria, e che non smentì giammai in alcuna delle sue opere”. Tra le opere in pietra incarnata, è nota una statua del Cristo morto per la Chiesa di San Lorenzo. Muore il 19 aprile 1751 e viene sepolto nel chiostro della Chiesa del Collegio presso la fossa della Congregazione dei Miserabili, detta degli Onorati e Penitenti. Elesse sua erede la sorella, suor Maria, monaca benedettina, e lasciò al fratello le opere di pietra incarnata e alabastro, ultimate e non ultimate, presenti nella sua bottega, e tutti i modelli. Giuseppe fu autore principalmente di opere in legno, tela e colla. Sposò nel 1726 Maria Pecorella ed ebbe bottega in via dei Corallari. Nel XVIII secolo è anche attivo Antonio, maestro corallaro. È tra i destinatari di un ordine giuratorio emanato nel 1712 dal Senato di Trapani per vietare ai maestri corallari di esercitare la loro arte nelle private abitazioni. Inoltre firma, facendo seguire il suo nome da “major”, l’atto del 30 luglio 1742 con il quale si stabiliscono norme per la retribuzione dei lavoranti e delle donne e per l’acquisto di corallo grezzo. (L. Novara)
Bibliografia: G.M. Di Ferro, Biografia…, tomo I, 1830, pp. 237-242; M. Serraino, 1968, pp. 123, 131; E. Tartamella, 1985, p. 224; S. Costanza, 1986, p. 48 n. 71; R. Sinagra, in L. Sarullo, Dizionario…, vol. III, 1994, ad vocem; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Tartamella (Tartamedda)
Antonino, palermitano (o trapanese immigrato nella Capitale), con atto del 27 novembre 1690, si dichiara debitore di 5 onze, 20 tarì e 16 grani nei confronti del sacerdote Vincenzo Malandrino che non ha ultimato una certa quantità di astucci in tartaruga e madreperla da quello commissionati (ASPa, Notai Defunti, IV Stanza, G.D. Azzarello, n.3080, c. 318r.). (P. Scibilia – G. Travagliato)
Testagrossa
Documentato tra il 1425 e il 1429, magistro Nicola Testagrossa ebbe a Trapani una fiorente bottega nella quale lavorarono sia garzoni, come Emanuele De Salvato e Briga Chagegi, che adulti, come Simone Piscopo e Paolo De Garofalo. Nicola Testagrossa era probabilmente solito lavorare a fuori città, dato che nel contratto stipulato con Paolo De Garofalo, viene specificato che quest’ultimo s’impegna, oltre a svolgere i tradizionali compiti, a sorvegliare la bottega e a seguirlo nei viaggi extra terram. (L. Novara)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, docc. 57-58, 66-68; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem; S. Intorre, Coralli trapanesi …, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 106.
Thomasello (Tomasello)
Leonardo, corallaro trapanese attivo nel secolo XVII, firma i Capitoli della Maestranza del 1633 con i quali si approvarono e sottoscrissero le mofiche e gli aggiornamenti ai precedenti del 1628. (L. Novara)
Bibliografia: A. Daneu, 1975, p. 84; E. Tartamella, 1985, p. 221; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Tipa
Celebre famiglia di scultori trapanesi attivi nel secolo. Ne è capostipite Giuseppe, sposato con Francesca e padre di Andrea, Alberto, e, Pasquale e Giovanna. Scrive il Fogalli che Guseppe e i figli Andrea e Alberto erano famosi per “lo scolpire in tenero e in piccolo”, in particolare Giuseppe lavorò la “picciola scultura”, realizzando bracciali, collane, anelli. Andrea, battezzato nella chiesa di S. Pietro il 24 gennaio 1725 e morto il 6 febbraio 1766, ebbe come maestro lo scultore Francesco Luparello. “I lavori grandi in marmo ed in legno; i mezzani in alabastro, ed in avorio, ed i piccoli in ambra, ed in conchiglie, erano da lui eseguiti con ugual perfezione. Segno certo di un talento raro, che sapeva abbracciare ogni oggetto nel ramo scultorio di qualunque siasi difficile natura” (Di Ferro). Tra le più significative lopere marmoree realizzate da Andrea è la statua di Carlo III sita nel 1750 di fronte al piccolo molo di Trapani, purtroppo