In ricordo di Antonino Buttitta

L’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia comunica con dolore la scomparsa di Antonino Buttitta, Professore Emerito di Antropologia Culturale nell’Università degli Studi di Palermo, già Presidente del Comitato scientifico dell’Archivio Fotografico delle Arti Minori in Sicilia e membro del Comitato d’onore dell’Osservatorio e di OADI – Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia. A lui si devono, tra l’altro, le importanti mostre di arti decorative siciliane L’arte del corallo in Sicilia (1986) e Ori e argenti di Sicilia (1989), realizzate in sinergia con l’Assessorato BB.CC. della Regione Siciliana nel periodo in cui era Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia. Per ricordare il Prof. Buttitta riproponiamo qui la bella introduzione al libro di Maria Concetta Di Natale Arti Minori nel Museo Diocesano di Palermo (Palermo 1986), terzo volume dei Quaderni dell’Archivio Fotografico delle Arti Minori in Sicilia.

Nel vasto dominio delle attività umane, con termine assai vago chiamate arte, è più problematico di quanto non appaia produrre un modello classificatorio, se non scientifico quanto meno utilizzabile con esiti non questionabili. Parrebbe più opportuno fare riferimento ai materiali e alle tecniche da cui risulta ciascun prodotto. In genere però si preferiscono criteri di tipo qualitativo o funzionale. Da qui la classica distinzione in arti maggiori e minori, in arti belle e decorative oppure applicate, in arte e artigianato. Le parole non sono mai innocenti etichette che si attaccano ai referenti (in questo senso l’arbitrarietà saussurriana del segno andrebbe meglio chiarita), sono – come lo stesso de Saussure suggeriva – spie di ideologie: come dire, per la fisiologica connessione (non necessariamente dipendenza) fra queste e i fatti economico-sociali, si spiegano e spiegano la visione del mondo delle società che di ciascuna parola fanno uso.

Una riflessione attenta sulle classificazioni appena ricordate, tenuto particolarmente conto del diverso valore, positivo o negativo, assegnato ai termini in opposizione, non solo ne fa emergere il senso, ma finisce con l’evidenziare alcune costanti dell’ideologia profonda dell’Occidente, conseguenti al tipo di stratificazione sociale che da secoli a questa parte esso si è dato. Se consideriamo infatti che le dizioni arti minori, arti decorative, arti applicate, artigianato sono i poli negativi delle opposizioni considerate, non possiamo non riconoscere in questo un esito della tradizionale opposizione spirito vs materia, e per conseguenza lavoro intellettuale al positivo di contro a lavoro manuale negativo, già teorizzata da Aristotele: «Poiché l’essere dotato di intelligenza e preveggenza è dominatore e signore per natura, chi può eseguire con le facoltà le prescrizioni di questo, è soggetto e schiavo […] Per natura dunque è determinata la condizione dell’essere femminino e dell’essere servile, poiché la natura nelle sue creazioni non rassomiglia agli artigiani dozzinali, come quelli che fanno le spade delfiche, opera meschina, ma adatta ciascun essere alla sua funzione; così infatti ciascuno degli strumenti raggiungerebbe la perfezione, qualora non fosse destinato ad una molteplicità di funzioni, ma fosse confermato e adoperato per una sola. Tra i barbari, è vero, la femmina e lo schiavo sono allo stesso livello, ma la causa è che i barbari per natura non sono destinati a comandare».

Si noti l’insistenza nel riferire alla natura la diversità e nell’assumere questa a segno d’inferiorità. Si consideri altresì l’opinione apparentemente strana che uno strumento per essere perfetto deve servire a una sola funzione. È stranezza il cui valore ideologico viene chiarito subito dopo, quando leggiamo che per il Filosofo greco «le arti […] hanno una sfera ben determinata, han bisogno di strumenti appositi per effettuare la produzione degli oggetti propri di ciascuna di esse (gli strumenti alcuni sono inanimati, altri animati: per es., per il capitano di nave, il timone è strumento inanimato, l’osservatore sulla prua, animato: poiché l’operaio nelle arti tien luogo d’utensile): così nell’economia la proprietà è strumento per la vita, il possederla è il compito degli strumenti, lo schiavo è una proprietà animata, e l’operaio è uno strumento superiore a tutti gli altri strumenti». Il discorso ora è chiaro: se lo strumento più perfetto è quello adatto a svolgere una sola funzione, operaio ideale, in quanto strumento, sarà quello che limiterà se stesso al solo ruolo di operaio. In questo modo, restando stabile l’assetto sociale, la natura non minaccerà la cultura, il logos, cioè, manterrà il predominio sul caos.

