Salvatore Coco
Archetipo del Teatro Massimo
Circa 1866
100x200x80 cm
Inv. 207
L’archetipo ligneo del Teatro Massimo fu presentato da Giovan Battista Filippo Basile nella fase finale del concorso a corredo del progetto dal titolo Archetipo e disegni, illustrato mediante una serie di dodici tavole con l’ausilio del modello in questione, eseguito dall’artigiano attivo a Palermo Salvatore Coco. Questi, intagliatore e mobiliere che nella propria carta intestata si definiva «scultore di ornato in legno e marmo e fabbricante di mobili, nonché professore d’ornato nella scuola tecnica degli operai» (P. Palazzotto, Due dimenticati mobilieri…, 2001, p. 12), fu uno dei principali esponenti dell’ebanisteria dell’epoca, stimato dalle nobili famiglie palermitane che gli commissionarono diversi arredi in stile, e si distinse in occasione di rassegne prestigiose sul piano nazionale e internazionale quali l’Esposizione Nazionale di Firenze del 1861 e le Esposizioni Universali di Parigi del 1867 e del 1878 e di Vienna del 1873, dove ricevette premi ed encomi. Tra le sue realizzazioni si annoverano la scrivania per la Regina Margherita di Savoia in noce ed ebano, arricchita da agate di Sicilia e decorazioni in argento cesellate da Marco Ciappa, e la Sala da pranzo di Palazzo Mirto (M. Giarrizzo, R. Speziale, Coco Salvatore, ad vocem, in Arti Decorative in Sicilia…, 2014, p. 139). Come riportato dalle cronache dell’epoca si trattava di «pezzi veramente artistici per la ricchezza della materia e per l’eleganza e la sveltezza delle forme» (Ibidem). Coco collaborò con Giovan Battista Filippo Basile anche per il modello, datato 1863, della ringhiera e della cancellata del Giardino Garibaldi di Palermo.
L’archetipo del Teatro Massimo di Palermo, costato 6.000 lire e attualmente in esposizione presso il Foyer del teatro, si rivelò particolarmente efficace come ausilio ai disegni presentati da Basile essendo scomponibile in quattro settori sulle sezioni mediane del monumento «sì che è possibile non solo vedere il teatro dall’esterno […], da diversi punti di vista, cosa ampiamente sostitutiva dell’elaborazione di alcuni prospetti, come scrive Basile, ma è anche possibile studiare il teatro nella sua articolazione interna, per la possibilità offerta appunto dal sistema costruttivo del modello di ricostruire le diverse sezioni, longitudinali […] (con il pronao d’ingresso, il grande foyer, la sala di spettacolo, il palcoscenico e i locali di servizio della scena) e trasversali […] (sulla cupola, guardando verso la scena o verso la sala)» (A.M. Fundarò, Il concorso per il Teatro Massimo di Palermo…, 1974, p. 21). Ancora oggi l’archetipo, che si segnala per la qualità di esecuzione con cui i dettagli della struttura architettonica vengono resi in miniatura, si rivela particolarmente interessante in virtù della capacità di offrire una visione particolareggiata dell’architettura sia all’esterno sia all’interno consentendo una lettura tridimensionale degli spazi e dei volumi.
L’archetipo, che proviene dal Museo Nazionale di Palermo, è stato oggetto di diversi interventi di restauro. Originariamente collocato su un piedistallo in ferro, oggi si presenta su un supporto ligneo.
Bibliografia
A.M. Fundarò, Il concorso per il Teatro Massimo di Palermo…, 1974, p. 21, ill. a pp. 19-20, fig. 2-6; A. Samonà, L’eclettismo del secondo Ottocento…, 1983, ill. a p. 31; L. Maniscalco Basile, Storia del Teatro Massimo…, 1984, fig. 1; G. Pirrone, Il Teatro Massimo…, 1984, pp. 55-72; A.M. Ingria, Ernesto Basile e il Liberty…, 1987, ill. a p. 29; Per un itinerario palermitano…, 1992, pp. 18-19, ill. a p. 19, fig. 2; Palermo. Teatro Massimo, Franco Maria Ricci, Milano 2001, ill. a pp. 42-45, 47; Collezioni Basile e Ducrot…, 2014, p. 192; M. Sebastianelli, C. Muscarello, Modelli architettonici: sviluppo e tecniche di costruzione, in «OADI. Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia», n. 13, giugno 2016 (consultabile on line http://www1.unipa.it/oadi/rivista/).