perduta. Tra le sue sculture in legno le fonti ricordano un San Pasquale Baylon, nella chiesa dei Padri Riformati di Trapani, e un Ecce Homo nel chiostro di San Nicolò. Egli era particolarmente abile nella realizzazione di piccoli crocifissi in avorio, nonché nella realizzazione di cammei e fiori di conchiglia e scatole di madreperla, di Presepi con figure d’avorio e di alabastro, per i quali si avvalse spesso della collaborazione del fratello Alberto. Segnatamente raggiungesse fama e celebrità nella lavorazione della pietra incarnata, particolare tipo di alabastro caratteristico dell’area trapanese, dalle venature rosacee naturali, che ben si presta alla raffigurazione del corpo martirizzato i Cristo. La sua notorietà si spinse ben oltre i confini dell’isola. Alcuni viaggiatori inglesi gli commissionarono un gruppo di Naiadi uscenti dalle acque in pietra incarnata, e alcune sue rappresentazioni della Passione di Cristo furono spedite alla corte di Spagna entro forzieri di cristallo; l’opera, descritta dal Di Ferro, venne realizzata in alabastro bianco, mentre in pietra incarnata furono eseguite le teste, i piedi e le mani della Vergine, di Giovanni e della Maddalena. A Parigi fu inviato un suo Calvario in ambra con figure in avorio e con ornamenti di vari fiori in conchiglia e madreperla. Quest’ultima opera doveva riprodurre la complessità materiale e compositiva del Presepe esposto al Museo Pepoli di Trapani (inv. n. 602), attribuito ad Andrea Tipa, con ambientazione scenica in materiali marini, fiori di corallo e personaggi in alabastro e caratterizzato dalla presenza della Gerusalemme celeste che domina l’ambiente roccioso, o dell’altro, dello stesso Museo (inv. n. 6242), pure attribuito ad Andrea, imperniato sulla scena dell’Adorazione dei Magi, realizzato con gli stessi materiali cui si aggiungono rametti di corallo. Alla bottega dei Tipa è pure riferito un altro presepe dello stesso Museo, proveniente dalla collezione Hernandez di Erice (inv. n. 4372), che in contesto scenico di sughero, madreperla e corallo, inserisce personaggi in avorio, e diverse composizioni in avorio, presenti in collezioni private, raffiguranti l’adorazione dei Magi e l’adorazione dei pastori. Ai fratelli Andrea e Alberto sono attribuiti le figure in legno, tela e colla raffiguranti la Madonna con il bambino, San Giuseppe e uno dei Re Magi (inv. nn. 611, 612, 6115), e altre ancora (inv. nn. 610, 4457, 634, 619) dello stesso Museo. Alberto, nato il 10 luglio 1732 e morto nel 1783, lavorò l’avorio, la conchiglia, la madreperla, la pietra incarnata. Di lui il Fogalli scrive che “tenne sempre un carattere portato al grande, all’eroico, al gentile”. Tra le sue opere, le fonti ottocentesche ricordano: una “egregia” Giunone in un unico pezzo di avorio, acquistata da un viaggiatore inglese; molti crocifissi in avorio destinati all’uso privato e diffusi a Trapani, in Sicilia e “fuori del regno”, e in pietra incarnata, tra cui uno per il Monastero della Badia Grande (Trinità) e uno per la chiesa di Sant’Alberto, che acquistò grande fama, oggi conservato al Palazzo Arcivescovile; un’altra sua opera a noi pervenuta è un Cristo alla colonna per la chiesa del Carmine. Un suo celebre gruppo in un solo pezzo d’avorio rappresentante un San Michele che scaccia i demoni con la spada in mano fu donato dal nipote Giuseppe Tipa, per la città di Trapani, a Ferdinando III, quando nel 1801 il sovrano venne in visita a Trapani. L’opera venne ammirata dallo Houel, in visita a Trapani, e a lui lo scultore avrebbe confessato di avervi lavorato per sette anni e quattro mesi. Il Di Ferro gli attribuisce un’opera dallo stesso soggetto realizzata in madreperla dopo il 1766. Una scultura in avorio raffigurante Il Giudizio Universale con al centro la figura di “San Michele che scaccia i diavoli” della Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis è stata riferita alla bottega di Alberto Tipa. (M.C. Di Natale)
