di Ivana Bruno
Case Museo
Londra, Sir John Soane’s Museum
Omaggio a Piranesi
Nella Lincoln’s Inn Fields, la più grande piazza di Londra, sorge un articolato organismo architettonico-museale dove, in ogni angolo, appare ancora viva e palpitante l’anima fantasiosa e creativa, educata agli studi classici, del suo fondatore, l’inglese Sir John Soane, da cui il museo prende il nome.
Soane (1753-1837), architetto e professore della Royal Academy di Londra, impegnò gli ultimi anni di vita nella costruzione della sua casa, progettata come sfoggio di bravura, ma anche per esporre la propria raccolta di antichità e dipinti. Prima acquistò un edificio, dove visse dal 1792 al 1812, poi aggiunse alla proprietà due palazzi adiacenti che ristrutturò, dando origine ad una creazione assolutamente singolare. Qui l’equilibrio neoclassico dello stile ed il rispetto delle fonti antiche sono celati da un dinamismo tipico del periodo romantico che indusse l’architetto a sovvertire la regolarità e la simmetria degli spazi con giochi di luci colorate, riflesse da lucernari nascosti, con l’uso di specchi e con l’inserimento di un numero notevole di oggetti. Un’esuberante fantasia che traeva linfa dal ricordo delle rovine romane, con le loro cupole e l’illuminazione dall’alto (il Pantheon, Villa Adriana, il Tempio di Vesta a Tivoli erano tra gli edifici da lui preferiti), dei templi di Paestum e di Selinunte, visitati e studiati in gioventù durante il grand tour, e soprattutto dal fascino esercitato su di lui da Giovanni Battista Piranesi (1720-1778), che aveva conosciuto a Roma ricevendone in dono alcune vedute incise. Nella concezione degli spazi e nel modo di presentare le opere, giocò un ruolo importante l’influenza delle acquaforti dell’artista veneto, dai Capricci alle Antichità romane, dove la magnificenza degli antichi monumenti romani era esaltata dai ricercati effetti chiaroscurali e dall’uso d’insolite inquadrature, che finivano per alterarne le reali dimensioni. Allo stesso modo Soane, nel realizzare la sua casa-museo, si lasciò guidare, più che dal rigoroso rispetto delle fonti antiche, dalla sua inventiva, sperimentando negli spazi ridotti degli ambienti soluzioni illusionistiche e luministiche sempre nuove. Un omaggio a Piranesi potrebbe considerarsi il Pasticcio, eretto al centro del cortile ma rimosso nel 1896: una composizione a forma di colonna realizzata con frammenti architettonici diversi, fra i quali una copia a grandezza naturale di uno dei capitelli del tempio di Vesta a Tivoli. La collezione comprende una notevole quantità di antichità egizie, orientali, greche e romane, ma anche molti dipinti, soprattutto del Settecento. I frammenti raccolti non erano di grande valore ma erano stati acquistati considerando il loro possibile accostamento all’interno di strutture composite. Insieme ai calchi in gesso, i frammenti erano anche i principali modelli utilizzati per la formazione dei suoi allievi, ai quali teneva lezione in una galleria nel seminterrato dove aveva organizzato un’esposizione apposita.
La crescita della collezione, con incessanti arrivi, provocò la continua modifica e l’adeguamento degli spazi nel museo.. Erano infatti gli stessi oggetti acquistati a fornire a Soane nuove idee architettoniche ed a suggerirgli ardite soluzioni espositive. Al Dome, una tribuna a doppia altezza con cupola, riservata all’esposizione di calchi in gesso e marmi, realizzata tra il 1808 e il 1812, furono aggiunti i due Drawing Offices , collegati agli ambienti di uso personale (il Breakfast room, lo studio, il guardaroba) ed ancora una biblioteca e una sala da pranzo, entrambe a pianterreno con pareti rosse e ornamenti verdi separate soltanto da archi sospesi. Nell’ultima versione della casa furono ricavate anche due sale per la pittura, dove trovò posto la serie della Carriera di un libertino di William Hogart (1697-1764). Per accogliere più dipinti, Soane inventò dei pannelli mobili che, fissati con cerniere alle pareti, ospitavano quadri diversi su ognuna delle due facce. Nel seminterrato fu aperto inoltre un nuovo ambiente, il Monk’s Parlour, allestito con calchi e frammenti di decorazioni architettoniche gotiche, sculture lignee fiamminghe del Quattrocento e vetrate tedesche del Seicento, progettato quasi come una satira della moda coeva del revival gotico. Infine, l’acquisto di un sarcofago ritrovato nella Valle dei Re (identificato successivamente con quello del faraone Seti IV) gli suggerì l’idea di realizzare, in corrispondenza del Dome, una cripta dove collocare anche le urne cinerarie e i reperti archeologici.
Prima di morire Soane, nel suo testamento, si assicurò che la casa e le raccolte fossero conservate, “per quanto possibile” nello stato in cui li avrebbe lasciati, a beneficio di “dilettanti e studenti” di architettura, pittura e scultura (testamento citato in Richardson, Stevens 1994 p. 154). Tuttavia, cinquant’anni dopo la sua scomparsa, furono apportate modifiche sostanziali, quali l’eliminazione dei vetri dipinti, il diverso colore delle pareti di alcuni ambienti, il rifacimento della cripta. Solo recentemente è prevalsa la volontà di recuperare gli effetti voluti dal fondatore, ripristinando la disposizione degli oggetti, le cromie delle stanze, i vetri colorati e i lucernari.
Bibliografia
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