La concezione gerarchica tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, anche se non sempre esplicitata nei termini schematici e crudi usati dal Filosofo greco, è un carattere distintivo di molte civiltà. La ritroviamo anche nel pensiero cristiano, la cui storia in larga misura si confonde per molti secoli con quella della civiltà occidentale. Il Cristianesimo ovviamente, muovendo dal presupposto della parità umana, per recuperare la distinzione negata, riformulava in modo diverso l’opposizione attraverso la messa in valore dell’ascesi. Ne risultava così un nuovo ordine gerarchico che poneva a livello più basso il lavoro materiale e a quello più alto il lavoro spirituale. È significativa a questo proposito la posizione di Agostino, sicuramente uno dei massimi sostenitori della dignità del lavoro manuale fino a postularne la funzione ascetica. Quando, tuttavia, Agostino si trova ad affrontare il problema del diverso valore da assegnare alla vita attiva e alla vita contemplativa, non può ignorare il noto passo di Luca (X, 38-42) in cui è narrato l’episodio di Maria, e anche egli, come Cristo, sostiene le ragioni di chi come Maria ha scelto la “Parola”.

L’altra coppia di contrari che sta a monte della distinzione dei prodotti artistici in arti maggiori e minori, e nelle altre analoghe, è quella: individuale vs collettivo, con segno negativo per quest’ultimo. Questa dicotomia, come è noto, comincia nel dominio delle arti a emergere nel Rinascimento con il primo affermarsi della borghesia come classe. È altrettanto noto che è l’Ottocento romantico e borghese a segnarne il trionfo. L’unico serio tentativo, lasciando immutata l’opposizione, di capovolgerne i valori connotando in positivo il collettivo e in negativo l’individuale è, come si sa, forse uno dei contributi più originali di Marx alla fondazione di una nuova concezione del mondo e della vita. Risulta pertanto strano che l’optimum del valore estetico venga individuato nell’unicità e irrepetibilità dei prodotti considerati realmente artistici anche da autori di orientamento marxista. Si veda per es. la voce “Arte” nell’Enciclopedia Universale dell’Arte.

In sostanza, secondo una tradizione culturale le cui radici sociali e ideologiche sono evidenti, un prodotto artistico quanto più è individuale e quanto più è liberato dalla tecnica, tanto più è artistico. Nei prodotti delle cosiddette arti minori risulta evidente la prevalenza del momento ripetitivo e manuale, pertanto il loro livello di artisticità è di basso profilo. Se si accettano i postulati di questo ragionamento, implicitamente riconoscendo la validità del sistema sociale che lo fonda, gli esiti critici cui conduce sono incontestabili. Poiché però si tratta di postulati la cui validità è verificata dalla esistenza della stessa società che li ha prodotti, cosa accadrebbe se un giorno, come è naturale che accada nel prosieguo dei secoli, gli uomini decidessero di darsi una diversa struttura sociale? In una società diversa quali sarebbero le arti maggiori e quali le minori? D’altra parte già ora, come aveva intuito Walter Benjamin, la riproducibilità delle opere d’arte, ormai teoricamente illimitata, complica notevolmente la formulazione dei cosiddetti giudizi estetici. Questi non sono problemi di poco momento. E se già nel momento in cui si pongono determinano da un lato una diversa attenzione verso i prodotti delle cosiddette arti minori, dall’altro invitano a un diverso apprezzamento del lavoro di quegli autori, come Maricetta Di Natale, che non senza coraggio dedicano i loro studi a questo settore del fare artistico. Il valore di tali studi risulta illuminato anche da un’altra considerazione. La iteratività è indubbiamente uno degli specifici delle arti minori. La storia, come ci ha insegnato Fernand Braudel, non è solo mutamento, è anche iterazione. Studiare questo settore delle arti è dunque un percorso obbligato per una rappresentazione esaustiva della storia della cultura. Questo lavoro di Maricetta Di Natale, non deve pertanto essere giudicato come una ricerca su un aspetto minore della storia culturale siciliana, ma come una chiave privilegiata per individuarne le strutture profonde, l’ordito segreto, la trama invisibile da cui emerge il disegno complesso della sua tela.