Bibliografia: R. Gregorio, 1821, vol. I, p. 139; G.M. Di Ferro, 1825, p. 328; Idem, Biografia…, tomo II, 1830, pp. 243-247; G.M. Fogalli, ms. 1840, ff. 718-720; P.E. Sgadari di Lo Monaco, 1940, p. 73; V. Scuderi, Il museo…, 1965, p. 40; M. Serraino, 1968, pp. 137-138; A. Barricelli, La scultura…, 1979, p. 293; Idem, Una montagna…, 1985, pp. 241-242; A. Buttitta, Il corallo…, in L’arte…, 1986, p. 113; M.C. Di Natale, Arti decorative…, 1992, pp. 63-65; Eadem, L’adorazione dei…, 1992, pp. 140-143; Eadem, scheda n. 20, in Museo Pepoli…, 1993, pp. 66-68; L. Novara, in L. Sarullo, Dizionario…, vol. III, 1994, ad voces; Eadem, La collezione…, 1997, pp. 242, 248; S. La Barbera, scheda n. 1,27, in Wunderkammer…, 2001, pp. 118-120; M.C. Di Natale, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Torre
Famiglia di corallari trapanesi, documentata dal XVII al XIX secolo. Il nome di Giuseppe è inserito da M. Serraino nell’elenco dei maestri che operarono nei secoli XVII e XVIII. Vito firma nel 1666 delle note aggiuntive ai capitoli degli scultori. Rosario, vissuto tra la fine del secolo XVIII e gli inizi del XIX, oltre alla lavorazione del corallo si dedicò all’importazione e all’esportazione di esso: lo acquistava grezzo a Napoli e lo inviava lavorato a Livorno. Mario e Michele sono citati in documenti del secolo XVIII. (L. Novara)
Bibliografia: F. Benigno, 1892, pp. 125-26; M. Serraino, 1968, p. 114; A.M. Precopi Lombardo, Tra artigianato…, 1997, pp. 88, 91, 99, 111 nota 27; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Tummarello
Leonardo, corallaro attivo nel XVII secolo a Trapani. Nel 1628 firma, come maestro, i Capitoli
della Maestranza. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; E. Tartamella, 1985, p. 220; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Turi
Muxa, nato a Trapani nel 1471 circa, l’11 settembre 1486 viene assunto per un anno presso la bottega di Nissim Cuyno, con il consenso della nonna Asisa, vedova di Nissim de Raphaeli. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 319; R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Vaccara (de la)
Bracone, corallaro trapanese, di religione ebraica, vissuto nel secolo XV. È detentorc di bottega nella quale accoglie nel 1422, “ad laborandum curallos”, il giovane Muxa Sacca. (L. Novara) Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 47; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem Bracone de la Vaccara.
Vaccarino (Vaccarini)
Gerlando, palermitano, attivo già dal 1698, verosimilmente padre del più noto architetto Giovanni Battista, il 12 gennaio 1718 dichiara di aver ricevuto da don Calogero Colonna Romano, duca di Cesare e marchese di Fiumedinisi, la somma di onze 30 (in conto delle complessive 250), prezzo di due “scriptoriorum magnorum lignaminis […] d’haver a vestire d’osso di tartuca, fina e non, di Francia, ed ebbano allionato: cioè dove doveano mettersi le pietre e dove è chiano li frunti di cornicetti e sua basa alta quanto richiede ognuno di suddetti scriptorii, sala e fronte, e li facciati delli pilastri tutti d’osso di tartuca; item la corniciame e li fianchi delli pilastri, li testi di detti scrittorii, lo pavimento e sciborio ed il battente di detti scrittorii d’ebbano allionato; item […] dodici colonne d’osso di tartuca con suoi basi e capitelli di ramo indorati per ognuno di suddetti scrittorii, cioè numero quattro colonni alla Salomona alla porta mastra, quattro colonne liscie alle porte piccole e numero altre quattro colonne liscie allo sciborio di detto, item detto sciborio deve essere, cioè il piano d’osso di tartuca e li cornicetti dove vanno attaccate suddette colonne alla piedistallata d’ebbano; item sopra la galena deve farci li palagusti di ramo indorati e suoi pigni”, da consegnare in casa dello stesso duca entro il 12 agosto successivo (ASPa., Notai Defunti, L.F. Vasta I, IV Stanza, n. 1050, cc. 1302-1303). (G. Travagliato)
Valentino
Paolo Valentino è indicato dal Serraino tra i maestri trapanesi che operarono tra il XVII e il XVIII secolo, lavorando avorio, ambra, conchiglia e altri materiali. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 122; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Valenza
II corallaro trapanese Rocco Valenza si rifornisce del corallo grezzo dai pescatori Leonardo Munsia e Francesco Buzzo, come altri maestri documentati alla prima metà del XVII secolo. Non sappiamo se questo maestro fu avo dello scultore Michele Valenza documentato al 1729. (R. Vadalà) Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 108, 136; R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Valescio (o Vallescio o Vallexio)
Francesco, corallaro trapanese immigrato e attivo a Palermo almeno dal 1615 (quando compare come teste al contratto matrimoniale del concittadino Giancola Viviano, col quale collabora e, financo contrae un debito nel maggio-giugno 1624), muore ante 3 settembre 1629, lasciando come eredi la moglie Caterina (o Vincenza?), ed i figli Giuseppe, Onofria, Margherita, Barbara, Anna e Rosalia. L’inventario testamentario, redatto dal notaio e dagli esecutori, ci elenca il contenuto della bottega e dell’abitazione, in cui si ritrovano gioielli, suppellettili, mobili e strumenti di lavoro. Di una prima serie di opere incomplete (corallo lavorato per corone sfilato e infilato minuto, mezzanetto, rustico senza lavorato; buxoli di ramo straforati rustichi, rosetti di ramo straforato rustico con corallo, un cannistrello di ramo rustico e senza straforato, un marzapano con pompine di fiorette et rametti di argento rustico per guarnatione di graste, uno scrittoio di ebano grande guarnito in parte di rose di matreperna imperfetto, dui scrittorii di ebano perfilati di avolio imperfetti, uno meczanetto perfilato di avolio imperfetto) era già stato disposto il sequestro, ad istanza della Marchesa di Giarratana (Giovanna d’Aragona Tagliavia e Ventimiglia, vedova del marchese Blasco Maria Settimo e Alliata, fondatrice della Casa di terza probazione dei Gesuiti di Palermo), forse committente, da parte degli ufficiali della Corte Pretoriana. Per il resto, notiamo una grande varietà di tipologie, materiali (corallo, rame dorato, argento, cristallo di rocca, avorio e osso, madreperla, ebano, savazzo-giaietto, alabastro, preparazioni per smalti) e soggetti rappresentati (animali terrestri e marini, uccelli, amuleti, croci e cuori, figure allegoriche, putti ed angeli, Crocifissi e Volti di Cristo, Madonne di Trapani, San Giacomo). Tra i debitori annotati sul suo Libro di Conti ed i testimoni sono riportati nomi di corallari ed argentieri (Francesco Gezzo, Agostino La Matina, Antonino Saltarello, Vincenzo Ramella, Paolo Di Genoa, Vito Di Acona, Francesco Manso, Mariano Pisano, Geronimo Scalisi, Francesco Robbino, Domenico Cioffo, don Giacomo d’Aragona, Vincenzo Di Federico – genero dello scomparso corallaro, che deve spediri di inchiri buxoli trentacinco e basetti numero 16 -, Francesco Pellicani e Paolo Scebba), alcuni dei quali già noti. (V.A. Anselmo – G. Travagliato)
Bibliografia: M.C. Di Natale, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 28; G. Mendola, Quadri, palazzi…, in La Sicilia…, 2006, p. 164; M.C. Di Natale, L’arte del corallo…, in Mirabilia coralii…, 2009, p. 69; Eadem, I coralli…, in Sicilia ritrovata…, 2012, p. 113; Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 45; G. Travagliato, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem; M.C. Di Natale, Orafi, argentieri e corallari…, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 34; R.F. Margiotta, Dizionario…, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 323.
Venza
Gaspare Venza, corallaro e scultore trapanese, risulta attivo nel XVII secolo. Il suo nome compare in documenti dell’epoca. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Verdino
L’orafo palermitano Francesco Verdino, è documentato attivo tra il 1599 e il 1609, anno della morte. Sposa Francesca Gagini, figlia di Nibilio, e nel 1599 è garante di un pagamento fatto a Nibilio per l’arca d’argento di San Giacomo a Caltagirone. Alla sua morte, tra i gioielli conservati nella sua bottega, elencati in un lungo inventario ereditario, figurano: un pendenti d’oro con la Madonna di Trapani di corallo lavorata a la spagnola con cinco perni; una resta di coralli grossi di piso di onze setti incatinati di ramo deorato; dui Nunciati, un Vulto e un San Bastiano e un’aquila di corallo; quattro libri di corallo rustico; tri anelli d’oro con coralli guarnuti, di piso tarpisi cinco, tri virghetti d’oro con coralli, di piso di tarpisi novi; dui para di pendagli d’oro di fenici di coralli con perni, di piso tarpisi quindici. (G. Travagliato)
Bibliografia: G. Di Marzo, 1880-83, vol. I, pp. 647-648; M. Accascina, 1974, p. 460 nota 150; I, Navarra, 1991, p. 91; S. Barraja, in Splendori…, p. 677; G. Travagliato, docc. V.18, V.23, in Splendori…, pp. 778-779; S. Barraja, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem; M.C. Di Natale, Orafi, argentieri e corallari…, in Artificia Siciliae…, 2016, p. 20.
Via (La)
Corallari e scultori trapanesi indicati nelle fonti documentarie ora come La Via, ora come Via. Il cognome La Via, con la sigla M., compare in documenti del secolo XVII, epoca in cui operò anche Paolo. Alberto Via, nato nella seconda del secolo XVIII è registrato nei “Registri” della chiesa di S. Lorenzo di Trapani degli anni 1819-1822, allorquando aveva circa trentatré anni. Di Giuseppe Via si ha notizia in documenti del secolo XVIII. (L. Novara)
Bibliografia: L. Novara, in Dizionario…, II, 2014, ad vocem; Eadem, in Arti decorative…, II, 2014, ad voces.
Vita (di)
Alberto, corallaro trapanese vissuto tra il XVII e il XVIII secolo. La sua attività non viene continuata dai nipoti che preferiscono dedicarsi al commercio, diventando “zagarellari”, cioè titolari di mercerie. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 41; L. Novara, in Arti decorative…, I, 2014, ad vocem.
Vitale
È noto Giovanni, intagliatore trapanese del XIX secolo. Le poche le notizie biografiche si ricavano; dalle fonti locali. Fogalli annotò che fu “figlio di un tenente, il quale indi fu eletto capitano delle reali truppe di fanteria, commorò in Trapani dove vide la luce, fino al punto, in cui apprese con avidità l’arte scultorica, e vi lasciò le sue eleganti opere in conchiglie orientali, in alabastro, ed in altri oggetti piccioli”. Il biografo riferisce inoltre che si trasferì a Napoli, dove divenne famoso “esercitando la stessa bell’arte scultoria”, e che ancora nel 1840 risiedeva “nella stessa regia capitale di Napoli, in cui gli è sufficiente il nome di scultore trapanese”. (I. Bruno)
Bibliografia: G. M. Fogalli, ms. 1840, p. 720; M.C. Di Natale, Gli epigoni…, 1996, p. 85; M.C. Di Natale, I cammei…, 1997, p. 270; I. Bruno, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Vitali
Pietro, corallaro trapanese, è indicato dal Serraino tra i maestri che operarono tra il XVII e il XVIII secolo. È documentato Antonio che nel 1665/1666 tra i firmatari degli Statuti che a Trapani riuniscono i “Professori di scultura d’ogni materia”. (L. Novara)
Bibliografia: M. Serraino, 1968, p. 114; A Precopi Lombardo, Tra artigianato…, 1997, pp. 91, 111 nota 27: L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Vitta (Xitta)
Vincenzo Vitta fu console della Maestranza dei Corallari di Trapani nel 1765, quando, con i consoli di altre maestranze della città, firma il dispaccio con il quale viene informato il Senato di Trapani che è stata effettuata l’offerta del vino. È inoltre noto Giuseppe Vitta, figlio dell’orafo Antonio Xitta e Maria Genna. Nasce a Trapani il 22 aprile 1810, studia disegno e dal padre apprende l’arte dell’incisione, ostriche, conchiglie e coralli. Nel 1826, sussidiato dal Comune, entrò all’Accademia di San Luca a Roma dove perfezionò l’arte di incisione su rame. Numerosi sono i suoi viaggi nelle città italiane dove raggiunse una buona fama. Tra le sue opere si ricordano una Santa Rosalia, ispirata al dipinto del palermitano Natale Carta e dedicata al Pontefice Pio IX, una Madonna con il Bambino, alcuni ritratti, tra cui quelli di Pio IX, del Cardinale Tommaso Gizzi e del Cardinale Frassoni. (R. Vadalà)
Bibliografia: F. Mondello, 1883, pp. 48, 51; G.M. Fogalli ms. 1840, f. 720; F. De Felice, 1936, p. 37; D. Malignaggi, 1994, pp. 131, 145 n. 245; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Xachitanu
Simeon, nato a Trapani intorno al 1473, figlio di Sabet e Milisa, si mette a bottega per un anno presso Muxa Romanu, impegnandosi per tre mesi ad perforandum curallos e per nove mesi ad rotundandum corallos. Si tratta di operazioni per lo più affidate ai garzoni di bottega, destinate alla fabbricazione dei grani di rosario e delle sferette per le collane: il corallo dopo essere stato pulito, selezionato e tagliato veniva arrotondato con la pietra molara e forato da un trapano a vite, per essere poi infilato con un cordoncino cerato. (R. Vadalà)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 331; R. Vadalà, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Ysacca
Corallaro trapanese di religione ebraica, Minto Ysacca risulta operante nella seconda metà del XV secolo. Nel 1477 si impegna con Mordachai Cardamuni a “penetrare” il corallo da questi fornito al prezzo di 1 tarì a libbra. Nell’impegno è specificato che Minto Ysacca avrebbe utilizzato il “cribel-lo” di Busacca Cuxa. (L. Novara)
Bibliografia: A. Sparti, 1986, doc. 304; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Zeza
Marco Giovanni Zeza, corallaro ebreo attivo tra i secoli XV e XVI a Trapani e ad Amalfi. Nel 1505 si mette in società con Sebastiano Giuliano di Amalfi e lì si trasferisce per un anno con l’impegno di realizzare “pater nostri de li gruossi et piczoli”. Sebastiano Giuliano si impegna a fornire l’anticipo per l’acquisto del corallo, l’alloggio, la bottega e un compenso di sette tarì e dieci grani al mese per il vitto, da corrispondere anticipatamente. Marco Giovanni Zeza si impegna a fornire gli attrezzi per la lavorazione del corallo. Il ricavato della vendita dei paternostri sarebbe stato diviso in parti uguali tra i due soci. (L. Novara)
Bibliografia: G. Tescione, 1937, p. 47; A. Daneu, 1964, p. 45; E. Tartamella, 1985, pp. 80, 94; C. del Mare, L’eredità trapanese…, in OADI. Rivista…”, a. IV, n. 7, giugno 2013, p. 165; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Zifra
Antonio, maestro corallaro trapanese documentato alla metà del secolo XVI. Insieme a Nicolò Buba, Giovan Vito Danisi, Leonardo De Caro, anch’essi corallari, nel 1555, stipula un accordo con il corallaro Andrea Murriali per la vendita dei manufatti in corallo. (L. Novara)
Bibliografia: S. Costanza, 1986, p. 45 n. 8; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.
Zizo
Giuseppe, corallaro e scultore, attivo a Trapani nel secolo XVII, partecipò attivamente alla rivolta artigiana del 1671/72 contro la nobiltà e, condannato a morte, fu tra i primi ad essere impiccato nel marzo 1673, assieme ad un altro corallaro, Santoro Orestano, per ordine del Generale Baiona. Il nome di Paolo è inserito da M. Serraino tra quelli dei maestri che lavorarono oltre al corallo anche l’avorio, l’alabastro, la madreperla, la pietra incarnata, nei secoli XVII e XVIII. (L. Novara) Bibliografia: M. Serraino, 1968, pp. 113, 120, 122; S. Costanza, 1986, p. 37; M.C. Di Natale, Il corallo…, 2002, p. 17; Eadem, I maestri corallari…, in Materiali preziosi…, 2003, p. 30; Eadem, Ad laborandum…, in I grandi capolavori…, 2013, p. 48; L. Novara, in Arti decorative…, II, 2014, ad vocem.